La realpolitik alla fine trionfa su tutto. Anche sui petrolieri.
In Croazia, Bloomberg riporta che il governo ha deciso che l'approvazione finale dei decreti che autorizzano l'inizio delle attivita' petrolifere e' rimandata a dopo le elezioni.
Vanno cosi in sosta temporanea vari accordi fatti con Eni, Medoilgas/Rockhopper, INA Industrija Nafte d.d., Oando Inc e Vermilion Energy Inc per operazioni petrolifere sia sulla terraferma che in mare. Avrebbero docuto essere approvate nove concessioni in terraferma e altre tredici in mare. Tutto rimandato.
Nel frattempo due delle concessioni rifiutate dall'austriaca OMV e dall'americana Marathon Oil, per cattiva definizione dei confini con il Montenegro, invece di essere state riassegnate, sono state cancellate in toto.
Perche' hanno preso queste decisioni in Croazia? Perche' i politici sono gli stessi in tutto il mondo: hanno paura di cattiva immagine se approvano le trivelle, e quindi invece che dire si e correre il rischio di essere additati come anti-ambiente dicono "ci pensiamo dopo". Ovviamente hanno paura a dire no, perche' troppi gli interessi e le pressioni in ballo.
Il fatto di aver timore dei gruppi ambientali e' confermato dallo stesso Ministro dell'Economia
Ivan Vrdoljak che a Bloomberg dice:
“We don’t want these contracts, in which we put a lot of hard work, to become fodder in election campaign. We hope to win and sign the contracts in the first cabinet session.”
E cioe' neanche si vergogna a dire la verita'. Aspetteranno il post-elezioni per approvare le concessioni trivellanti. Da come la vede la collega Barbara Doric, il capo dell'ente nazionale di Croazia per gli idrocarburi, sono in ballo 1.2 miliardi di dollari che potrebbero entrare nelle casse croate a partire dal 2020 e per 25 anni, perche' dara' origine a -- udite udite! -- lavoro presso i porti, per la costruzione di infrastuttura petrolifiera e di smaltimento rifiuti.
Oh certo! Proprio quello che ci vuole per il turismo di Croazia, l'industria smaltimento rifiuti tossici petroliferi -- e' evidente che Barbara Doric non sa cosa succeda in tutti i posti questo tipo di industria arrivi, da Galveston a Gela, da Viggiano a Cancer Alley.
Barbara Doric vede solo il verde dei petroldollari che serivranno, magicamente, per risollevare l'economia croata, in crisi dopo sei anni di recessione, con alto deficit di bilancio e con alto debito pubblico.
I petrolieri pero' non ci stanno troppo, perche', ovviamente, vogliono i decreti ora e subito: della serie intaschiamoli adesso che i prezzi del petrolio sono bassi e c'e' poca competizione, e poi buchiamo a nostro piacimento, quando magari i prezzi sono tornati alti. Questo almeno e' la logica di Mathios Rigas, a capo della ditta petrolifera greca Energean Oil and Gas SA:
“Oil companies also don’t have time to wait for two or three years until a government makes a decision,”
Non ancora e' noto quando si votera' ma le date possibili sono una delle domeniche a partire dal 25 Ottobre 2015. In questo momento la Croazia e' guidata dal gruppo social-democratico del primo ministro Zoran Milanovic.
I ritardi su queste concessioni sono gia' di sei mesi e adesso i tempi si allungano ancora. Si e' la realpolitik che vince: la paura di perdere le elezioni in questo caso. Ma, come dico sempre, niente succede a caso, e se la politica di Croazia ha paura e' solo perche' il popolo ha fatto sentire la sua voce ed il dissenso e' cresciuto, e lo sanno anche loro.
E' il copione della vita di tutti gli attivisti: siamo noi, gente normale che gli ha messo questa paura. La realpolitik qui e' stata guidata da realpeople che hanno protestato e si sono arrabbiati. E a parte gli enormi rischi ambientali e sociali, in Croazia c'e' stato anche il modo antidemocratico in cui il governo ha deciso di aprire alle trivelle: con pochissime consultazioni con il pubblico, con programmi fatti a casaccio e scarse certezze sulla sicurezza e sul come queste trivelle possano essere compatibili con il turismo.
E' questa solo un altra puntata del petrolio in Adriatico, e certo la strada sara' ancora lunga, ma e' un passo buono e giusto. Il fatto che aspettino dopo le elezioni mostra ancora una volta l'enorme potere che abbiamo come collettivita' se usiamo i nostri numeri bene e con intelligenza.
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