Sono qui per parlare di quello che nessuno può più negare: Eni da molti anni ha dato vita ad un sistema corruttivo di portata internazionale. Questa attività criminosa si regge su tre gambe.
La prima gamba, la corruzione. E’ l'attività corruttiva vera e propria. È naturale quindi ricordare le inchieste. Il sistema di corruzione internazionale messo in piedi da Eni fuori dai confini italiani, e in particolare nel continente africano, è ormai sotto gli occhi di tutti, anche dei magistrati.
Eni è accusata sia per le tangenti versate in Algeria al fine di aggiudicarsi la costruzione di alcuni gasdotti (e qui si parla di 200 milioni di tangenti per un controvalore dei contratti di 8 miliardi), sia per quelle versate in Nigeria per la concessione decennale nell'esplorazione petrolifera al largo delle coste nigeriane (e i pm parlano di altri 215 milioni di tangenti, per un controvalore della concessione di 1,9 miliardi). Un sistema di corruzione che si alimenta attraverso la connivenza di gran parte dei quadri aziendali, come dimostra. Tra ricatti incrociati (la minaccia al posto di lavoro) e lo strapotere dei manager sui dipendenti si è mantenuto in piedi per anni un sistema colluso radicato profondamente nell'azienda, completamente opaco nei confronti dei cittadini, nonostante Saipem, almeno sulla carta, sia una partecipata di una società a controllo tuttora pubblico.
La seconda gamba, il Governo. Eni, di fatto, costruisce da anni sulla corruzione internazionale la politica estera dei Governi di destra, di sinistra e di centro che si sono succeduti, compreso questo Governo, che non saprei dove collocare. Il Governo, proprietario della quota di maggioranza di Eni (30%) attraverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Cassa Depositi e Prestiti, finge di non sapere ciò che avviene sotto i suoi occhi. Il sostegno dei Governi a queste pratiche criminose è evidente se si guarda alle nomine pubbliche dei quadri aziendali di Eni e delle controllate. Tutti nomi di navigata esperienza politica, spesso conosciuti alle procure. Per ultima la nomina del nuovo amministratore delegato di Eni da parte di Renzi: Claudio Descalzi. Quel Descalzi coinvolto sia nella inchiesta di lungo corso sui fatti in Kazakistan che in quella sui fatti in Nigeria, quando era vice direttore generale di Eni. E dire che basterebbe inserire negli statuti delle società partecipate dallo Stato e quotate in borsa un'apposita clausola in materia di requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti del consiglio di amministrazione, come abbiamo richiesto più volte noi del M5S in Parlamento.
Ma il Governo preferisce fingere di combattere la corruzione e spolpare le aziende pubbliche per svenderle ai privati, meglio se stranieri. Ci arriverò fra poco. La terza gamba, i Paesi africani. Di questo sistema corruttivo internazionale è il dissesto politico e sociale dei Paesi nei quali Eni depreda, impoverisce e distrugge attraverso le tangenti. Eni non potrebbe corrompere sistematicamente alti esponenti governativi in Paesi nei quali le condizioni sociali ed economiche della popolazione permettono un controllo efficace della politica e degli affari strategici per la collettività. In Algeria, in Nigeria, in Libia, in Egitto, in Tunisia l'instabilità politica, religiosa e sociale garantisce ad Eni ampi margini di manovra per i suoi affari criminali.
Ma Eni allo stesso tempo alimenta l'esasperazione politico-sociale dei Paesi dove investe. È insieme agente e beneficiario del sistema corruttivo che ingabbia lo sviluppo dei Paesi del terzo mondo. È il punto senz'altro più vergognoso. Approfittare della miseria e dell'instabilità, alimentarne di nuova, per il profitto privato: sì, privato. Il valore delle azioni di Eni è crollato negli ultimi anni, valevano 21 euro a metà 2014 e sono scese a 13 nel gennaio 2015, per poi risalire di poco. Nell'arco di piano 2015-2018 l'Eni prevede dismissioni per 8 miliardi di euro. E' quanto si legge nelle slide che accompagnano la strategy presentation. Nel 2015 inoltre taglierà il dividendo a 0,80 euro per azione da 1,12 euro del 2014.
Il piano di buyback dell'Eni «è sospeso», annuncia poi il gruppo petrolifero in occasione della Strategy presentation. «Si valuterà la sia riattivazione quando i progressi strategici e lo scenario di mercato lo consentiranno», spiega l'Eni. Nonostante questi numeri, molto preoccupanti, tutti i dirigenti hanno percepito stipendi da nababbi, stock options, stock grant e liquidazioni a sette cifre. I piccoli azionisti sono rimasti cornuti e mazziati. Non solo. Come detto le popolazioni africane sono in balìa della rete corruttiva che Eni contribuisce a rafforzare. C'è un articolo di Alessandro Pansa, sul Corriere della Sera, che svela il meccanismo attraverso cui i proventi dell'estrazione di gas libico vengono versate alla Banca centrale libica, che poi, per quieto vivere, le distribuisce a tutte le fazioni e le tribù che si spartiscono un territorio in preda al caos, compreso lo Stato Islamico! Come dire che Eni, una società sotto il controllo del Governo, finanzia indirettamente il terrorismo islamico e la compravendita illegale di armi da guerra da parte di tutte le fazioni in campo, grazie ad un sistema di tangenti capillare. Il sistema criminale di Eni non si limita certo alla Libia: in Algeria, Egitto, Nigeria, Iraq... Eni alimenta un circuito vizioso di guerre civili, "missioni di pace" e instabilità cronica. Questo meccanismo criminoso è pronto a fare disastri anche in Italia.
La chiave di volta è lo Sblocca Italia. Il M5S lo chiama “Sfascia Italia”. Ci siamo battuti con tutti i mezzi democratici per contrastarlo, è una follia! Lo “Sfascia Italia” è il paradiso delle trivelle e del petrolio. Elimina ogni intermediazione tra il Governo e le multinazionali, Eni compresa. Non serve più la Valutazione di Impatto Ambientale regionale (VIA) per iniziare a trivellare. Basta l'ok di un Governo colluso.
Il numero degli azionisti di Eni determinato sulla base delle segnalazioni nominative relative ai percettori del dividendo in acconto dell’esercizio 2014, cedola n. 23, è pari a 268.344; questi azionisti rappresentano il 99,82% del capitale sociale costituito da 3.634.185.330 azioni ordinarie prive di indicazione del valore nominale.
Ministero dell’Economia e delle Finanze 157.552.137 4,34 CDP S.p.A. 936.179.478 25,76 21/03/2014 PEOPLE’S BANK OF CHINA 2,102
La svendita dell’ENI Ma abbiamo un sospetto, o per meglio dire una certezza. Il sospetto è che dietro ad una gestione così scellerata di un'azienda pubblica strategica ci sia la volontà di svincolare Eni da qualsiasi controllo pubblico e di gettarla in pasto ai privati. Il pretesto è sempre la maggiore efficienza dei privati.
Ci hanno detto la stessa cosa per l'acqua e le autostrade, e a cosa siamo andati incontro? Servizi sempre più scadenti, licenziamenti, aumento delle tariffe. Il disegno è chiaro: dietro la spoliazione di sovranità degli Stati nazionali c'è la fame di profitto di poche multinazionali e del mondo speculativo. L'Euro e i trattati europei servono a questo e l'Italia è una preda molto succulenta. Grazie all'Europa a trazione finanziaria si è scatenato l'attacco violento alla proprietà pubblica nei settori primari: acqua, energia, sanità, istruzione, trasporto pubblico! È sufficiente garantirsi l'appoggio di Governi sensibili agli interessi dei poteri forti, siano essi di destra, come i Governi Berlusconi, o di quella sinistra svenduta al mondo finanziario, come il Governo attuale, o ancora Governi tecnici, quando il gioco si fa duro e la finanza ha bisogno di prendere in mano direttamente le redini del Paese: ed ecco il Governo Monti nel 2011. Eni è stata prima trasformata da ente pubblico in S.p.A. nel 1992, poi negli anni successivi sono state vendute gran parte delle partecipazioni pubbliche (oggi lo Stato detiene per lo più indirettamente solo il 30% delle azioni di Eni) e infine l'azienda è stata ridimensionata, spolpata, indebitata, svuotata di ogni finalità pubblica andando ad alimentare la rete di corruzione internazionale di cui ho parlato. Eni si comporta già da anni come un'azienda privata, ma presto verrà definitivamente svenduta, probabilmente a investitori esteri, come è già stato fatto per altri gioielli italiani in questi anni di crisi economica pilotata. Dal 2008 al 2012 sono state svendute all'estero 437 aziende italiane secondo l'Eurispes: dalla Pirelli ai cinesi, all'Ansaldo Breda regalata ai giapponesi, passando per l'Indesit svenduta alla Whirlpool, la Telecom in mano a Telefonica, la Pernigotti lasciata ai turchi e ancora la Parmalat ai francesi e la Ducati ai tedeschi dell'Audi. Abbiamo già visto come si comportano gli acquirenti stranieri. Whirlpool ed Electrolux ci hanno proiettato nel prossimo futuro: comprano a prezzo di saldo, razionalizzano i costi, buttano in strada migliaia di famiglie, ridimensionano l'azienda e poi, alla prima aria di protesta, delocalizzano la produzione! E l'Italia perde servizi, prodotti, ricchezza e occupazione!
È il momento di Eni, e io sono venuto qui per fare sapere a tutti, a cominciare dai piccoli azionisti, che cosa è diventata e che fine farà l'azienda di Enrico Mattei. Il M5S chiederà una Commissione d'inchiesta parlamentare sull’ENI nei prossimi giorni.
Grazie, ho finito.
Fonti:
http://www.eni.com/it_IT/governance/azionisti/struttura-capitale-sociale/struttura-capitale-sociale.shtml
http://www.eni.com/it_IT/governance/azionisti/partecipazioni-significative/partecipazioni-significative.shtml
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-03-13/eni-presenta-piano-2015-18-dismissioni-8-miliardi-dividendi-calo-titolo-crolla-borsa-154825.shtml?uuid=AB6Ilv8C&fromSearch
La prima gamba, la corruzione. E’ l'attività corruttiva vera e propria. È naturale quindi ricordare le inchieste. Il sistema di corruzione internazionale messo in piedi da Eni fuori dai confini italiani, e in particolare nel continente africano, è ormai sotto gli occhi di tutti, anche dei magistrati.
Eni è accusata sia per le tangenti versate in Algeria al fine di aggiudicarsi la costruzione di alcuni gasdotti (e qui si parla di 200 milioni di tangenti per un controvalore dei contratti di 8 miliardi), sia per quelle versate in Nigeria per la concessione decennale nell'esplorazione petrolifera al largo delle coste nigeriane (e i pm parlano di altri 215 milioni di tangenti, per un controvalore della concessione di 1,9 miliardi). Un sistema di corruzione che si alimenta attraverso la connivenza di gran parte dei quadri aziendali, come dimostra. Tra ricatti incrociati (la minaccia al posto di lavoro) e lo strapotere dei manager sui dipendenti si è mantenuto in piedi per anni un sistema colluso radicato profondamente nell'azienda, completamente opaco nei confronti dei cittadini, nonostante Saipem, almeno sulla carta, sia una partecipata di una società a controllo tuttora pubblico.
La seconda gamba, il Governo. Eni, di fatto, costruisce da anni sulla corruzione internazionale la politica estera dei Governi di destra, di sinistra e di centro che si sono succeduti, compreso questo Governo, che non saprei dove collocare. Il Governo, proprietario della quota di maggioranza di Eni (30%) attraverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Cassa Depositi e Prestiti, finge di non sapere ciò che avviene sotto i suoi occhi. Il sostegno dei Governi a queste pratiche criminose è evidente se si guarda alle nomine pubbliche dei quadri aziendali di Eni e delle controllate. Tutti nomi di navigata esperienza politica, spesso conosciuti alle procure. Per ultima la nomina del nuovo amministratore delegato di Eni da parte di Renzi: Claudio Descalzi. Quel Descalzi coinvolto sia nella inchiesta di lungo corso sui fatti in Kazakistan che in quella sui fatti in Nigeria, quando era vice direttore generale di Eni. E dire che basterebbe inserire negli statuti delle società partecipate dallo Stato e quotate in borsa un'apposita clausola in materia di requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti del consiglio di amministrazione, come abbiamo richiesto più volte noi del M5S in Parlamento.
Ma il Governo preferisce fingere di combattere la corruzione e spolpare le aziende pubbliche per svenderle ai privati, meglio se stranieri. Ci arriverò fra poco. La terza gamba, i Paesi africani. Di questo sistema corruttivo internazionale è il dissesto politico e sociale dei Paesi nei quali Eni depreda, impoverisce e distrugge attraverso le tangenti. Eni non potrebbe corrompere sistematicamente alti esponenti governativi in Paesi nei quali le condizioni sociali ed economiche della popolazione permettono un controllo efficace della politica e degli affari strategici per la collettività. In Algeria, in Nigeria, in Libia, in Egitto, in Tunisia l'instabilità politica, religiosa e sociale garantisce ad Eni ampi margini di manovra per i suoi affari criminali.
Ma Eni allo stesso tempo alimenta l'esasperazione politico-sociale dei Paesi dove investe. È insieme agente e beneficiario del sistema corruttivo che ingabbia lo sviluppo dei Paesi del terzo mondo. È il punto senz'altro più vergognoso. Approfittare della miseria e dell'instabilità, alimentarne di nuova, per il profitto privato: sì, privato. Il valore delle azioni di Eni è crollato negli ultimi anni, valevano 21 euro a metà 2014 e sono scese a 13 nel gennaio 2015, per poi risalire di poco. Nell'arco di piano 2015-2018 l'Eni prevede dismissioni per 8 miliardi di euro. E' quanto si legge nelle slide che accompagnano la strategy presentation. Nel 2015 inoltre taglierà il dividendo a 0,80 euro per azione da 1,12 euro del 2014.
Il piano di buyback dell'Eni «è sospeso», annuncia poi il gruppo petrolifero in occasione della Strategy presentation. «Si valuterà la sia riattivazione quando i progressi strategici e lo scenario di mercato lo consentiranno», spiega l'Eni. Nonostante questi numeri, molto preoccupanti, tutti i dirigenti hanno percepito stipendi da nababbi, stock options, stock grant e liquidazioni a sette cifre. I piccoli azionisti sono rimasti cornuti e mazziati. Non solo. Come detto le popolazioni africane sono in balìa della rete corruttiva che Eni contribuisce a rafforzare. C'è un articolo di Alessandro Pansa, sul Corriere della Sera, che svela il meccanismo attraverso cui i proventi dell'estrazione di gas libico vengono versate alla Banca centrale libica, che poi, per quieto vivere, le distribuisce a tutte le fazioni e le tribù che si spartiscono un territorio in preda al caos, compreso lo Stato Islamico! Come dire che Eni, una società sotto il controllo del Governo, finanzia indirettamente il terrorismo islamico e la compravendita illegale di armi da guerra da parte di tutte le fazioni in campo, grazie ad un sistema di tangenti capillare. Il sistema criminale di Eni non si limita certo alla Libia: in Algeria, Egitto, Nigeria, Iraq... Eni alimenta un circuito vizioso di guerre civili, "missioni di pace" e instabilità cronica. Questo meccanismo criminoso è pronto a fare disastri anche in Italia.
La chiave di volta è lo Sblocca Italia. Il M5S lo chiama “Sfascia Italia”. Ci siamo battuti con tutti i mezzi democratici per contrastarlo, è una follia! Lo “Sfascia Italia” è il paradiso delle trivelle e del petrolio. Elimina ogni intermediazione tra il Governo e le multinazionali, Eni compresa. Non serve più la Valutazione di Impatto Ambientale regionale (VIA) per iniziare a trivellare. Basta l'ok di un Governo colluso.
Il numero degli azionisti di Eni determinato sulla base delle segnalazioni nominative relative ai percettori del dividendo in acconto dell’esercizio 2014, cedola n. 23, è pari a 268.344; questi azionisti rappresentano il 99,82% del capitale sociale costituito da 3.634.185.330 azioni ordinarie prive di indicazione del valore nominale.
Ministero dell’Economia e delle Finanze 157.552.137 4,34 CDP S.p.A. 936.179.478 25,76 21/03/2014 PEOPLE’S BANK OF CHINA 2,102
La svendita dell’ENI Ma abbiamo un sospetto, o per meglio dire una certezza. Il sospetto è che dietro ad una gestione così scellerata di un'azienda pubblica strategica ci sia la volontà di svincolare Eni da qualsiasi controllo pubblico e di gettarla in pasto ai privati. Il pretesto è sempre la maggiore efficienza dei privati.
Ci hanno detto la stessa cosa per l'acqua e le autostrade, e a cosa siamo andati incontro? Servizi sempre più scadenti, licenziamenti, aumento delle tariffe. Il disegno è chiaro: dietro la spoliazione di sovranità degli Stati nazionali c'è la fame di profitto di poche multinazionali e del mondo speculativo. L'Euro e i trattati europei servono a questo e l'Italia è una preda molto succulenta. Grazie all'Europa a trazione finanziaria si è scatenato l'attacco violento alla proprietà pubblica nei settori primari: acqua, energia, sanità, istruzione, trasporto pubblico! È sufficiente garantirsi l'appoggio di Governi sensibili agli interessi dei poteri forti, siano essi di destra, come i Governi Berlusconi, o di quella sinistra svenduta al mondo finanziario, come il Governo attuale, o ancora Governi tecnici, quando il gioco si fa duro e la finanza ha bisogno di prendere in mano direttamente le redini del Paese: ed ecco il Governo Monti nel 2011. Eni è stata prima trasformata da ente pubblico in S.p.A. nel 1992, poi negli anni successivi sono state vendute gran parte delle partecipazioni pubbliche (oggi lo Stato detiene per lo più indirettamente solo il 30% delle azioni di Eni) e infine l'azienda è stata ridimensionata, spolpata, indebitata, svuotata di ogni finalità pubblica andando ad alimentare la rete di corruzione internazionale di cui ho parlato. Eni si comporta già da anni come un'azienda privata, ma presto verrà definitivamente svenduta, probabilmente a investitori esteri, come è già stato fatto per altri gioielli italiani in questi anni di crisi economica pilotata. Dal 2008 al 2012 sono state svendute all'estero 437 aziende italiane secondo l'Eurispes: dalla Pirelli ai cinesi, all'Ansaldo Breda regalata ai giapponesi, passando per l'Indesit svenduta alla Whirlpool, la Telecom in mano a Telefonica, la Pernigotti lasciata ai turchi e ancora la Parmalat ai francesi e la Ducati ai tedeschi dell'Audi. Abbiamo già visto come si comportano gli acquirenti stranieri. Whirlpool ed Electrolux ci hanno proiettato nel prossimo futuro: comprano a prezzo di saldo, razionalizzano i costi, buttano in strada migliaia di famiglie, ridimensionano l'azienda e poi, alla prima aria di protesta, delocalizzano la produzione! E l'Italia perde servizi, prodotti, ricchezza e occupazione!
È il momento di Eni, e io sono venuto qui per fare sapere a tutti, a cominciare dai piccoli azionisti, che cosa è diventata e che fine farà l'azienda di Enrico Mattei. Il M5S chiederà una Commissione d'inchiesta parlamentare sull’ENI nei prossimi giorni.
Grazie, ho finito.
Fonti:
http://www.eni.com/it_IT/governance/azionisti/struttura-capitale-sociale/struttura-capitale-sociale.shtml
http://www.eni.com/it_IT/governance/azionisti/partecipazioni-significative/partecipazioni-significative.shtml
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-03-13/eni-presenta-piano-2015-18-dismissioni-8-miliardi-dividendi-calo-titolo-crolla-borsa-154825.shtml?uuid=AB6Ilv8C&fromSearch
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:-)
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