Eccoli qui, quella della nostra armata brancaleone.
L'ENI in Norvegia che periodicamente recepisce avvisi di mancato adempimento alle norme di sicurezza in Norvegia.
Il castigatore e' sempre lo stesso, il Petroleum Safety Authority (PSA) che ha mandato l'ultimo avviso di una lunga serie all'ENI per le sue attivita' in Artico, nel campo Goliat.
Il PSA ha indagato le condizioni su Goliat dall'8 al 18 Giugno 2018.
Hanno determinato questa bella sfilza di "non conformities" in merito all'esecuzione delle trivellazioni, le operazioni sui pozzi, il management della preparazione in caso di energenza, le loro progettazioni e la valutazione del rischio.
Ecco cosa dicono:
Results
Non-conformities were identified in connection with:
- Planning and risk management of drilling and well operations
- Management of Change (MOC)
- Systematic emergency preparedness training
- Classification of safety-critical equipment
- System for follow-up of competence and training of temporary employees
- Training and exercises for drilling and well personnel
In addition, improvement points were identified in connection with:
- IWCF Certification not carried out
- Employee participation
- Quality and language of procedures
- Robustness in the event of nurse’s absence
- Learning from well control incidents
- Knowledge and use of Well Control Bridging Document
Cioe' l'ENI non e' in adempienza nelle proprie pianficazioni e nella valutazione del rischio delle sue trivelle, nell'addestramento del suo personale in caso di emergenza, nella formazione di lavoratori temporanei. In piu' devono migliorare le proprie certificazioni, e devono imparare dai vari incidenti sui pozzi.
Non e' la prima volta che accade tutto questo, e anzi, io credo che l'ENI ci sia abituata!
Ecco qui:
Goliat e' il campo petrolifero piu' a nord della Norvegia, a 85 chilometri a nord della terraferma. C'e' qui anche una FPSO. Il petrolio di Goliat e' in realta' di buona qualita', con indice API 32 e viene mandato nei mercati del Nord Europa. Il 65% di Goliat e' dell'ENI, e il 35% della Statoil, ora chiamata Equinor.
Il tutto e' in azione dal 2016 ma i problemi esistono dal giorno in cui hanno aperto.
Produce solo i 2/3 di quanto inizialmente si progettava (11mila barili al giorno); ed e' stata chiusa diverse volte proprio per problemi alla sicurezza e all'ambiente.
Chissa' cosa succede esattamente, e' solo che essendo cosi lontano, cuore non vede occhio non duole.
Perche' trivellano qui, in condizioni cosi estreme? Perche' la Norvegia sa che il bacino tradizionale da cui prende petrolio, il mare del nord, e' in declino, e quindi si spingono in posti sempre piu' delicati, piu' difficili, piu' imperversi.
E in questo caso si sono affidati all'ENI!
Solo che l'ENI non ci azzecca e cosi si sono pure messi in partnership con un ente privato, la Point Resources, nota anche come Var Energi "la nostra energia", per cercare di trivellare meglio, con piu' risorse e conoscenza della situazione norvegese con il target di ottimizzare tutto e di ottenere tutti assieme, ENI e Point Resources, 250mila barili al giorno entro il 2023.
Ambiziosi, eh?
Ma ci pensa l'ente di sicurezza petrolifera nazionale, il Petroleum Safety Authority a fermare la festa.
L'ENI dovra' rispondere il 21 Settembre 2018.
Vediamo che scuse si inventano.
Solo una domanda: ma dov'e' l'ente di sicurezza petrolifero d'Italia?
Chi fa controlli simili in Basilicata? A Ravenna? In Sicilia? In Veneto?
Dopotutto, e' sempre ENI e se non ci azzeccano in Norvegia, come facciamo a fidarci di loro in Italia?
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