Il professor Peter Harrison e il suo lavoro
La barriera corallina morente
Non e' un segreto per nessuno che la barriera corallina d'Australia sia in grave stato di degrado. Molti sono stati gli articoli sulla sua morte, sulla sua quasi morte, sulla sua inevitabile morte.
Che i danni siano irreversibili non e' chiaro.
Ma che i danni ci siano, e' chiarissimo.
Come cresce e si riproduce il corallo? Se le condizioni sono giuste, le popolazioni esistenti di corallo rilasciano miliardi e
miliardi di uova e di sperma nel mare alla ricerca di possibili
accoppiamenti da cui generare nuovo corallo. Questi
eventi di rilascio accadono in condizioni particolari: sotto la luna piena, con la giusta' salinita' e
temperatura del mare, e lunghezza del giorno.
A causa dei cambiamenti climatici pero' tutti questi delicati equilibri di salinita', temperatura e correnti marine al largo delle coste australiane sono cambiati e la speciale combinazione di questi elementi che rendeva la vita possibile lungo i 2300 chilometri di barriera corallina non esiste piu'.
E cosi' la barriera si e' lentamente atrofizzata, con episodi di "sbiancamento" dappertutto. L'acqua calda alla fine vince e il corallo muore. Al posto dei colori vibranti della vita, il bianco della staticita' inanimata.
E' evidente che la colpa e' dell'uomo.
Ma cosa fare per salvarla? O per salvare quel che resta? O almeno per provarci?
Ecco che in Australia si e' pensato ad un trattamento di regenerazione in cui si prendono uova e sperma dei piccoli animali che creano il corallo e li si fanno crescere artificialmente in un area di ricerca marina, la Heron Island Research Station.
Il risultato e' stato un milione di larve di corallo. Queste sono state poi riappiccicate su un tratto di barriera sbiancata dal professor Peter Harrison e dal suo gruppo della Southern Cross University, Australia.
Era il Novembre 2016.
Dopo un anno, i primi risultati. Il professor Harrison e' tornato lungo la barriera corallina per vedere cosa fosse successo.
I risultati, per lo piu', sono stati positivi: i coralli giovani sono riusciti ad attecchire e a colonizzare i coralli sbiancati. Il Tourism and Events Queensland, ente turistico della regione del Queensland ha anche rilasciato immagini positivi del corallo che rinasce. Ci si aspetta ancora piu' vigore nella crescita questo dicembre, periodo dell'anno in cui tradizionalmente le condizioni acquatiche sono favorevoli.
Secondo il Prof. Harrison, l'esperimento si puo' ripetere in scala anche in altri segmenti della barriera corallina d'Australia e del mondo, se fatto in modo adeguato.
Ovviamente il lungo termine e' tutto da studiare ancora, visto che questo e' solo un esperimento a breve termine e geograficamente limitato. Per esempio, non si sa quale possa essere la resistenza di questi nuovi coralli a cambiamenti di temperatura in futuro e se sopravviveranno ad altri sbalzi piu' o meno pronunciati di temperatura. Il monitoraggio continuera'.
Circa i due terzi della barriera corallina d'Australia (1500 chilometri) sono in grave pericolo a causa di episodi di sbiancamento, i piu gravi dei quali fra il 2016 e 2017. La causa e' stato un aumento della temperatura che ha portato all'espulsione dell'alga che cresce dentro il corallo, togliendo linfa vitale ai coralli stessi che sono morti.
Lo sbiancamento e' una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici. La morte dei coralli non e' istantanea nel senso che se la temperatura torna al livello giusto, il corallo puo' recuperare, ma se l'aumento di temperatura persiste, allora non c'e' piu' niente da fare. E con il corallo, muore una parte importante dell'ecosistema marino che vivono in simbiosi con la barriera corallina.
Lo sbiancamento e' una conseguenza diretta dei cambiamenti climatici. La morte dei coralli non e' istantanea nel senso che se la temperatura torna al livello giusto, il corallo puo' recuperare, ma se l'aumento di temperatura persiste, allora non c'e' piu' niente da fare. E con il corallo, muore una parte importante dell'ecosistema marino che vivono in simbiosi con la barriera corallina.
Vediamo se in extremis riusciamo a salvare, un po almeno, la barriera corallina d'Australia.
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