Update Gennaio 2018:
Il Belize ha finalmente approvato una moratoria antitrivelle e la creazione di una Petroleum
Operations Maritime Zone Moratorium.
Sara' protetta tutta la fascia di 350 chilometri della Belize Barrier Reef Reserve System, sito UNESCO.
E' ora un reato in Belize condurre attivita' di esplorazione e di trivellazione nei mari della nazione.
Chiunque agira' contro la legge sara; multato fino a 3 milioni di dollari, con imprigionamento fino a due anni.
Il Ministro del petrolio, che in questo momento e' anche il primo ministro della nazione, Dean Barrow, ha accettato di iniziare dialoghi con le ditte petrolifere che hanno perso le proprie concessioni e per discutere eventuali risarcimenti.
In questo momento e' vietato trivellare in tutte le acque del Belize.
Tutto questo non nasce dal vuoto. Sono anni che gruppi ambientali ed attivisti in Belize lavorano per referendum sulle trivelle, sensibilizzazione, diffusione di informazione in patria e all'estero.
E' una grande vittoria di popolo, di mare, di pianeta, di barriera corallina, di coscienze.
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Dicembre 2015
“The World Heritage Committee has taken a very clear position that
oil and mining exploration and exploitation are
incompatible with World Heritage status"
Un altra storia di democrazia e di attivismo a lieto fine. Il
governo centro-americano del piccolo Belize, 300,000 abitanti, ha
annunciato che vietera' le trivelle in alcuni dei suoi mari piu' belli.
Il cosiddetto Belize Barrier Reef Reserve System che ospita un serie di
sistemi corallini, nonche' dal 1996 sette siti protetti UNESCO e' salvo
dal petrolio. Anzi, e' una follia che ci abbiano anche solo pensato a
trivellarli.
La storia inizia nel 2004: il governo del Belize assegna delle
concessioni petrolifere in mare, nei pressi della Meso-American Reef, la
seconda piu' grande barriera corallina del mondo dopo quella
d'Australia. Altri lotti vengono assegnati nel 2007, per un totale di
sei concessioni.
Nel 2009 l'UNESCO inserisce il Belize Barrier Reef Reserve System
nella lista dei suoi siti protetti in pericolo a causa di compravendita
di piccoli isolotti di mangrovie e di scarsa attenzione alla
conservazione dei suoi tesori naturalistici. Nel 2010 lo stesso ente
aggiunge alle sue preoccupazioni le proposte trivelle e decreta che
ricerca ed estrazione di petrolio non sono compatibili con lo status di
World Heritage site. Se si va avanti, l'UNESCO ammonisce, lo status di
sito protetto potrebbe essere revocato.
Subentrano gli attivisti da mezzo mondo, le associazioni turistiche
locali, gli amanti del mare, i pescatori. Le trivelle nel Belize
diventano un caso internazionale. Viene fuori che durante la vendita di
queste concessioni petrolifere da parte del governo non c'era stato
coinvolgimento delle popolazioni locali, non erano stati resi noti gli
impatti ambientali delle trivellazioni e le ditte scelte non avevano
dimostrato alcuna abilita' di poter fornire fondi, macchinari, risorse e
sapienza per poter trivellare in una zona cosi sensibile.
Il governo aveva assegnato le concessioni petrolifere in gran
segreto. Anzi, alcune delle ditte non avevano alcuna esperienza di
petrolio: la Princess Petroleum, per esempio, gestiva hotel e casino'.
Le erano stati dati i diritti di trivellare il Blue Hole Natural
Monument, protetto dall'UNESCO, di bellezza speciale con pesci di
ogni tipo e colore e classificata come una delle dieci localita' piu'
belle del mondo per fare scuba diving.
Si passa alle vie legali, con associazioni ambientali e turistiche che portano in causa il governo del Belize. Tutti
insieme creano il Belize Coalition to Save Our Natural Heritage. Viene
organizzato un `People's referendum' il 96% dei 30,000 residenti
interpellati e' contrario alle trivelle. Il giorno 16 Aprile 2013, il
paese e' incollato ai media per conoscere il verdetto della causa. E' un
trionfo. La corte suprema del Belize rende tutti i contratti
petroliferi "null and void". E questo non perche' i petrolieri
non avevessero fatto le valutazioni di impatto ambientale, ma perche'
non le aveva fatto il governo. E cioe' la corte annulla l'idea che il
governo possa cedere dei tratti di mare ai petrolieri senza capirne
*prima* e in modo *indipendente* gli effetti su natura, pesca e turismo.
C'e' un sospiro di sollievo da parte di tutti gli attori coinvolti.
Ma nonostante il "null and void" dei contratti petroliferi gia' dati,
l'UNESCO mantiene la barriera corallina del Belize nella lista di siti
in pericolo. Occorre fare di piu'.
A Maggio del 2015, il governo decide di aprire alle trivelle. Ma
come? E l'UNESCO? E i mancati studi ambientali che avevano reso "null
and void" le concessioni gia' date due anni prima?
Tuttapposto: il governo presenta un rapporto in cui si espongono i benefici del petrolio dal titolo
"Offshore Drilling: Potential Benefits and Risks". Viene ripetuto il
solito mantra che le trivelle a mare possono avere effetti positivi
sull'ambiente, che le piattaforme fungono da attrattori per la vita
marina, e anzi, possono aumentare l'abbondanza di pesca e di
biodiversita' di addirittura cinquanta volte! Scrivono che in
letteratura non si conoscono casi di effetti deleteri su coralli da
parte di petrolio, sia con o senza incidenti petroliferi. Aggiungono che
i coralli sono resistenti agli scarichi di rifiuti petroliferi in mare.
Interessante: non dicono che non ci saranno riversamenti a mare,
dicono che i coralli possono resistere! Il documento dice pure che i
potenziali rischi ambientali non devono prevenire il Belize dal cercare
di innalzare i suoi standard economici e raccogliere i frutti delle sue
risorse petrolifere. Ovviamente non si parla di incidenti, di
riversamenti a mare, di turismo. Non si parla dei coralli morti a causa
dello scoppio della BP.
Alla fine, sono gli stessi concetti adattati al Belize che conosciamo
bene anche in Italia - le solite sceneggiate che petrolio e ambiente
possono convivere bene, in terra, in mare, nei campi. Ma chi l'ha scritto veramente tale rapporto? The Guardian, giornale inglese che segue il caso da tempo, scova
che l'ha scritto Carla Suite Wright, un ingegnere BP! Ovviamente in
Belize, all'UNESCO, e spero in Italia, non ci crede nessuno .
Intanto, i rappresentanti dell'UNESCO decidono di fare visita al
Belize per monitorare i siti protetti. La data scelta e' la seconda
meta' di Dicembre 2015.
Il 1 Dicembre -- la svolta. Il governo, sotto pressione incessante
di residenti, turisti, ambientalisti, pescatori, e i riflettori
interazionali per la vista dell'UNESCO, decide di cambiare radicalmente
corso: vietano esplorazioni sismiche, trivellazione ed estrazione del
petrolio in 3500 chilometri quadrati di mare protetto, che includono
tutta l'area dei siti UNESCO, e che rappresentano il 15% dei suoi mari
nazionali.
Accanto a questo divieto, una moratoria temporanea in tutto il resto
dei mari del paese. Le trivelle sono ora vietate nel Bacalar Chico
National Park and Marine Reserve, nel Blue Hole Natural Monument,
nell'Half Moon Caye Natural Monument, nel South Water Caye Marine
Reserve, nel Glover’s Reef Marine Reserve, nel Laughing Bird Caye
National Park, e nel Sapodilla Cayes Marine Reserve e a un chilometro
attorno ai loro confini. Queste zone sono spettacolari non solo per i
loro mari e per le loro mangrovie, per i delfini e per i pesci
colorati, ma sono anche la casa di varie specie protette ed a rischio
di estinzione, come le tartarughe verde, la Caretta caretta, e alcuni
esemplari di trichechi, squali e coccodrilli.
E' questo solo il primo passo: gli attivisti chiedono che non siano
protetti solo i siti UNESCO, ma che l'attuale moratoria su tutti gli
altri mari venga trasformata in un divieto permanente, in modo da
vietare ai petrolieri di trivellare nel 100% dei loro mari, adesso e
sine die. C'e' quindi ancora molto da fare verso cose piu' grandi. Ma
e' anche il primo passo verso la rimozione del Belize dalla lista dei
siti UNESCO in pericolo. il paese si e' anche impegnato a promuovere una
serie di interventi entro il 2018 per migliorare la conservazione e
protezione dei suoi mari.
L'UNESCO fara' l'annuncio ufficiale del divieto petrolifero nei suoi sette siti protetti in Belize il 31 Gennaio 2016.
Speriamo di scriverne altre di storie cosi in tutto il mondo, Italia compresa, per il 2016 e per gli anni a venire.
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