L'Algeria lottizzata e petrolizzata
** grazie a Matilde Brunetti **
"We neither
benefited from traditional gas nor from petrol proceeds.
Shale gas will
deprive us of the little good that we have left"
"But the people of the south, who have historically been
marginalised and considered uneducated,
are giving a lesson to the whole country in responsible citizenship and peaceful resistance—to a criminal project that is threatening their livelihoods."
"A friend of mine worked on the design of the the natural gas plant in
southwest Algeria. One of the challenges of the plant was the removal
of "heavy metals" from the tracking stream. Since the heavy metals did
not affect plant safety (the metals only affect worker health), the
owners did not spend the money to install the necessary equipment. I
feel bad for the people of the region, not only are their resources
being stolen, but 20 years from now the health affects of all of the
heavy metals on the workers and their children will be a double whammy
on their health."
Siamo a Ain Salah, nel sud dell'Algeria, 45,000 abitanti e 750 chilometri dalla capitale Algiers, teatro di proteste e di attivismo, poi sparsisi a tutta la nazione. Ogni giorno e per due mesi, tanto che il presidente Abdelaziz Bouteflika non si fa piu vedere in pubblico da settimane.
La protagonista e' la compagnia petrolifera statale Sonatrach che dispensa concessioni come se fossero caramelle. Gli interessi in gioco qui sono giganteschi. Secondo l’agenzia americana Energy Information Administration (EIA), l’Algeria e' il terzo paese al mondo per disponibilità di shale gas, dopo Cina e l’Argentina. Parliamo di circa 600 trillioni di metri cubi di gas.
L'Algeria e' stata a lungo produttrice di petrolio e di gas convenzionale. Circa il 60% del proprio budget arriva dagli idrocarburi, che sono la gran parte di cio' che l'Algeria esporta. Con i petrodollari, l'Algeria ha mantenuto un regime sociale di relativo benessere con ampi sussidi governativi che le hanno permesso di evitare le proteste di massa dei paesi confinanti durante le primavere arabe. Semplicemente appena c'e' stato sentore di ribellione hanno mandato la polizia e poi hanno aumentato tutti i salari e i programmi per i giovani. E’ un metodo abbastanza comune qui – la gente protesta un po, si danno concessioni e si evitano problemi maggiori.
In tempi recenti pero' le riserve di gas da estrarre con metodi "normali" sono calate e quindi il governo ha ben pensato di passare allo shale gas, i cui giacimenti nel sud dell’Algeria fino a poco tempo fa non sarebbero stati accessibili. Si decide di investire 80 miliardi di dollari con 200 pozzi esplorativi, impianti petrolichimici e di raffinazione e con l'intento di tirare fuori circa 20 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Ma siccome non hanno le tecnologie o il sapere, decidono di aprire agli investitori stranieri, con cui si "condivideranno" rischi, profitti e costi. A chi aprono? A Shell, Exxon Mobil, Total, Talisman Energy e ovviamente. la nostra beneamata ENI, che e' stata fra le prime a firmare gli accordi con la Sonatrach nel 2011. Hanno piu di quaranta concessioni in Algeria.
Alla fine di Dicembre 2014, la Sonatrach annuncia che i testi del fracking venti miglia a sud da Ain Salah. sono stati di successo e che si intende proseguire. Ora, di tutte le citta’ di Algeria, Ain Salah e’ quella dove piu’ di altre la gente e’ ritenuta pacifica, sottomessa e obbediente. Ma cosi' non e' stato per il fracking: sono subito scesi in piazza e non ne vogliono sapere di trivelle. E questo ha colto di gran sorpresa i politici e gli osservatori.
E perche' ad Ain Salah si oppongono alle trivelle? Per lo stesso motivo per cui ci opponiamo noi: perche' nonostante tutte le belle promesse di lavoro e progresso lo sanno anche nel sud dell'Algeria che le trivelle portano solo miseria ed inquinamento. In questo tempo di internet e di globalizzazione non si puo' negare l'evidenza.
A poco sono valsi i tentativi di "tuttapposto" del governo: e' tutto sicuro, siamo solo in fase di esplorazione, inizieremo nel 2020, e una "transizione" verso le rinnovabili e via con la fantasia. A rendere tutto ancora piu' difficile e' che qui siamo in un deserto, e l'acqua e' preziosa. Se la usano per il fracking e se la inquinano, cosa berranno le persone? Cosa useranno per l'agricoltura?
Ci sono anche vaghi sentimenti anticoloniali: ci si ricorda di essere stati sede di esperimenti nucleari e chimici della Francia, anche dopo l'indipendenza, e non se ne vogliono altri, questa volta di natura petrolifera. E poi fra le proponenti c’e’ la Total, ed il fracking e’ vietato in Francia per proteggere l’ambiente. L’ambiente di Algeria e’ meno importante?
Sebbene ad Ain Salah ci sia un tasso di analfabetismo ancora al 20%, la zona sia povera e poco sviluppata rispetto al resto del paese, la protesta e' stata forte e compatta. L'8 Febbraio 2015 il governo centrale ha annunciato che i programmi di fracking andranno avanti come inizialmente previsto. Ma invece di arrendersi, i residenti di Ain Salan e di altre citta’ hanno continuato a protestare finche’ il movimento, pacifico e composto, e’ diventato nazionale.
Questo enorme movimento di opione, partito da un popolo considerato marginale e poco istruito, sta dando prova di cittadinanza resposabile e pacifica al mondo intero, anche a noi italiani, che spesso piu’ che protestare su Facebook non facciamo. E’ un movimento di cittadini adulti.
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Note:
1. Tre le ultime concessioni ricevute dall'ENI, nel giugno 2014, : El Guefoul, Tinerkouk e Terfas, nel sud del paese. Sono valide per due anni e coprono circa 45,000 chilometri quadrati. Quarantacinque mila chilometri quadrati! Secondo l'ENI "The three areas are considered of great interest and potential". Certo, per le loro tasche!
2. Dal primo gennaio ad oggi gli uffici pubblici, negozi e scuole sono state chiuse e la gente scende in piazza quasi quotidianamente, a volte anche al tasso di 1,500 persone alla volta. Le proteste si sono poi diffuse anche in altre citta' fra cui Algeris, Oran, Adrar, Tamanrasset, El Golea e Ouargla. Un ragazzo di 21 anni e' morto il giorno 4 Gennaio durante le proteste. E nonostante i divieti di manifestare, la gente ha manifestato lo stesso.
3. L'8 Febbraio 2015 il governo centrale ha annunciato che i programmi di fracking andranno avanti come inizialmente previsto. Ma invece di arrendersi, i residenti di Ain Salan si sono spostati verso il campo di gas e hanno occupato il sito, bloccandone l'accesso e di fatto fermando il fracking. Si sono portati le tende e non fanno passare i camion.
E chi se lo aspettava che anche in Algeria ci sarebbe stata una cosi grande lotta contro le trivelle?
Siamo a Ain Salah, nel sud dell'Algeria, 45,000 abitanti e 750 chilometri dalla capitale Algiers, teatro di proteste e di attivismo, poi sparsisi a tutta la nazione. Ogni giorno e per due mesi, tanto che il presidente Abdelaziz Bouteflika non si fa piu vedere in pubblico da settimane.
La protagonista e' la compagnia petrolifera statale Sonatrach che dispensa concessioni come se fossero caramelle. Gli interessi in gioco qui sono giganteschi. Secondo l’agenzia americana Energy Information Administration (EIA), l’Algeria e' il terzo paese al mondo per disponibilità di shale gas, dopo Cina e l’Argentina. Parliamo di circa 600 trillioni di metri cubi di gas.
L'Algeria e' stata a lungo produttrice di petrolio e di gas convenzionale. Circa il 60% del proprio budget arriva dagli idrocarburi, che sono la gran parte di cio' che l'Algeria esporta. Con i petrodollari, l'Algeria ha mantenuto un regime sociale di relativo benessere con ampi sussidi governativi che le hanno permesso di evitare le proteste di massa dei paesi confinanti durante le primavere arabe. Semplicemente appena c'e' stato sentore di ribellione hanno mandato la polizia e poi hanno aumentato tutti i salari e i programmi per i giovani. E’ un metodo abbastanza comune qui – la gente protesta un po, si danno concessioni e si evitano problemi maggiori.
In tempi recenti pero' le riserve di gas da estrarre con metodi "normali" sono calate e quindi il governo ha ben pensato di passare allo shale gas, i cui giacimenti nel sud dell’Algeria fino a poco tempo fa non sarebbero stati accessibili. Si decide di investire 80 miliardi di dollari con 200 pozzi esplorativi, impianti petrolichimici e di raffinazione e con l'intento di tirare fuori circa 20 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Ma siccome non hanno le tecnologie o il sapere, decidono di aprire agli investitori stranieri, con cui si "condivideranno" rischi, profitti e costi. A chi aprono? A Shell, Exxon Mobil, Total, Talisman Energy e ovviamente. la nostra beneamata ENI, che e' stata fra le prime a firmare gli accordi con la Sonatrach nel 2011. Hanno piu di quaranta concessioni in Algeria.
Alla fine di Dicembre 2014, la Sonatrach annuncia che i testi del fracking venti miglia a sud da Ain Salah. sono stati di successo e che si intende proseguire. Ora, di tutte le citta’ di Algeria, Ain Salah e’ quella dove piu’ di altre la gente e’ ritenuta pacifica, sottomessa e obbediente. Ma cosi' non e' stato per il fracking: sono subito scesi in piazza e non ne vogliono sapere di trivelle. E questo ha colto di gran sorpresa i politici e gli osservatori.
E perche' ad Ain Salah si oppongono alle trivelle? Per lo stesso motivo per cui ci opponiamo noi: perche' nonostante tutte le belle promesse di lavoro e progresso lo sanno anche nel sud dell'Algeria che le trivelle portano solo miseria ed inquinamento. In questo tempo di internet e di globalizzazione non si puo' negare l'evidenza.
A poco sono valsi i tentativi di "tuttapposto" del governo: e' tutto sicuro, siamo solo in fase di esplorazione, inizieremo nel 2020, e una "transizione" verso le rinnovabili e via con la fantasia. A rendere tutto ancora piu' difficile e' che qui siamo in un deserto, e l'acqua e' preziosa. Se la usano per il fracking e se la inquinano, cosa berranno le persone? Cosa useranno per l'agricoltura?
Ci sono anche vaghi sentimenti anticoloniali: ci si ricorda di essere stati sede di esperimenti nucleari e chimici della Francia, anche dopo l'indipendenza, e non se ne vogliono altri, questa volta di natura petrolifera. E poi fra le proponenti c’e’ la Total, ed il fracking e’ vietato in Francia per proteggere l’ambiente. L’ambiente di Algeria e’ meno importante?
Sebbene ad Ain Salah ci sia un tasso di analfabetismo ancora al 20%, la zona sia povera e poco sviluppata rispetto al resto del paese, la protesta e' stata forte e compatta. L'8 Febbraio 2015 il governo centrale ha annunciato che i programmi di fracking andranno avanti come inizialmente previsto. Ma invece di arrendersi, i residenti di Ain Salan e di altre citta’ hanno continuato a protestare finche’ il movimento, pacifico e composto, e’ diventato nazionale.
Questo enorme movimento di opione, partito da un popolo considerato marginale e poco istruito, sta dando prova di cittadinanza resposabile e pacifica al mondo intero, anche a noi italiani, che spesso piu’ che protestare su Facebook non facciamo. E’ un movimento di cittadini adulti.
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Note:
1. Tre le ultime concessioni ricevute dall'ENI, nel giugno 2014, : El Guefoul, Tinerkouk e Terfas, nel sud del paese. Sono valide per due anni e coprono circa 45,000 chilometri quadrati. Quarantacinque mila chilometri quadrati! Secondo l'ENI "The three areas are considered of great interest and potential". Certo, per le loro tasche!
2. Dal primo gennaio ad oggi gli uffici pubblici, negozi e scuole sono state chiuse e la gente scende in piazza quasi quotidianamente, a volte anche al tasso di 1,500 persone alla volta. Le proteste si sono poi diffuse anche in altre citta' fra cui Algeris, Oran, Adrar, Tamanrasset, El Golea e Ouargla. Un ragazzo di 21 anni e' morto il giorno 4 Gennaio durante le proteste. E nonostante i divieti di manifestare, la gente ha manifestato lo stesso.
3. L'8 Febbraio 2015 il governo centrale ha annunciato che i programmi di fracking andranno avanti come inizialmente previsto. Ma invece di arrendersi, i residenti di Ain Salan si sono spostati verso il campo di gas e hanno occupato il sito, bloccandone l'accesso e di fatto fermando il fracking. Si sono portati le tende e non fanno passare i camion.
1 comment:
Nice to hear the local communities in Algeria are standing up for themselves -- and peacefully so -- especially in light of the seven oil workers that were kidnapped in this country in 2013. Peaceful resistance takes courage, patience and a lot of heart. I would be very interested in reading more about this -- will do a search on it. Thanks for posting this.
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