.

.
Showing posts with label acqua. Show all posts
Showing posts with label acqua. Show all posts

Tuesday, October 15, 2019

Le foreste-fantasma dei cambiamenti climatici
















Sono scene che si vedono in tante foreste vicino a corpi d'acqua. In questo caso particolare siamo nel Maryland, nel cosidetto Blackwater National Refuge, una foresta dove se pero' cammini un po e ti addentri fra gli alberi ad un certo punto, gli alberi si diradano, sono corti, spogli e morenti.

Nel contempo sale l'acqua.

Non siamo piu in una foresta ma in una palude.  L'acqua e' acqua salina e gli alberi muoiono per gli squilibri chimici in cui sono immerse le loro radici.

Sono queste le foreste fantasma.

Un tempo foreste vere, ma dove gli alberi sono morti o secchi a causa dell'acqua salina che arriva dal sottosuolo. L'acqua e il sale non solo fanno morire gli alberi prima del tempo, ma ovviamente impediscono a qualsiasi altra pianta di crescere lasciando dietro di se aree morte.

Di queste foreste fantasma si parlo' per la prima volta gia' nel 1910 ed e' ora un fenomeno sparso il tutto il nord America.

A me vengono in mente gli alberi di pesca del Professor Mario Zambon che quando arrivarono le trivelle in Emilia Romagna ne osservo' la moria. La causa secondo lui era la subsidenza del terreno, che appunto faceva sommergere le radici dei peschi nell'acqua salina e ne causava la morte.

Ma perche' nel Maryland, e in altre zone del Nord America ci sono le foreste fantasma?

Secondo Matt Kirwan, del Virginia Institute of Marine Science, la colpa e' dei cambiamenti climatici: i livelli del mare si innalzano lungo le coste degli atolli del Pacifico, ma aumenta pure l'intrusione marina, detto anche cuneo salino: il movimento di acqua dal mare verso l'entroterra attraverso il sottosuolo.

Kirwan ha scritto di tutto cio' su un un recente articolo di Nature Climate Change.

Essenzialmente, la separazione sotterranea fra terra e mare diminuisce, il sale penetra e gli alberi salati muoiono e arrivano lentamente le paludi.

Nessuno sa come arrestare il fenomeno, che peggiora quando poi arrivano urgani o altri eventi catastrofici. Ovviamente l'arrivo di paludi dove un tempo c'era foresta non e' una cosa negativa in se, e le paludi portano benefici e sono habitat speciali a se, con biodiversita' e sequestrano anidride carbonica come e forse anche di piu' degli alberi.

E' solo che tutto questo non accade in modo naturale, e sopratutto che il processo non si ferma con la paludi; con il tempo anche le paludi vengono a scomparire e l'oceano, o l'acqua salina si riprende tutto.  E cosi invece della foresta, resta il mare.

E dove non si sono foreste? Cosa succede in zone urbanizzate che sono vittima di questi processi? Beh, l'intrusione salina trasforma aree prima abitate in  zone paludose, semi sommerse, terre un tempo coltivate ora aride senza erba, senza piante, con la gente abbandona le case, o almeno chi puo'.

Intanto i livelli di acqua che penetra nelle case aumenta.

Delle foreste fantasma non si e' mai parlato troppo perche' prima di ora era un fenomeno raro, ma in questi tempi in cui l'uomo trasforma e ferisce tutto cio' che tocca quello che un tempo era praticamente sconoscuito diventa oggetto di interesse e di preoccupazione.

Non si sa per esempio, ne quante ce ne siano nel mondo, ne come evolvano nel tempo, ne perche' in alcuni posti si ed in altri no, perche' alcuni alberi si ed altri no.

E cosi potrebbe succedere, fra qualche anno, che uno passa per il Blackwater National Refuge e nemmeno sapra' che un tempo li c'erano foreste.

Sunday, February 17, 2019

Goi: il villaggio nigeriano dichiarato morto dai riversamenti Shell















It’s hell here. 
People go to polluted streams to fetch drinking water. 
We inhale the polluted air, farm and fish from 
the same polluted environment.

Kpobari Vieme, Gokana, Nigeria


Ecco un altra storia ed altra umanita' che il Corriere della Sera non raccontera' mai.

E' una storia di disperazione e di ENI e di poverta' e di Nigeria.

La bimba si chiamava Mary e per tre anni il suo corpicino era stato coperto da insopportabili allergie e pruriti.

Sono iniziati dopo un riversamento di petrolio a Goi, il suo villaggio. Siamo nel Gokona local government nello stato detto Rivers, della terra degli Ogoni in Nigeria. Mary viveva qui dove l'ENI e la Shell fanno bello e cattivo tempo da decenni. Ma piu' che altro cattivo tempo.

Nell'Ottobre del 2008 ci fu un enorme perdita di petrolio nell'Ogoniland. Goi era all'epicentro del disastro, assime con le sue vicine Bomu e Bodo. Un oleodotto della Shell si spezzo' e per due settimane ci fu riversamento continuo di petrolio in ambiente. Circa 14mila tonnellate di petrolio finirononei campi, nell'acqua, fra le mangrovie.

In un istante Goi cesso' di essere quella che era stata fino allora e si trasformo' in una lunga distesa nera.

Ma non ci sono solo le perdite del 2008 a Goi. Ci sono quelle quelle precedenti, quelle successive, quelle future. C'e' l'inquinamento e ci sono petrol-incendi che colpiscono la zona incesssantemente. E chi ancora vive qui e' spesso afflito da strani dolori che vengono attribuiti tutti a perdite di petrolio nei campi e nelle vite.

Dopo tre anni di prurito insopportabile, Mary e' morta, in preda a forti dolori. Non era mai stata in ospedale perche' la famiglia non ne aveva i soldi.

Dal 1970 al 2000 ci sono stati 7000 riversamenti di petrolio in Nigeria.

Secondo il Nigerian Oil Spill Monitor fra il 2005 e il 2014 altri 5296.

Nel 2010, la Shell ha ammesso che sono finiti in ambiente circa 100,000 barili di petrolio in 18 comunita' Ogoni.

Amnesty International parla di un totale variabile fra 9 e 13 milioni di barili.

Shell e ENI nel solo 2014  hanno causato 550 riversamenti.

L'ONU dice che qui l'acqua contiene livelli elevatissimi di idrocarburi.

Il 70 percento degli Ogoni vive oggi in poverta'.

Di queste comunita' Ogoni, Goi e' la piu' colpita perche' da ambo i lati ha petrolmostri, campi estrattivi, e zigzaggati di oleodotti  che riversano monnezza nei fiumiciattoli della zona e nelle campagne.

Goi e' a valle di tutto e dunque il ricettacolo di ogni goccia di petrolio fuoriuscito da condotte difettose, sabotate, o corrose che alla fine arriva qui.

Mangrovie, acqua, fiumi, campi, e' tutto annerito e contaminato.

A un certo punto,  la Shell ha appeso un cartello dichiarando Goi zona morta.

Ai residenti e' stato chiesto di evacuare per dare spazio a tentativi di ripulire la zona.  Ma a nessuno e' stato detto dove andare, cosa fare nel frattempo, chi aveva ucciso la loro zona ora morta.

Comunicazione: zero. Compensazione: zero.

E cosi, dei residenti di Goi chi poteva e' andato via, a volte sapendo dove sarebbe arrivato, altre volte senza ben chiaro dove sarebbe finito, senza cibo e tutti un po malandati.  Ma se chi aveva soldi a sufficenza per andarsene, se n'e' andato, chi resta vive in preda ad un misto di disperazione e rassegnazione.

C'e' una causa in corso, contro la Shell in un tribunale a l'Aia ma la causa e' in corso dal 2003 e non si sa quando mai finira'.

Nel frattempo?

Nel frattempo non solo l'ambiente e' morto, ma tutte le attivita' sane che un tempo esistevano sono scomparse: piccola imprenditoria, pesca, agricoltura, mangrovie, vite tranquille. Ora niente. I bambini non vanno a scuola. I residenti di Goi, quelli rimasti, si dichiarano rifugiati ambientali, specie perche' tutta la loro economia era basata sull'ambiente: pesca, agricoltura e piccolo allevamento di bestiame.  Anche la gente muore.

I funerali si svolgono quasi tutti i sabati.
Circa dieci persone alla volta.

E anche se Goi e' zona morta, tutte le altre nel vicinato che non hanno ancora ricevuto l'appellativo in questione non e' che stanno meglio.

Si muore dappertutto. I residenti lamentano che non c'e' mai stata una vera e propria analisi epidemiologica. Tutti lamentano malattie piu' o meno gravi che non hanno una vera definizione: stanchezza, calore, spossatezza, confusione, tosse persistente.  

Intanto, come sempre sono i bambini a risentirne di piu': i neonati sono troppo spesso malaticci e la mortalita' infantile aumenta.

Diarrea, sottosviluppo dei feti, basso peso alla nascita sono tutti stati documentati qui a Goi come collegati al petrolio. Anzi, dalla Svizzera ci hanno fatto pure uno studio -- The Effect of Oil Spills on Infant Mortality: Evidence from Nigeria.

Il tasso di mortalita' infantile e' di 38 a 76 morti per 1000 nascite nel raggio di 10 km da qualsiasi riversamento, cioe' un aumento del 100% rispetto a zone lontane dal petrolio.

Per fare un esempio, in Italia il tasso di mortalita' infantile e' di 2 per 1000.

Di ripulire tutto, per ora, solo le parole.

ENI e Shell? Zitti zitti, non deve fiatare neanche una mosca!

Intanto mentre il Corriere della Sera continua a mandare i suoi assurdi petro-editoriali, a Goi contiuano tutti a bere l'acqua inquinata perche' non c'e' altro, continuano tutti a mangiare pesci avvelenati perche' non e' altro.




Sunday, October 14, 2018

Il gao e la riforestazione del Niger














Il Niger e' un piccolo stato africano che non se la passa troppo bene.

E' uno dei paesi piu' poveri del mondo ed e' anche il crocevia di tanti migranti che partono dalle nazioni vicine dell'Africa dell'Ovest, Nigeria, Guinea, Costa D'Avorio, Malawi, Senegal per venire in Europa, e dove si svolgono luride contrattazioni del traffico internazionale di umanita' disperata.

Questa pero' e' una storia bella, e ha per protagonisti gli alberi del Niger, non i disperati o gli sfruttatori.

Siamo a Droum nel sud est del Niger.

Sorgono qui varie piantagioni spontanee di gao, in latino Faidherbia albida, chiamati anche alberi di acacia bianca, che secondo i residenti hanno poteri magici.

Spuntano dappertutto: dal Sengal, al Mali, dal Burkina Faso al Malawi. Ma e' qui in Niger che c'e' un isola di verde gao. Sono alberi autoctoni della zona ma solo in anni recenti la riforestazione e' diventata un fenomeno. Nel solo Niger, in trent'anni sono nati duecento mila nuovi alberi di gao, su un area di cinquemila ettari di terreno prima infertile e degradato.

Non li ha piantati nessuno, sono nati da soli, ma dozzine e dozzine di contadini della zona li hanno ben coltivati, dando loro l'opportunita' di radicarsi nel suolo e di moltiplicarsi. E di qui, pochi alberi sono diventati appunto, duecentomila.

Secondo vari studiosi di botanica e di economia, e' una delle trasformazioni piu' radicali di tutta l'Africa in termini di ecologia e di benessere comune.

Non ci sono state qui le Nazioni Unite a portare soldi, ONG dall'Europa, o missionari mormoni. E' stata la gente del posto a capire e ad aiutarsi da sola.

Come mai il gao? 

I contadini hanno osservato che questi alberi, non si sa come, creavano un  microecosistema che portava miglioramenti alle coltivazioni agricole e al bestiame. E cosi', li hanno accuditi, non abbattuti, e hanno attribuito al gao poteri speciali.

La botanica e' piu' semplice della magia.

In generale l'ombra degli alberi non e' troppo amata dai contadini, perche' gli ortaggi e le altre coltivazioni non vengono su bene. E' per questo che spesso c'e' la distruzione della foresta tropicale. Troppo poco sole.

Ma il gao e' diverso: le radici sono estese, questo albero assorbe azoto dall'atmosfera e lo rilascia nel terreno, aiutando a fertilizzare il suolo. Le sue foglie cadono durante la stagione della pioggia, portando maggior sole proprio quando ce n'e' piu' bisogno.

Il raccolto vicino agli alberi di gao puo' raddoppiare in alcuni casi.

La cosa interessante e' che la rinascita dei gao e' piu' sostenuta in zone densamente abitate, e questo perche' il suolo e' spesso piu' degradato e gli alberi portano molti miglioramenti.  E i residenti non lo fanno perche' gli alberi sono belli ma perche' utili all'agricoltura. Piu' persone, piu' alberi.

E in Niger dove la temperatura spesso si mantiene attorno a 40 gradi l'ombra degli alberi porta ad altri miracoli: conigli selvatici che si raccolgono sotto i gao, stazioni di rinfresco per caprette.  I rami secchi sono utili per legna da bruciare, i baccelli sono mangiati dal bestiame domestico.

Sono anche sorte delle cooperative di donne che fanno medicine e sapone dalla legna del gao. La leggenda, o la saggezza popolare, dipende dai punti di vista, narra che il gao puo' curare infezioni respiratorie, sterilita', problemi digestivi, malaria, mal di schiena, e pure l'influenza.

Con la legna si possono anche costuire altri oggetti domestici, o utili per costruire case e recinti.

Cosi forte e' la protezione del gao che se uno danneggia un albero deve andare dalle autorita' a giustificare perche' l'ha fatto. La prima volta, bastano le scuse, la seconda scattano le multe che possono arrivare fino all'equivalente di venti euro, un mare di soldi per i residenti del Niger.

Si pensa che questi alberi fossero tipici del Sahara prima che diventasse un deserto, altre tesi sono che fu introdotto in zona da tribu' pastorali provieniente dall'Africa meridionale.

Ad ogni modo, fino alla meta' degli anni ottanta, ogni albero di gao era considerato di proprieta' dello stato; le punizioni anche per chi toccasse un ramo di questo albero erano severissime, e cosi non c'era nessuno a curarli in loco. Ma le leggi cambiarono, e ai privati fu concesso di possederli. Da allora la proliferazione dei gao e' stata fortissima, la gente era contenta di esserne responsabile, li hanno curati.  Sono state anche create delle pattuglie per la supervisione collettiva.

La matematica e' certa: secondo i contadini un albero di gao e' l'equivalente di dieci mucche.

L'albero Faidherbia albida e' l'oro verde dei Niger.

Thursday, February 1, 2018

Citta del Capo, Sud Africa. La prima a restare senz'acqua per i cambiamenti climatici

la principale riserva idrica della citta' 


le e' rimasto il 13% di contenuto di acqua

Secondo le stime finira' il un giorno di Aprile del 2018.

Per ora, ogni persona, in tutta la citta' e' autorizzata all'uso di 50 litri al giorno.

Per il resto multe.

Per il resto ancora, non ci resta che pregare Giove Pluvio.



 Immagini NASA del Sud Africa, 28 Gennaio 2015 -- 28 Gennaio 2018


 










A Citta' del Capo lo chiamano "Day Zero".

Il giorno in cui l'acqua finira' completamente. 

Accadra' un giorno di Aprile 2018.

Tutta la nazione si prepara all'evento fatidico, e non solo perche' manchera' l'acqua, ma perche' si prevedono disordini e caos senza precedenti a Citta' del Capo.  Ospedali e scuole continueranno a ricevere acqua, per quanto limitata, ma gli altri no. I rubinetti verranno chiusi e verra' mandato l'esercito in citta'. Si teme anarchia e guerriglia urbana.

E poi si dovranno aspettare le piogge, se e quando verranno.

Cosa e' andato storto? 


In realta' Citta' del Capo e' una citta' relativamente green, nel senso di attenta all'ambiente. Specie perche siamo in una zona arida, hanno imparato a gestire le loro risorse con parsimonia.

Ma siamo in una stagione eccezionale di siccita' che dura da tre anni, e che e' la peggiore in cento anni. E questi sono sintomi, inequivocabili dei cambiamenti climatici. Siccita' prolungate ed innaturali.

Cosa fare? Beh, quel che potevano pensare di fare l'hanno fatto: con costruzione a tempo record di impianti di desalinizzazione, anche se ancora non terminati, e ricerca forsennata di altre fonti acquifere sotterranee. Per ora la maggior parte dell'acqua della citta', circa la meta' arriva dalla Theewaterskloof Dam, che pero' e' al 13% della sua portata massima.

Intanto dal 1 Febbraio 2018 le multe saranno elevate per chiunque sara' sorpreso a sfondare il nuovo limite dei 50 litri al giorno. Adesso siamo a 87 litri, anche se non tutti rispettano il limite.

Nel 2014 le dighe della regione erano colme d'acqua dopo le forti piogge. Addirittura nel 2015 Citta' del Capo venne insignita dell' “Adaptation Implementation Prize" da parte del gruppo C40, una serie di citta' che promuove l'adattamento ai cambiamenti climatici. Il merito era proprio nel fitto sistema di raccolta di acqua piovana e non nella Theewaterskloof Dam.

Si sono mostrati all'avanguardia nell'aggiustare condutture, nell'ottimizzare le tariffe, nel far si che l'acqua non si perdesse per strada.  

Anche da un punto di vista politica il cosidetto partito "Democratic Alliance" che controlla la citta' dal 2006, ha sempre mostrato un vanto per la sostenibilita' della citta'.

Oltre alla siccita' la popolazione e' aumentata del 30% dal 2000 ad oggi. In realta' i nuovi arrivati si sono sistemati in zone piu' povere dove l'acqua era scarsa dall'inizio, quindi la richiesta di acqua non e' cresciuta in parallelo con la popolazione.

Ma il punto e' che sono stati cosi bravi a risparmiare e a ottimizzare che non hanno messo troppa enfasi nel cercare acqua nuova.

Vari osservatori avevano suggerito la diversificazione dell'approvvigionamento acquifero, come per esempio desalinizzatori e ricerca di acqua sotterranea, ma la citta' ha dato poco retta a questi esperti.  Le sei dighe, che servono la citta', di cui Theewaterskloof Dam e' la piu' importante, fanno affidamento sull'acqua piovana.

E quindi la siccita' e' ora particolarmente pericolosa, i desalinizzatori sono ancora sotto costruzione e non si sa bene se e dove siano le nuove riserve sotterrannee. Ci vogliono fra i tre e i cinque anni per tirare su un impianto di desalinizzazione.

Intanto le temperature aumentano e si prevede clima piu' caldo per il futuro prossimo venturo.

Il sindaco Ian Neilson dice che non si aspettava che la situazione precipitasse cosi repentinamente.

E' cosi in altre parti del mondo: Brasilia ha dicharato lo stato di emergenza un anno fa e la mancanza di acqua e' un problema in piu di 800 citta' brasiliane a causa dei cambiamenti climatici, uso intensivo di risorse per l'agricoltura, cattiva infrastruttura e pianificazione. 

A Citta' del Capo ovviamente non mancano i battibecchi politici su di chi la colpa, visto che il governo centrale e' di bandiera diversa dal Democratic Alliance che governa la citta'.

Intanto la gente fa quel che puo' in questa citta' dove la divisione fra ricchi e poveri e' palpabile.

Nelle baraccopoli la gente riempie secchi e spartisce l'acqua fino all'ultima goccia.

Dall'altro lato, chi vive in ville faraoniche con ancora le piscine piene, anche se per poco. Chi accumula acqua per Day Zero, chi installa cisterne, chi cerca di mettere a punto sistemi di depurazione interna, chi si scava il suo pozzo. 

In alcuni casi, ci sono famiglie che sono riuscite a staccarsi completamente dalla rete idrica ufficiale. 

Ma ovviamente il diventare autosufficenti non e' per tutti: occorre avere le risorse per crearsi tutta l'infrastruttura necessaria.

Come sempre chi paghera' di piu' sono i piu' poveri, i piu' deboli.