I now invite the COP to adopt the decision entitled Paris Agreement
outlined in the document.
Il ministro degli esteri francese Laurent
Fabius alla chiusura della Climate Conference of the Parties di Parigi.
outlined in the document.
Il ministro degli esteri francese Laurent
Fabius alla chiusura della Climate Conference of the Parties di Parigi.
Tutti approvano. Un enorme applauso. Tweet da tutto il mondo. E’ un giorno storico — il 12 Dicembre 2015. Il giorno in cui decine di migliaia di persone hanno riempito le strade di Parigi mentre i politici firmavano gli ultimi accordi sul clima. E’ la prima volta in cui tutti i paesi sono concordi nel tagliare le emissioni di CO2. Per alcuni l’impegno è volontario, per altri è legalmente vincolante.
L’obiettivo che ci si è posti è di tenere il riscaldamento del pianeta a meno di 2 gradi Celsius, con il target specifico a 1.5 gradi. Ai paesi in via di sviluppo saranno dati in totale 100 miliardi di dollari, con l’impegno di ricevere altri fondi per continuare a combattere i cambiamenti climatici. Ogni 5 anni gli impegni devono essere rivisti e si possono scegliere anche nuovi obiettivi più ambiziosi.
Ci si impegna anche ad iniziare a lavorare per raggiungere la “neutralità del clima”a partire dalla metà del secolo e cioè a bilanciare le emissioni di gas ad effetto serra con possibili riassorbimenti. E’ tanto, è poco? E’ sicuramente un passo avanti, e grande. Certo, l’urgenza del momento è tale che iniziare a lavorare per la neutralità del clima nel 2050 pare poco incisivo, un rimandare a data da destinarsi in cui le generazioni protagoniste saranno altre. Nel frattempo per alcuni sarà già troppo tardi con eventi catastrofici e irreversibili specie per atolli ed arcipelaghi.
Ma comunque Parigi manda un segnale forte: c’è un solo modo per arrivare alla neutralità del clima: lasciare le fonti fossili nel sottosuolo già da adesso eliminando sussidi e investimenti. E quindi i petrolieri farebbero bene a non dormire sonni tranquilli: l’obiettivo dei 2 gradi centigradi significa che l’80% delle fonti fossili dovrebbe restare sottoterra. Ovviamente se si scende a 1.5 gradi, ancora più petrolio dovrebbe restare dove madre natura l’ha messo.
Per di più, quello che emerge da due settimane di incontri è che i nemici in tutto questo sono sempre loro: i petrolieri che continuano a negare l’evidenza e a ostacolare impegni e programmi comuni anche qui, a Parigi, all’ultima ora. Ma le loro parole e i loro sforzi sono ormai cembali che tintinnano. Se siamo arrivati fin qui è anche grazie alla pressione che noi cittadini ordinari abbiamo messo a politici e ai petrolieri stessi. I governi senza di noi non sarebbero mai arrivati fin qui. Ora c’è solo da mettergli ancora più pressione affinché tengano fede agli impegni, con coraggio e determinazione.
Cosa pensa di tutto questo Matteo Renzi? Se limitare l’aumento del clima di soli 2 gradi centigradi significa lasciare l’80% del petrolio sottoterra, da dove vogliamo iniziare a salvare l’Italia petrolizzanda? Non è difficile, anzi c’è solo l’imbarazzo della scelta con progetti di trivelle in tutto il paese. Decidiamo che per onorare Parigi fermiamo Ombrina Mare? Le trivelle a Carpignano Sesia? A Zibido? In Basilicata? Nei mari della Puglia? La Vega B di Ragusa? L’airgun di Sardegna? Coraggio, caro presidente del Consiglio, scelga lei. Le lasciamo questo onore.
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