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Saturday, March 31, 2012

Una storia di carbone, uranio e cancro


Plant Scherer, Juliette, Georgia, USA

Questo blog parla di petrolio. Ogni tanto pero' mi capita di leggere o di sentire storie di ambiente e di salute che mi paiono di rilievo. E cosi ecco questo racconto che e' stato in gran parte ripreso da un articolo di CNN.

E' carbone, ma potrebbe essere petrolio, gas, nucleare, petcoke o inceneritore.

Juliette e' una citta' della Georgia, nel sud degli USA.

Georgia Power e' una ditta di energia che ha una centrale a carbone proprio a Juliette. E non e' una centrale qualunque, e' una delle piu' grandi al mondo. L'impanto e' il maggior emettitore di gas serra degli USA, ha due ciminiere alte 30 metri ciascuna, e nello stesso tempo e' il quinto maggior generatore di elettricita' degli USA.


Il signor Robert Maddox e' di Juliette e vive con un respiratore che gli da l'ossigeno. Ogni tanto gli viene sangue dal naso, ha problemi di fegato, reni e spasmi muscolari.

Il medico gli ha chiesto se fosse alcolizzato, e lui ha detto che non beve. Un altra sua vicina ha gli stessi sintomi.

La mamma del signor Robert Maddox invece e' morta di una forma rara di cancro all'orecchio, dopo tre anni vissuti a Juliette.

Anche il vicino di casa del signor Robert Maddox ha il tumore all'addome. Due case piu' in la, una signora ha una forma rara di demenza "giovanile".

Un altra vicina, Gloria Dorsett, ha avuto un cancro al seno, che il medico ha diagnosticato essere causato da "problemi ambientali".

Un altro vicino ancora ha avuto un tumore allo stomaco.

Insomma, Juliette pare il sanatorio.

Il signor Maddox e' convinto, e non ci vuole poco!, che la causa di queste malattie sia proprio la centrale a carbone di Juliette.

Per la signora Donna Welch invece non si riusciva a capire cosa avesse - anche con lei i medici pensavano che fosse alcolizzata o che avesse la sclerosi multipla.

Poi e' andata a farsi delle analisi approfindite ed ha scoperto che .. ha i capelli all'uranio - concentrazioni di 68 parti per milione. Anche suo marito ha malattie ai reni.

Il medico di famiglia ha identificato nell'acqua del pozzo di casa la fonte dell'uranio. Anche altre 20 case hanno acqua artesiana all'uranio. La signora Donna non e' la sola ad avere l'uranio in corpo e dopo di lei altra gente si sta facendo le analisi e sta scoprendo la stessa cosa.

La spiegazione ufficiale dell'origine dell'uranio e' che c'e' una roccia granitica nei dintorni che inquina le falde. Ma la verita' e' che l'impianto a carbone di cui sopra produice centinaia e centinaia di tonnellate di ceneri ricche si uranio che vengono seppellite nei pressi di un lago vicino alla centrale - e vicino a Juliette e alle case delle persone.

Nel corso degli anni, piu' che seppellire si e' formata una montagnola con tutti questi residui all'uranio. Adesso e' di circa 5 metri di altezza.

Le ceneri di carbon sono radioattive, piu' dei residui delle centrali nucleari.

I residenti di Juliette pensano che la colpa di tutte queste malattie, siano le ceneri radioattive e ricche di uranio che in qualche modo sono arrivate nelle case e nei pozzi artesiani delle persone.

Ovviamente quelli della centrale, la Georfia Power, dice che e' tuttapposto e che loro fanno tutto a norma di legge.

Ad ogni modo, siccome e' brutta pubblicita', la Georgia Power sta comprando tutte le case nel circondario e le sta radendo al suolo. La prima fu quella della signora Gloria Dorsett, e ora stanno comprandone altre, per distruggerle e per sigillare i pozzi di acqua.

Lo sanno anche loro che sono nel torto, altrimenti non ci sarebbe questa furia di radere le case e di chiudere i pozzi artesiani.

Per molte persone quelle case rivendute a prezzi stracciati e poi distrutte erano i risparmi di una vita.

Senza parole.

Friday, March 30, 2012

Il fracking e gli scoppi in Pennsylvania e in Texas





Scarpe scioltesi con i residui tossici del fracking


Nel Febbraio 2012 Assomineraria di Claudio Descalzi ha promosso una conferenza sullo "shale gas". Il titolo preciso era "Shale Gas: nuove opportunità per lo sviluppo all'estero delle Imprese di Beni e Servizi".

Erano presenti:

Vincenzo Di Gennaro di Schlumberger, Maurizio Marchesini di Baker Hughes, Alfred Azer di Halliburton, Fernando Aguilar, Calfrac Well Services, oltre che i nostri eroi Sergio Polito, Presidente di Assomineraria, Roberto Nava della ditta Bain & Company Italy e poi S. Reymond e F. Gotti dell'ENI.

Me li immagino questi bei signorotti, eleganti, seduti in una qualche bella villa romana, tutti distinti come se parlassero di un torneo di bridge, magari a bersi l'acqua Perrier, con le loro valigette di pelle e le penne stilo luccianti.

E ci scommetto che in tutto il convegno non hanno mai parlato dei veri costi del fracking, di questo magico shale gas che risolvera' i problemi del mondo.

Eppure la galleria degli orrori del fracking non finisce mai. Ieri per esempio c'e stato uno scoppio in Pennsylvania, l'ultimo di una lunga serie.

E' accaduto nella Contea di Susquehanna, dove e' scoppiato un compressore usato per il trasporto del gas che e' stato fraccato in zona, vicino alle case delle persone, causando tremori per circa un chilometro dal punto di esplosione. Per fortuna non si e' fatto male nessuno.

Della Pennsylvania abbiamo gia' parlato in merito all'acqua avvelenata che la gente trova dai propri rubinetti. Ora anche le esplosioni.

Le autorita' riportano un incendio con rilascio di gas in aria:

Ecco il video:



Non e' la prima volta che ci sono scoppi collegati al fracking in Pennsylvania, che sta lentamente diventando una specie di eldorado del fracking. Qui ad esempio Canton, Pennsylvania, dove scoppio' invece un pozzo, circa un anno fa, nell'Aprile del 2011.

Ci furono migliaia di galloni di fluidi tossici riversati nell'arco di due giorni in acqua e sul suolo di roba di cui non si sa cosa ci sia dentro, se non che un report del Congresso americano dice che alcune delle componenti note sono carcinogeniche.


Qui invece un altro scoppio a Pearsall, in Texas, nella contea di Eagle Ford, nel gennaio del 2012
dove un pozzo e' stato scaraventato in aria a circa 10 metri di altezza. con rilasci di sostanze tossiche e di idrogeno solforato.



I residenti riportano tutti di odori molesti, disturbi fisici e addirittura, le scarpe che si sciolgono se si va vicino ai pozzi del fracking!


Come potevano mancare i terremoti, e infatti ci sono pure quelli ad Eagle Ford!


E come sempre, anche qui la boccetta dell'acqua "potabile" color marroncino.



Trivelle nelle foreste, acqua imbevibile, rifiuti tossici prodotti in abbondanza, scoppi e tremori, terremoti. Aria inquinata, acqua che si incendia. E che vuoi di piu!

Thursday, March 29, 2012

Sarroch: l'idrogeno solforato, questo sconosciuto


Provo dei sentimenti strani.

Sono anni, anni, che vado predicando sull'idrogeno solforato, e ogni volta che leggo la stampa italiana su questi strani "gas", "vapori", "miasmi", mi sento un po sconfitta.

Oggi e' la volta di Sarroch, dove la Saras ha una raffineria di petrolio, che ne ha combinate di tutti i colori nel corso degli anni - morti, inquinamento in aria, in acqua, nei polmoni della gente, strani tentativi di fermare la liberta' di parola e di espressione.

Forse ha anche inquinato il modo di pensare del popolo, convincendoli piano piano che o si muore di fame o si muore di cancro.

A Sarroch pero' dovrebbero saperlo bene cos'e' l'idrogeno solforato, visto che e' uno dei principali prodotti di scarto delle raffinerie - quelle torce che si vedono hanno lo scopo esclusivo di bruciarne i residui, a Sarroch, a Viggiano, e in tutte le altre raffinerie del mondo.

Invece la stampa parla di "puzza insopportabile di uova marce", come se fosse un rapporto del 1800.

I medici dicono che hanno dovuto chiudere gli ambulatori per colpa della "puzza".

La gente ha le congiuntiviti per colpa della "puzza".

La Saras dice che "la puzza" non c'e' ed e' tutto normale ma - e qui casca l'asino - che ci sono stati "convogliamenti verso le torce della raffineria di vapori di idrocarburi"

Veramente il 1800.

Perche' non ci si chiede COSA sia quella puzza? Perche' non lo chiede il giornalista, la gente, il sindaco, i medici?

Come possono accettare che ci sia un misterioso gas killer, senza porsi altre domande?

Se sa di uova marce, se ci sono stati dei convogliamenti in torcia, non puo' che essere H2S.

Perche' allora non si spiega alla gente che quella roba si chiama IDROGENO SOLFORATO, e' tossico, ed e' provato che comporta mali respiratori, mal di testa, nausea, problemi alla vista, problemi circolatori, aborti spontanei, tumori?

Che e' lo stesso gas killer che ha ucciso gente nelle cisterne di Molfetta, Catania e che ogni tanto lascia morti anche alla raffineria dei fratelli Moratti?

La puzza e' veramente solo la punta dell'iceberg.

Non e' a caso che la gente parla di bronchiti e di congiuntiviti. E' tutto scritto, da anni, si sa.

E se la puzza c'e' oggi, e porta a vomito e mal di testa oggi, cosa puo' succedere al corpo umano dopo anni e anni che si respira quella roba che esce incessantemente dalle raffinerie, oggi un po di piu' magari, ma la cui presenza e' costante?

Non credo che ci voglia un mago dell'epidemiologia per arrivare ad una conclusione.

E la cosa piu' insopportabile, per me almeno, e' che in Italia gli impianti petroliferi sono autorizzati a rilasciare circa 30 ppm di H2S, a fronte di un limite di 10ppm per altri tipi di impianti industriali.

E cosa vuol dire 30ppm? Beh, basta guardare in giro.

Qual'e' il limite raccomandato dall'organizzazione mondiale della sanita' per le concentrazioni in aria? 0.005 ppm.

Qual'e' il limite legale per le concentrazioni in aria di H2S in Massachussetts? 0.00065 ppm.

In Italia le raffinerie dunque sono autorizzate ad emettere valori di idrogeno solforato fattori migliaia e migliaia di volte superiori a quanto salutare.

Migliaia. 30 ppm contro 0.005 ppm! Un vero scandalo.

La Saras non se ne andra' tanto presto da Sarroch. Ma quel che si puo' fare e' di almeno sapere cosa succede per magari evitare che ce ne siano altre di Sarroch - ad Arborea, ad Ortona, a Lecco, a Bomba.

Ai cittadini di Arborea: non lasciateli venire nel vostro paese. Il pozzo "esplorativo" di gas Eleonora 1 che cercano di far passare come innocente buchetto nel terreno, e' solo l'inizio. Si allargheranno, e prima o poi vorranno mettere una raffineria anche da voi. E' l'iter normale, ed e' stato cosi' in Basilicata, e volevano fare lo stesso in Abruzzo.

Grazie a Manuela Pintus e a Davide Rullo.

Wednesday, March 28, 2012

Elgin Franklin, Mare del Nord: perdite, idrogeno solforato, incendi e bugie bianche.

Update: 22 Dicembre 2015



 “Industry must learn from this, it is an important reminder of the ever-present hazards with oil and gas production and the need for them to be rigorously managed. This could have easily led to loss of life.”



La Total e' stata oggi multata di 1.125 milioni di sterline, circa un milione e mezzo di euro per questo incidente del 2012.

E' la piu grande multa mai data dal cosiddetto Health and Safety Executive (HSE), l'ente britannico che si occupa di sicurezza, anche petrolifera. La Total si e' dichiarata colpevole ed ha accettato di pagare.

Era Marzo 2012 e a causa di perdite di gas dalla piattaforma Elgin, 238 persone furono evacuate. Le perdite durarono per 51 giorni, con la perdita di 6,000 tonnellate di gas.  La piattaforma fu chiusa per un anno intero per metterla in sicurezza.
Gli esperti concordano che le cose avrebbero potuto essere molto peggiore se non per i venti forti che mandarono il gas dalla parte opposta rispetto all'incendio che si divampo' sulla Elgin. Secondo l'HSE le perdite avrebbero potuto essere disastrose e che la Total ha molte colpe di gestione e di manutenzione.

Sembrano tanti soldi, ma e' sempre tutto relativo. La Total fattura 1 milione di sterline ogni ora. Quindi per loro questa multa e' bazzeccole.
 
La statistica piu' triste invece e' che dal 2000 al 2012 ci sono state circa 4,123 perdite di petrolio e/o di gas nei mari del Nord. E a fronte di oltre 4mila incidenti, ci sono state solo sette multe.  Una su 600.
 
Fra le multe alla Shell, una nel 2006, anche questa per un milione di sterline per la morte nel 2003 di due lavoratori che morirono per esalazioni tossiche durante l'installazione della piattaforma Brent Bravo. 
 
Siccome la Shell collaboro' con le autorita', le diedero lo sconto del 10%.
 
Come sempre, la soluzione e' non farceli venire dall'inizio. 





Ecco le foto dell'incidente, come riportate da Sky Truth, la non profit americana che si occupa di monitorare il cielo degli scandali petroliferi.

In questo momento lo scenario piu' ottimistico e': "speriamo che la piattaforma collassi su se stessa" in modo che si possa fermare il flusso di gas contenente idrogeno solforato, ad alta pressione, ad alta temperatura, estremamente infiammabile e tossico.

Se la piattaforma non collassa su se stessa occorrerranno mesi - chi dice due, chi dice sei - per trivellare un pozzo secondario, il relief well, per diminuire la pressione.

Intanto, The Guardian riporta che c'e' gia' un incendio che va avanti da 4 giorni
, e che i tecnici sono molto preoccupati delle fiamme: se toccassero il gas che fuoriesce ci sarebbe un forte rischio di esplosione.

Ma.. come, non se ne era parlato di incendio in questi giorni!

E infatti ecco il barbatrucco degli onestissimi petrolieri della Total - hanno deciso di non dirlo a nessuno perche' "non era una loro preoccupazione imminente"

Dice infatti David Hainsworth della Total UK

"we have been trying to feed information that is pertinent as the situation was unfolding, the fact that the flare was burning was not one of the most pertinent parts of information. The flare is not our immediate concern."

"abbiamo cercato di divulgare informazioni pertinenti alla situazione che ci si presentava e il fatto che il fuoco bruciasse non era una delle informazioni piu' pertimenti. La fiammata non e' una delle nostre preoccupazioni piu' imediate"

Paese che vai, petroliere disonesto che trovi.

E infatti, the Guardian riporta che loro sono venuti a sapere di questo incendio solo dopo la domanda diretta del giornalista!

Aggiunge Hainsworth

"It was not our number one top priority whether the flare was alight. We've been trying to get useful information to the media to tell the public."

"Non era la nostra priorita' numero uno se il fuoco fosse acceso o no. Stiamo cercando di ottenere informazioni utili da dire alle persone."

Dice che anche se l'incendio continua, il rischio di scoppio e' basso perche' i venti sono favorevoli.

Della serie, facciamo la danza della pioggia per metterci al sicuro dai rischi delle trivelle!

Intanto, vento o non vento, finora dalla piattaforma ci sono perdite pari a 2 chilogrammi al secondo di gas - si, due chili al secondo - fra cui idrogeno solforato.

Questo avra' conseguenze negative sulla vita marina e sulla pesca, perche' il flusso arriva dal fondo, si mescolera' in parte all'acqua e rendera' tossico tutto il mare.

Qui gli sviluppi minuto per minuto.

Lo vogliamo anche noi in Italia il nostro pozzo di petrolio!

Monday, March 26, 2012

Total: perdite di gas nei mari inglesi





"The engineer I have spoken with says
that he has no
idea how to go about fixing
this type of problem"

"In the meantime a lot of gas may potentially
get released into the atmosphere.
"


L'ingegnere con cui ho parlato dice di non
avere la piu' pallida idea di come fermare questo tipo di problema

Nel frattempo un sacco di gas potrebbe essere rilasciato in atmosfera.

Jack Molloy, Total UK


Nei mari del Nord attorno all'Inghilterra c'e' una piattaforma petrolifera della Total che si chiama Elgin Franklin che domenica 25 Marzo ha iniziato ad avere delle perdite di gas e che a tuttoggi non sono state fermate.

Il pozzo si trova a ben 240 chilomentri da riva. Mica a 10 come vogliono fare in Italia! La citta' piu' vicono alla costa e' Aberdeen, in Scozia, ed e' qui che tutti i lavoratori sono stati mandati, per precauzione. La piattaforma e' momentaneamente non in produzione ma il guasto non e' ancora risolto e cosi gran quantita' di gas in eccesso continua a fuoriuscire dal pozzo.

Sebbene la piattaforma si trovi cosi lontano dalla riva, la sua profondita' e' di circa 93 metri ed e' dunque considerata non di acque profonde.

In condizioni normali, il petrolio della Elgin Franklin viene estratto dalla Total UK, pompato in oleodotti della BP e della sua sussidiaria Forties Pipeline Systems fino a Kinneil in Scozia, da qui mandato a Norfolk.

Dopo piu' di 24 ore dalla perdita, si riportano nubi di gas tossico fuoriuscire dalla piattaforma, e visibili fino a 7 miglia in lontananza. Si vedono anche non meglio identificate chiazze di idrocarburi vicino al pozzo.

La Total dice che il pozzo aveva dei "problemi" da un po di tempo a questa parte, e che volevano "ucciderlo", ma non ci sono riusciti prima di questa falla apertasi domenica scorsa.

Poverini.

Pare che ci siano delle fessure nelle pareti del pozzo, e che per fermare il flusso di gas occorra trivellare un "relief" well parallelo a quello che gia' c'e' per dimuire la pressione. Ci vorranno mesi.

Jack Molloy della Total UK afferma

This option is likely to take several months and cost a lot of money. In the meantime a lot of gas may potentially get released into the atmosphere.

Tradotto: un sacco di monnezza finira' in aria e in mare prima che tutto sia sistemato e ci vorranno un sacco di soldi.

E di che gas si tratta? Ma certo, di idrogeno solforato!

"That gas has a high proportion of hydrogen sulfide and carbon dioxide and that makes it very flammable and quite poisonous."

dice Simon Boxwall, un oceanografo inglese, al giornalista della BBC, esprimendo timori per i rischio di incendio e di avvelenamento del mare proprio a caisa dell'idrogeno solforato.

Intanto la Total ha portato dispersanti vicino alla piattaforma, ma non rilascia commenti ufficiali. Dicono solo che hanno chiamato i loro migliori esperti dalla Francia, ma che e' tutto difficile.

Certo, che puo' dire la Total? Non sanno niente di quando il tutto verra' risolto, ed e' meglio tacere!

Il governo dice che l'inquinamento sara' meno che se si trattasse di petrolio.

Come se questo fosse un vanto.

Intanto siamo a 23 tonnellate di gas, in larga misura idrogeno solforato disperso in mare.

Intanto, la macchia di gas si e' spostata e cosi, hanno evacuato una seconda piattaforma, questa volta della Shell, chiamata Shearwater a circa 4 miglia di distanza.

Non si sa come andra' a finire.

Questo e' considerato un pozzo non profondo e cosi quando Assomineraria, la Saras, l'ENI, Corrado Passera, Corrado Clini, Stefano Saglia, Claudio Descalzi, diranno che in Italia non succedera' mai, occorre solo ridergli dietro e dirgli:

Ma voi c'avete la sfera di cristallo? O siete piu' bravi di tutti gli altri? O che 10 chilomentri sono una fascia sufficente a proteggere l'Italia? Ma dove vivete?

La realta' e' che questo e' un pozzo poco profondo, e la Total e i suoi ingegneri non sanno che pesci pigliare.

Fonti: BBC

Friday, March 23, 2012

Turismo vs. petrolio



Il cielo sopra Curacao

Ecco una storia interessante di petrolio e turismo che *non* possono coesistere, checche' ne dicano Assomineraria e compari.

Viene dalla piccola isola caraibica di Curacao, originiariamente colonizzata dagli olandesi e oggi una parte del regno d'Olanda, assieme ad Aruba e a Saint Maarten. L'isola e' meta di vacanze oggi e la sua capitale Willemstad e' nella lista dei patrimoni Unesco dell'Umanita'.

Su questa isola pristina c'e' una raffineria chiamata Isla, che i residenti vogliono oggi smantellare perche' inquinante, brutta e non piu' consona al tipo di economia della zona, basata sul flusso turistico. La visuale e' illuminata a tutte le ore dalle fiammelle di idrogeno solforato, e ci sono innumerevoli problemi di puzza e perdite.

A dire la verita' i petrolieri arrivarono sull'isola prima che il turismo. La raffineria Isla risale ai tempi della prima guerra mondiale. La Royal Dutch Shell aveva appena scoperto petrolio in Venezuela ed era tutto perfetto perche' la geografia dell'isola offriva un porto ben commensurato all'arrivo di petroliere, e perche' Curacao, pur essendo vicina al Venezuela era di dominio olandese e quindi politicamente stabile.

La Shell rimase su questa isola per decenni e all'apice della sua attivita' arrivo' ad impiegare 10,000 persone. Nel 1985 la Shell abbandono' Curacao e Isla passo' nelle mani della ditta PDVSA, Petroleos de Venezuela, la ditta nazionale di petrolio del Venezuela.

La raffineria oggi soffre di mancata manutenzione, puzza di zolfo, ci sono continue perdite, inquinamento in acqua e in aria che i residenti non vogliono piu'. La visuale dal cielo e' piena di fiaccole che bruciano di idrogeno solforato a tutte le ore. Ci sono anche reportage di rifiuti tossici disseminati alla meno peggio e di contaminazione dei terreni.

La gente dice che e' arrivata l'ora di investire di piu' nel turismo e nella finanza.
Ecco qui cosa si vede dai cieli di Curacao:



I residenti, guidati da Edgar Leito, chiedono che sia smantellata e che il territorio della raffineria, nel centro della citta', venga bonificato e trasformato in zona turistica. Chavez ha promesso un milione e mezzo di dollari per il riammodernamento, ma non si e' visto niente ancora, sebbene la PDVSA consideri questa raffineria una delle sue piu importanti.

Questo e' un retaggio della prima guerra mondiale, e possono sempre dire che erano altri tempi e che non si sapeva.

Ma oggi 100 anni dopo vediamo chi ha vinto: il turismo e le aspirazioni della gente normale di vivere una vita sana.

Noi abbiamo il lusso di potere imparare dagli sbagli degli altri.

Ma un esempio simile ce l'abbiamo anche in Italia: Gela vs. Taormina,

Tutte e due furono prese di mira dai petrolieri 50, 60 anni fa per costruire raffinerie. Gela disse si, Taormina disse no e decise di investire sul turismo e sulla sua immagine.

Oggi si vede chi ha avuto ragione.

Che senso ha adesso, in Italia, nel 2012, metterci a trivellare il paese da cima a fondo? Perche' con le trivelle arrivera' senz'altro la raffineria, l'oleodotto, il porto petrolifero. E' inevitabile.

Che senso ha in Italia, nel 2012, petrolizzare un territorio turistico, agricolo, che vive di altro - che siano le isole Tremiti, il lago di Bomba, gli stagni di Arborea, la laguna di Venezia o i mari di Pantelleria?

Perche' vogliamo lasciare questi ruderi industriali ai nostri figli? Che ne sara' della raffineria di Viggiano fra 20 anni?

Qualcuno mai investe in sue migliorie?

Non ha senso alcuno, checche' ne dicano Stefano Saglia, Corrado Passera, Corrado Clini, Claudio Descalzi e Paolo Scaroni, gente che non sa guardare al futuro con coraggio e sfruttare le vere risorse dell'Italia.

La Shell in Nigeria


















La Shell fattura 18 miliardi di sterline l'anno.
Ai nigeriani ha dato 50 sacchi di riso in cambio di questo schifo.

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Ogoniland is “one of the biggest environmental scandals and catastrophes anywhere in the world.” 

Erik Solhei
Direttore del programma ambientale delle Nazioni Unite

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Come parte del processo di ripristino ambientale per 500mila barili di petrolio finiti nei mari della comunita' Bodo di Nigeria, la Shell ha stilato un rapporto interno,
confidenziale, sullo stato dei suoi impianti nigeriani.

 Secondo un loro consulente ci sono perdite di petrolio che non sono state ripulite da almeno otto anni e che hanno portato a livelli "sconcertanti" di inquinamento.

Le parole esatte che usano i consulenti che hanno lavorato a questo rapporto
l'inquinamento e' "astonishingly high"

Per Bado, siccome non volevano andare a processo hanno pagato 55 miliardi di dollari.
Poca roba per tutto lo schifo che hanno fatto.

Secondo il rapporto:

1. Le mangrovie affondano nel petrolio

2. Chiunque si trovi nelle vicinanze di fiumi e ruscelli non puo
 evitare il contatto con roba tossica

3. Ci vogliono maggiori esami sulla salute dei residenti.

Il capo del gruppo di consulenti che sta dietro il rapporto, Mr. Kay Holtzmann, voleva pubblicare il tutto in una rivista scientifica, ma gli e' stato vietato.

Secono la Shell era gia' tutto noto dai tempi del rapporto ONU del 2011.

In una lettera al Wall Street Journal Mr. Holtzmann scrive invece che la Shell non ha nessun diritto di nascondere importanti dati per il pubblico.  
 
Le operazioni di pulizia sono ferme dal 2015.  

Sono durate pochi mesi.
 

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Update 
26 Gennaio 2017


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Update
6 Gennaio 2015



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23 Febbraio 2012



...in the minds of the Shell executives there is one
law for Africa and another law
for the rest of the world

nella mente dei dirigenti Shell c'e' una legge
per l'Africa
e un'altra per il
resto del mondo.


Avv. Martyn Day che segue la causa contro
la Shell per conto di 11,000 Nigeriani


Alla Royal Dutch Shell piace collezionare processi in giro per il mondo - per inquinamento, per torture, per avere violato i diritti umani. Eccoli alle prese con un altra denuncia da parte di 11,000 residenti di Nigeria per inquinamento nel Delta del Niger in una corte di Londra.

La storia inizia il 3 Agosto 2011, quando la Shell annuncio' che avrebbe accettato la propria colpevolezza per le perdite di petrolio nel devastato Ogoniland di Nigeria, di cui abbiamo parlato tante volte qui, e dove opera anche l'ENI.

I circa 70,000 residenti della citta' di Bodo, Ogoniland si erano organizzati ed avevano presentato una class action contro la Shell responsabile della rottura di un oleodotto che scorre da Bodo a Bonny, due citta' Nigeriane, nel 2008.

L'oledotto ebbe due perdite nel giro di pochi mesi e le perdite petrolifere furono ingenti - si parlo' di circa 10 milioni di galloni di petrolio, cioe' circa 40 milioni di litri, e di 20 anni di tempo per la bonifica. La Shell disse che erano "solo" 40 mila galloni.

Le falle vennero riparate mesi e mesi dopo l'inizio delle perdite. Mesi di petrolio che fuoriusciva e nessuno della Shell ha fatto niente. Ne ha parlato qualcuno in Italia? Nel resto del mondo?

Non credo! Sono purtroppo storie di tutti i giorni in Nigeria e la Nigeria e' lontana.

Ad ogni modo queste perdite furono devastanti per Bodo perche' tutti i loro fiumi , mangrovie e terreni furono contaminati, e non vi fu *nessun* tentativo di ripulire, di chiedere scusa, di limitare i danni. Il petrolio trovo' la sua strada e migro' nei campi, nel sottosuolo, indisturbato senza nessun tipo di contrasto da parte della Shell.

Questi furono danni enormi specie per una comunita' che vive di pesca e di agricoltura. L'industria della pesca e' infatti letteralmente scomparsa da Bodo perche' il pesce puzza.

La generosita' della Shell consistette in: 50 sacchi di riso, 50 sacchi di fagioli, un po di cartoni di zucchero, pomodori e oli di semi. La Shell offri' anche 3,500 sterline alla comunita' di Bodo, che li considero' un "insulto provocatorio e da mendicanti".

La ditta legale inglese Leigh Day and Co. che aveva gia' fatto cause ambientali in Africa (in Costa D'Avorio nel 2006 a causa di sversamenti tossici in mare da parte di ditte petrolifere) decise di intervenire e di proteggere i diritti dei nigeriani dove ci sono in media circa 3 riversamenti di petrolio al giorno, di varia portata.

Come ricorda il rapporto delle Nazioni Unite, dal 1989 ad oggi ci sono stati 7000 riversamenti di petrolio nel delta del Niger per un totale di circa 13 milioni di barili - il doppio di quanto sia mai fuoriuscito dal golfo del Messico.

Era la prima volta che la Shell veniva portata in tribunale per inquinamento nel Regno Unito.

Il processo alla Shell inizio' in Nigeria in 6 Aprile 2011. Dopo pochi mesi, il 3 Agosto 2011 la Shell decise di accettare le proprie colpe e rilascio' questo statement:

"Shell Petroleum Development Company accepts responsibility under the Oil Pipelines Act for the two oil spills both of which were due to equipment failure. SPDC acknowledges that it is liable to pay compensation - to those who are entitled to receive such compensation."

Ovviamente tutti i residenti furono felici - si calcola che per ripulire Bodo occorranno circa 100 milioni di dollari e questo diede anche molta energia e voglia di combattere ad altri residenti della zona. Qualcuno li aveva ascoltati dopo decenni e decenni di abusi ed avevano vinto.

Tutto bene allora? Insomma.

Mica la Shell e' scema? Lo sanno bene che pagare per un riversamento significa aprire le porte a centinaia di altre rivendicazioni e questa e' la prima volta che vengono trascinati in una corte inglese. Non vogliono proprio che ci si prenda la mano!

E infatti sono passati sei mesi e non si e' mossa una foglia da allora. Come se niente fosse, non hanno pagato, non hanno fatto niente, come se non li riguardasse.

La ditta Leigh Day and Co, che in teoria avrebbe "vinto" la partita legale con la Shell, ora deve tornare in tribunale. Questa volta per costringere la Shell a pagare quanto promesso.

L'avvocato Martyn Day che segue la causa dice:

One of the most shocking aspects of this case is that by their own admission, instead of shutting down the leaking pipelines when they learnt of the leaks, Shell continued pumping oil for weeks causing increasing devastation to Bodo’s environment in a flagrant breach of their own policies and of Nigerian law.

It is hard to believe that Shell would have acted in this way if a spill had occurred in any of their other pipelines on other continents. I have little doubt that in the minds of the Shell executives there is one law for Africa and another law for the rest of the world.

E poi aggiunge:

It looks like a World War I scene, where the oil has totally destroyed much of the local environment and the fish.

La Shell fattura 18 miliardi di sterline l'anno, due milioni di sterline all'ora.

Si rifiutano di pagare per avere distrutto le mangrovie di pescatori nigeriani.

Dicono che ci sono "troppe complessita'" nella zona.

Come possiamo pensare che saranno onesti e sinceri in Italia?


Fonti: the Guardian

Monday, March 19, 2012

Immagini che valgono mille parole





Foto scattate il 19 Marzo 2012 a Plaquemines, Louisiana
P.J.Hahn - Grazie!

Sono vecchi pozzi dismessi nel golfo del Messico

Purtroppo non ho sempre il tempo di riportare tutti i danni di cui leggo in giro per il web. Questo che c'e' qui in alto pero' e' quello che si vede oggi nel Golfo del Messico.

Plaquemines si trova nella Baia di Barataria a circa 80 miglia da New Orleans. E' nota per le sue lagune, per la natura... e per i pozzi!

Le immagini di cui sopra NON sono correlate allo scoppio della BP. Non si sa di chi sia quel pozzo che riversa in mare petrolio. Si sa solo che in teoria era dismesso e non attivo.

Ma gli incendenti a Plaquemines non sono nuovi. Un altro pozzo diverso da quello che si vede qui gia' esplose il giorno 27 luglio 2010, dopo un urto con una nave rimprchiatore. Ci furono 10 metri di altezza di rigetto di petrolio. In teoria li ci sarebbe una area ecologica sensibile.

Non ne parlo' nessuno, perche' tutti troppo presi con il pozzo della BP. Come sempre, occhio non vede, cuore non duole. Ecco altre immagini dell'epoca relative a Plaquemines:








E come poteva questa zona rimanere immune dallo scoppio del golfo? Non poteva, ed allora ecco qui le immagini delle morie di pesci a Plaquemines nel Settembre 2010. Questo e' stimato essere per colpa diretta del pozzo BP incendiatosi nel 2010, e a 80 miglia dal punto dallo scoppio




Quello che si vede non e' asfalto, sono pesci morti.

E quindi nel golfo del Messico non c'e' solo la BP, ci sono pozzi dismessi, incagliamenti fra navi e pozzi, riversamenti di monnezza in mare, morie di pesci, di tutto, di piu'.

Un bello spettacolo, eh?, nel paese piu' ricco del mondo.

Prossimamente nei mari italiani, courtesy of Passera, Saglia, Assomineraria, ENI, Clini e compagnia varia.










Sunday, March 18, 2012

L'arcivescovo dell'Alberta contro i petrolieri



I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel Regno di DioMt 21, 28-32


As the Bishop of the Diocese of St. Paul in north-eastern Alberta, it is my responsibility to provide moral advice and leadership on questions that affect the faithful who live in my diocese. It is therefore impossible for me to ignore the moral problem created by the proposed one hundred and fifty billion dollars oil sands developmentsThe critical points made in this letter are not directed to the working people of Fort Mc Murray, but to the the oil company executives in Calgary and Houston

A global Catholic moral consensus now exists:
the environmental crisis is real and it requires a religious and moral response.

I wish to thank the efforts of ecologists working for the oil industry as well as the ongoing work of environmentalists. The people of the Diocese of St. Paul are deeply indebted for their dedication.

Lettera pastorale contro i petrolieri dell'arcivescovo
di Saint Paul, Alberta, Luc Bouchard, 2009

Gentili arcivescovi di Basilicata,

Agostino Superbo,
Vincenzo Orofino,
Giovanni Ricchiuti,
Gianfranco Todisco,
Salvatore Ligorio


durante il periodo di Pasqua del 2011 scrissi una lunga lettera a ciascuno di voi con varie informazioni collegate alle estrazioni petrolifere in Basilicata, le cui problematiche e conseguenze drammatiche per i lucani sono impossibili da nascondere e che certo conoscete.

Vi ho mandato testi scientifici, traduzioni e dati a testimoniare in modo inequivocabile che le estrazioni di petrolio hanno inquinato campi, falde acquifere, riserve di acqua potabile, sorgenti, aria, frutti, miele.

L'ENI e la Total hanno distrutto tutto quello che hanno toccato in questi anni in Basilicata, hanno tolto speranza ai giovani che emigrano in massa, hanno portato ad aumenti di malattie, puzza, corruzione e rassegnazione.

L'ISTAT ha stabilito che la Basilciata e' la regione piu' povera d'Italia, nonostante quasi 20 anni di petrolio.

Vi chiedevo di dire qualcosa, di agire per fermare quella follia che sara' il raddoppio delle estrazioni di petrolio dalla Basilicata. Vi chiedevo di usare il vostro immenso potere per essere utili alla collettivita', in maniera sincera, cristiana - ma per davvero - e senza paura.

Sono passati nove, dieci mesi. Non ho avuto risposte ad eccezione che da uno di voi che mi ha ringraziato e farfugliato qualcosa sul nucleare, senza poi fare granche'.

Questo silenzio, non alle mie lettere, ma di fronte alla realta' lucana che vi circonda, e' qualcosa di inaccettabile, perche' sa molto di Ponziopilatesco e non ha assolutamente niente di cristiano.

E' triste vedere che non ve n'e' importato niente della vostra stessa gente e che il messaggio piu' autentico di Gesu Cristo sia passato in secondo piano di fronte alle paure, alla voglia di mantere lo status quo e al quieto vivere di memoria Don-Abbondiesca.

Cosa, avete paura dell'ENI?

Di Vito De Filippo?

Di Paolo Scaroni?

E non avete paura della vostra coscienza?

Lo so che e' scomodo prendere posizioni di fronte a poteri forti, ma VOI SIETE un potere forte e dovreste usarlo per la difesa dei deboli, del creato. Per la giustizia. E senza delegare a nessuno.

Ecco invece l'arcivescovo di Saint Paul, Luc Bouchard, a darvi una lezione civica, morale, cristiana con parole semplici ma efficaci contro la follia petrolifera.

L'arcivescovo Bouchard vive nello stato dell'Alberta, un petrol-stato, dove estraggono petrolio dal bitume delle tar-sands, con tecniche altamente distruttive, e dove, proprio come in Basilicata, i petrolieri hanno inquinato aria, acqua e polmoni delle persone. La zona maggiormente affetta e' l'area dell'Athabasca, ricca di fiumi e dove si distruggono intere foreste boreali per tirare fuori asfalto.

Questo arcivescovo, a differenza vostra, prende e scrive una lettera pastorale di una decina di pagine, indirizzata ai suoi fedeli, ma anche a tutti i capoccioni petroliferi a Calgary, e ai governanti di Edmonton, la capitale dell'Alberta, e di Ottawa, la capitale del Canada.

Dice che lui e' dalla parte della gente e degli ambientalisti, che e' concorde con le argomentazioni prodotte da questi ultimi e anzi, li ringrazia per quanto fatto.

Con cosi tanta semplicita' e gentilezza, dice che lui, vescovo, e' debitore verso gli ambientalisti per la loro dedizione.

Nel suo testo, "L'integrita' del creato e le tar sands dell'Athabasca", l'arcivescovo e' schietto, e non ha paura di prendere posizioni, di dare pane al pano e vino al vino, senza paura. Dice che:

"even great financial gain does not justify serious harm to the environment,”

neanche enormi ritorni finanziari possono giustificare seri danni all'ambiente

“the present pace and scale of development in the Athabasca oil sands cannot be morally justified"

il tasso attuale e l'enromita' dello sfruttamento delle sabbie bituminiche dell'Athabasca non possono essere moralmente giustificate

"environmentalists and members of First Nations and Meltis communities who are challenging government and industry to adequately safeguard the air, water, and boreal forest eco-systems present a very strong moral argument, which I support"

"gli ambientalisti e i membri delle comunita' indigene che stanno facendo pressione sul governo e sull'industria petrolifera per salvaguardare aria, acqua e foresta boreale, presentano delle argomentazioni solide e morali, con cui sono d'accordo."

Capite? Questo arcivescovo dice che lui sente la responsabilita' - parola cosi bella e cosi difficile - di essere una guida morale ai suoi fedeli, dice che non e' etico continuare a pompare bitume in Alberta, e che non dovrebbe essere estratto neanche un solo barile in piu' finche' non si riesce a garantire la sicurezza assoluta dell'ambiente. Non un solo barile in piu'. Dice che lui concorda con gli ambientalisti e che le loro argomentazioni sono giuste e morali.

Nel primo capitolo della sua lettera, l'arcivescovo presenta i motivi che secondo lui impongono la difesa dell'ambiente come un obbligo religioso. Dice che dal 1965 ad oggi ci sono state circa 40 lettere pastorali scritte da vescovi da ogni parte del mondo a favore dell'ambiente.

Nel secondo capitolo poi l'arcivescovo fa una lista, dettagliata, accurata, scientifica, dei problemi che i petrolieri hanno portato all'Athabasca:

1. distruzione dell'ecosistema e della foresta boreale
2. danni al sistema acquifero dell'Athabasca, il terzo piu' grande del mondo
3. le emissioni di gas serra
4. l'uso di gas naturale per estrarre il bitume
5. la creazione di pozzetti a cielo aperto di rifiuti tossici

E poi aggiunge:

Any one of the above destructive effects provokes moral concern, but it is when the damaging effects are all added together that the moral legitimacy of oil sands production is challenged.
Ciascuno di questi effetti distruttivi provoca preoccupazioni morali, ma quando tutto questi effetti sono messi assieme, emerge la questione della legittimita' morale dell'intera opera di sfruttamento petrolifero.

I am forced to conclude that the integrity of creation in the Athabasca Oil Sands is clearly being sacrificed for economic gain.

Sono costretto a concludere che l'integrita' della creazione nelle sabbie bituminiche dell'Athabasca e' stata sacrificata in nome dei tornaconti economici.

Nel terzo capitolo invece si parla di cosa fare, e qui l'arcivescovo dice che la produzione attuale deve essere rallentata, e che occorre diminuire le emissioni di anidride carbonica, che devono esserci minori emissioni di roba tossica, che i diritti degli indigeni devono essere rispettati, che non si deve piu' abbattere foresta e che i lavoratori siano adeguatamente protetti.

Musica per le mie orecchie.

Infine, l'arcivescovo condanna i nostri usi eccessivi, gli sprechi, ringrazia di nuovo gli ambientalisti e invita tutti i suoi fedeli a contattare i rappresentanti politici per fare pressione sulle loro decisioni.

Cioe' dice alla gente di rompere le scatole!

Nel testo dell'arcivescovo Bouchard la parola "morale" compare almeno 20 volte.

E voi cari vescovi di Basilicata? Dove siete voi a parlare con la vostra gente? A scrivere lettere a quelli dell'ENI e della Total? A scrivere a Vito de Filippo? A Monti? A dare supporto e a ringraziare gli ambientalisti, cosi derisi? A ricordare che la difesa dell'ambiente e' prima dei profitti? A dire alla gente di rompere le scatole, e a offfire il vostro contributo?

A usare le parole "morale", "responsabilita'", "dovere"?

Dove siete? O queste parole si applicano solo per la gente "normale" e non per voi?

A chi fu dato molto, molto sarà chiesto. Lc 12, 39-48

A voi, in Italia, e' stato dato un potere immenso.

Thursday, March 15, 2012

Affondiamo la Saras e i pozzi made in Moratti


S'ena Arrubia, la Saras vuole trivellare qui, dentro un area di protezione per gli uccelli


Ecco qui i link per le osservazioni brevi e ancora piu brevi da mandare agli uffici regionali della Sardegna.

La furia trivellanda in Italia non si ferma, e come dico sempre ci riguarda tutti. Dopo il Salento, la Costa Teatina, il Borsacchio, Pantelleria, la Bassa Padana, la Val'Agri e il Curone, eccoci qui in Sardegna. Ne abbiamo gia' parlato qui.

Spiantano campi di fragole per metterci pozzi di gas a 400 metri dalle case.

La scadenza per dire il proprio no al Ministero e' il 20 Marzo.

Le istruzioni per inviare i testi sono semplici:

1. Aggiungere dettagli personali e/o della propria esperienza di vita al mio testo base - albergatori? turisti? pescatori? amanti del mare? - in modo da non mandare al ministero testi tutti uguali. Quello che ho scritto e' solo un testo base, che si puo' mandare tal quale ma al quale e' meglio aggiungere considerazioni individuali.

2. Mettere nome, data, indirizzo. Lettere anonime non vanno bene.

3. Inviare a

amb.savi@regione.sardegna.it

3. Se si preferisce usare la carta, si puo' inviare tutto anche a

Spett.le Regione Autonoma della Sardegna
ASSESSORATO DELLA DIFESA DELL'AMBIENTE
Servizio della Sostenibilità Ambientale,
Valutazione Impatti e sistemi informativi ambientali
Settore delle Valutazioni ambientali,
Valutazione di Impatto ambientale e valutazione di incidenza
Via Roma, 80 - 09123 Cagliari


5. Mandare se possibile una copia anche a me, che mettiamo tutto nel raccoglitore comune. Questo serve solo per la cronistoria, e per referenze future. Ad esempio, qui dove abbiamo messo tutti i testi mandati contro Ombrina Mare qualche tempo fa.

6. Incoraggiare enti, comuni, associazioni a farlo a loro nome. E' importantissimo.

Ormai sono diversi mesi che mandiamo osservazioni su vari testi di petrolieri, e la metodologia e' abbastanza collaudata.

Per chi volesse leggersi la VIA al completo e preparare i suoi testi di sana pianta, sono qui linkati e scaricabili.

Basta solo che ora facciamo sentire la nostra voce forte, compatta e numerosa.

La legge obbliga gli enti regionali a tenere conto di queste osservazioni, secondo vari trattati internazionali.

Grazie anche alle osservazioni siamo riusciti a fermare le trivelle al largo di Pantelleria, e il pozzo Ombrina Mare, in Abruzzo. E' in atto il ricorso alle Tremiti, dove hanno usato i testi delle mie osservazioni come base scientifica per dire no. Quindi sono utili ed e' un modo civile di dire di no.

E' un modo per noi cittadini di riprenderci la nostra democrazia e di non delagare a nessuno il nostro futuro.

E' un diritto che e' sancito dalla comunta' europea tramite il trattato di Aarhus, recepito anche dall'Italia.

Non esistono limiti di residenza, per cui tutti possono fare sentire la propria voce. E' un bel modo di dimostrare solidarieta' fra noi. Spero anche che in futuro gli abitanti di Sardegna possano essere solidali con quelli di altre regioni.

Ecco. In questi giorni preparero' il mio testo, ma intanto tutti possono iniziare a spedire questa seguendo questa possibile traccia.

Che dire. Che si vergognassero i fratelli Moratti, seppure conoscono il significato di queste parole.

Wednesday, March 14, 2012

Il prezzo della benzina


Apprendo da Maurizio Crozza che la benzina in Italia costa circa 2 euro al litro. Qui in California e' a circa $4.50 al gallone - che fa circa $1.30 al litro, circa 90 centesimi di euro al litro. Puo' sembrare di meno che che in Italia - e lo e'! - ma l'aumento e stato vertiginoso anche qui.

Per fare il raffronto, quando sono arrivata a Los Angeles, nel 1999, il prezzo della benzina era di $1.10 al gallone.

In 12 anni il prezzo della benzina qui in California e' quadruplicato.

Nel resto degli USA il prezzo medio e' di circa $3.80 dollari al gallone. In California la benzina costa di piu' perche' usano una miscela a basso impatto - per le leggi di protezione dell'ambiente - e perche' ci sono delle tasse aggiunte che in altri stati non hanno.

Ma in generale, perche' la benzina costa caro? Ovviamente non sono un economista, ma ho parlato con qualcuno di loro e leggo ogni tanto vari articoli sul tema. Ci tengo allora a dire quel che penso, per non dover sentire che dobbiamo trivellare tutto il trivellabile in Italia per "fare diminuire il prezzo della benzina".

E questo perche' da piu' parti, ceto piu affidabili che i deliri di Saglia, Passera, Scaroni ed Assomineraria, leggo che il prezzo della benzina e' totalmente scollegato ai costi di produzione, esplorazione e di raffinazione e invece fortemente legato ai livelli speculativi in borsa.

Cioe' non e' la mancanza di petrolio che fa salire i prezzi, ma sono le speculazioni in borsa e i giochini finanziari collegati a percezioni piu' o meno distorte che portano a questi aumenti vertiginosi.

Qui negli USA il prezzo del petrolio viene stabilito presso il New York Mercantile Exchange, il NYMEX. Nel processo decisionale dovrebbero essere tenuti in considerazione i vari eventi mondiali - la situazione in Libia, Iran, Medio Oriente, o tempeste, o esplosioni, domanda ed offerta - che potrebbero cambiare i vari livelli produttivi e di utilizzo.

A suo tempo questo NYMEX era sede di persone fisiche che si scambiavano oggetti, merci e soldi. Adesso invece quasi tutti gli scambi vengono fatti da computer che usano algoritmi matematici e scambiano informazioni molto piu' in fretta di prima.

Questo fa si che il prezzo del petrolio non sia tanto collegato agli scambi veri fra venditore e acquirente, o anche ai veri effetti di domanda e di offerta, ma che ci siano dietro scommesse, opzioni e previsoni per il futuro, effetti psicologici, e timori reali o immaginari che siano (la fine del petrolio, il maggiore uso di petrolio da parte di Cina, l'India e il Brasile, le guerre o l'instabilita' del Medio Oriente sicuramente veri ma certo usati un po come scusanti), che determinano i prezzi in maniera del tutto scollegata ai veri costi.

Ovviamente a beneficio di chi partecipa in queste speculazioni finanziarie!

Infatti, sono gli stessi petrolieri dicono che i prezzi della benzina sono gonfiati.

Circa un anno fa, nel Maggio 2011, il capo della ExxonMobil Rex Tillerson disse che il vero prezzo della benzina dovrebbe oscillare fra i 60 e i 70 dollari al barile. Ovviamente se lo dice un petroliere, o e' vero, oppure i prezzi sono ancora inferiori!

A Settembre 2011 the Energy Information Administration del governo USA riportava che il petrolio dovrebbe costare circa 30 dollari al barile e che i costi produttivi variano da 7 dollari al barile nel Medio Oriente a 41 nel golfo del Messico.

La differenze sono dovute ai vari standard ambientali da mantenere, al costo della manodopera e alla difficolta' estrattiva.

Addirittura ci sono report per cui il petrolio debba costare in verita' 10 dollari al barile!

The price of a barrel of oil would be closer to $10 if the commodity wasn't traded as an investment instrument, given the record-high levels of U.S. oil inventories, Peter Beutel, president of Cameron Hanover, told CNBC Monday. "I honestly think that if there were no investors using oil as an asset that the price of oil right now would be $10 or $15 or $18, but it wouldn't be anywhere near where it is," Beutel said. "We have so much oil right now, more than we've had in 27 years. Why is it 27 years? Because that's how far our records go back. It's probably the most in 50 or 100 years," he added.

Questo Peter Beutel era il presidente di Cameron Hanover fino a ieri, ditta finanziaria che si occupa proprio di ricerca del mercato dell'energia, e di consulenze per investitori. E' stato un esperto di prezzi e di mercati petroliferi per 30 anni. E' morto proprio oggi, domenica 10 Marzo 2012.

Ma non e' il solo a parlare di $10 dollari al barile, la stessa cifra e' emersa in una audizione al Senato USA, l'anno scorso per cui il prezzo medio di produzione si aggira attorno agli $11 dollari al barile.

Ergo, quando il petrolio arriva sul mercato, a $100 dollari al barile, il differenziale e' di circa il 90%!

Conclusione: quando Corrado Passera, l'ENI, Stefano Saglia, Assomineraria, la Senatrice Simona Vicari, Angelino Alfano, Corrado Clini, la famigerata "Italiadecide", diranno che dobbiamo trivellare perche' questo serve per la bilancia dei pagamenti italiani, la risposta e' che no, ci devono guadagnare le compagnie petrolifere e coloro che speculano sulla differenza fra il prezzo del bene fisico, 10 dollari, e il prezzo gonfiato sui mercati finanziari, 100 dollari!

Non ci guadagna nessuno di noi persone normali, tantomeno le comunita' trivellande e trivellate, ne sono sicura.



Fonti: The New York Times, The Los Angeles Times

Tuesday, March 13, 2012

Mazzette ENI ai politici stranieri


Fanno veramente schifo.

Eccoli qui i nostri eroi dell'ENI, i benefattori dell'umanita', questo mostro di ingordigia accecato dal profitto e dai soldi.

Qui infatti un articolo sulla Repubblica sulle presunte mazzette ENI in Iraq e in Kazakhstan.

E cosi, mentre noi cerchiamo di esportare l'immagine di paese turistico, cibo genuino, paesaggi da vacanza, una cultura a base di Leonardo da Vinci, Giacomo Puccini e Giorgio Armani, loro esportano la cultura delle mazzette.

Infatti, da questi articoli e dalle indagini del pubblico ministero Fabio De Pasquale traspare che per costruire impianti petroliferi a Zubair in Iraq e a Karachaganak in Kazakhstan, i signori dell'ENI abbiano pagato tangenti ai politici del posto.

Le ditte coinvolte sono



La Siirtec la conosciamo anche noi in Abruzzo perche' era la ditta coinvolta nel Majella Petroleum System, un progetto per trivellare la Majella. Questa Siirtec Nigi avrebbe costruito un desolforatore "ad impatto zero" sotto una delle montagne piu' amate d'Abruzzo.

Per quanto riguarda l'Iraq e il Kazashstan, pare che il tutto risalga al giugno 2011 quando le ditte di cui sopra hanno iniziato a "sovraffatturare" l'ENI, con i soldi della differenza usata dall'ENI stessa per corrompere i politici stranieri.

Un bellissimo strategemma per creare "provviste di denaro" per "pagamenti di tipo corruttivo", come scrive la Repubblica.

E non mi si venga a dire che questi galantuomini di cui sopra, presidenti delle sussidiarie ENI sono da considerarsi meno colpevoli che l'ENI perche' parte di un ingranaggio.

Loro hanno *acconsentito* di fare parte del gioco. Nella vita uno puo' scegliere, e questi hanno
*liberamente scelto* di partecipare al gioco della corruzione. Il fatto che ci fossero sette ditte, alcune delle quali molto note in Italia, la dice lunga sulla corruzione galoppante in Italia.

Non e' la prima volta che l'ENI e' immischiata in questioni di tangenti. L'ENI infatti e' stata gia' condannata dalla SEC americana a pagare oltre 360 milioni di dollari per corruzione, in questo caso in Nigeria.

Quindi, non hanno impartato niente e continuano ad allungare mazzette e soldi come se niente fosse.

E se fanno cosi' in Iraq e in Kazakhstan, cosa pensate che facciano in Abruzzo, Basilicata, Lombardia? Con buona pace della bonus card dei lucani!



Niger Delta - The black gold film

Il petrolio in Nigeria - corruzione, inquinamento, violenza. Un film del 2011 di Jeta Amata. In tutto questo ci siamo anche noi Italiani - l'ENI e' al 30% roba nostra.

Saturday, March 10, 2012

Corrado Passera, amico dell'ENI-AGI


Inzia l'attacco di tale Corrado Passera, l'uomo amico delle banche, ministro per caso, contro i cittadini d'Italia che vogliono *solo* difendere i loro territori, la loro vita, i loro polmoni.

Tale Passera afferma - naturalmente su intervista dell'AGI - l'azienda giornalistica italiana di proprieta' del 100% dell'ENI e parlando della sconosciuta associazione "Italiadecide" che:

"Non tutti sanno che l'Italia ha ingenti riserve di gas e petrolio. Una parte importante di queste riserve e' attivabile in tempi relativamente rapidi, consentendo di soddisfare potenzialmente circa il 20% dei consumi (dal 10% attuale)".

Forse, ma tutti sanno che l'Italia e' il paese del sole e che siamo molto indietro rispetto, per esempio, alla Germania che produce circa il doppio dell'energia fotovoltaica rispetto all'Italia, sebbene abbiano molto meno sole di noi.

Forse, ma tutti quelli con un po di sale in zucca - non e' il caso di Passera che avra' nella zucca solo il soldi delle sue banche - si renderanno conto che l'Italia *non e' l'Arabia Saudita*. Dove vuole trivellare Passera? Ovunque ti giri in Italia c'e' un paese, un parco, una spiaggia, un campo, un vigneto. C'e' la vita. Non abbiamo deserti, non abbiamo lande desolate.

Siamo un paese sismico, siamo un paese in cui, in generale, il petrolio e il gas sono di qualita' scadente e portano solo guai - subsidenza, perdite, inquinanmento, puzza.

Vuole trivellare caro Passera? Bene, dia l'esempio. Ci dica dove vive, e lo facciamo nei campi attaccati alle sue case un nuovo centro oli, dei bei pozzi luccicanti e visto che ci siamo anche un po di oleodotti.

C'e' mai stato lei Passera in Basilicata? Sa che vuol dire trivellare?

Ah, si dimenticavo, la Basilicata e' lontana dalle sue luccicanti banche, per cui piu' facile fare propaganda sui giornali dell'ENI, i principali responsabili di questo disastro che lei appoggia.

Si vergogni signor ministro.

Aggiunge il nostro eroe:

Muoversi decisamente in questa direzione - ha proseguito il ministro - potrebbe consentire di attivare 15 miliardi di euro di investimenti e 25.000 posti di lavoro stabili e addizionali; ridurre la nostra bolletta energetica di importazione di oltre 6 miliardi l'anno, aumentando quindi il Pil di quasi mezzo punto percentuale; ricavare 2,5 miliardi di euro di entrate fiscali, sia nazionali che locali.

Ma dove li pigliano questi numeri? Caro Passera, forse ENI e le sue banche non le hanno detto che nonostante tutte queste balle che lei propaganda, la Basilicata e' la regione piu' povera d'Italia, parola di Istat! E allora tutto questo lavoro, tutti questi soldi, se pure esistono, non sono certo per i residenti locali.

A quelli solo poverta', inquinamento, disperazione.

Come sempre, chi ci guadagna dal petrolio italiano sono solo gli speculatori - parenti stretti delle banche. Ecco che allora AGI-ENI-Passera sono tutti amici. C'e' n'e' un po per tutti.

Conclude Passera:

Per fare tutto questo dobbiamo adeguare agli standard internazionali la nostra normativa di autorizzazione e concessione, che oggi richiede passaggi autorizzativi lunghissimi ed e' per molti aspetti molto piu' restrittiva di quanto previsto dalle normative europee.

E si, certo, va bene. Come detto, iniziamo dal suo paese di residenza, caro Passera.

Accanto al suo ospedale, accanto ai campi da dove viene il cibo che lei mangia, nel mare dove lei va a farsi il bagno. Se la beva lei l'acqua inquinata, se li mangi lei le carpe avvelenate. Mandi lei i suoi figli a respirare l'aria pura al sapore di zolfo.

Ci dia l'esempio, e si porti con lei quella macchina di propaganda che e' l'AGI e l'ENI.

Vuole fare come l'Europa? Bene le dico io cosa fare:

Non si e' mai visto in un paese *civile* che una ditta petrolifera sia proprietaria del giornalismo nazionale. Vietiamo all'ENI di fare giornalismo. Non si e' mai visto in un paese *civile* che la Mafia sia la prima industria nazionale. Combatta quella. Non si e' mai visto in un paese *civile* che ci siano rappresentanti politici con la fedina penale sporca. Si accanisca contro di loro.

Occorre essere piu' intelligenti di questa gentaglia che se ne sta seduta nei lussi dei palazzi governativi italiani - e vi assicuro che non si fanno mancare niente - incuranti della gente normale, dei nostri diritti, della nostra volonta'.

Passera, lasci in pace l'Italia. Lei e le sue banche avete gia' fatto troppi guai.
Basta.

Ah, un ultima cosa: e invece di inventarvi fanotmatiche associazioni "Italiadecide", andate a parlare con la gente vera, di Basilicata, d'Abruzzo, di Sicilia, i Puglia, e poi vediamo cosa decidono gli Italiani veri.

Chi c'e' dentro Italiadecide? ma certo, tutti quelli che ci hanno portato fin qui:

Giuliano Amato, Alessandro Campi, Vincenzo Cerulli Irelli, Paolo De Ioanna, Gianni Letta, Massimo Luciani, Domenico Marchetta, Pier Carlo Padoan, Angelo Maria Petroni, Giulio Tremonti, Luciano Violante, Nicolò Zanon.

Passera, all'aceto pure lei.