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Tuesday, October 13, 2015

Cambiamenti climatici: la Exxon gia' sapeva tutto dal 1979









The greenhouse effect would require major reductions in fossil fuel combustion.
Exxon Mobil, 1982

Quanto tempo prezioso abbiamo perso nella lotta ai cambiamenti climatici perche' i negazionisti si aggrappavano a teorie sul fatto che il clima non cambia, e che anche se cambia e' tutto naturale, e che mai e poi poteva essere colpa dell'uomo?

Risposta: tanto, troppo tempo.

E la Exxon Mobil e' una delle ditte principalmente responsabili di questo fatto, secondo un meraviglioso reportage del Los Angeles Times.  

Nel 1990 uno degli investitori della Exxon, in una riunione di azionisti, aveva gia' posto il problema degli equilibri climatici che cambiano a causa del nostro uso delle fonti fossili. La Exxon tranquillizzo' tutti: avevano studiato le cose per bene e ... tuttapposto.

Intanto, nell'Artico canadese gli ingegneri della Exxon stavano gia' incorporando i piani di cambiamenti climatici e di scioglimento delle nevi nei loro progetti operativi. C'erano gruppi interi il cui solo lavoro era di capire come usare al meglio questi cambiamenti climatici per ottimizzare le operazioni della Exxon al polo nord. E cioe' non per evitare che i ritmi naturali cambiassero, ma usare questi cambiamenti per far soldi. Il capo di uno di questi reparti era Ken Croasdale, senior ice researcher che gia' in convegni petroliferi nel 1991 parlava di cambiamenti climatici che avrebbero cambiato i livelli del mare, l'estensione dei ghiacciai, gli icerberg e il permafrost.

Fra il 1986 e il 1992, ogni anno Croasdale andava negli uffici di Houston per presentare rapporti sui cambiamenti climatici alla casa madre. Fra le parole famose di Croasdale, queste, del 1992:

"Potential global warming can only help lower exploration and development costs in the Beaufort Sea."

E se c'erano problemi erano solo perche' le alterazioni dei livelli del mare avrebbero potuto portare danni alle infrastrutture petrolifere costiere, fra cui piattaforme, isolotti artificiali costruiti come supporto per i petrolieri e le loro navi, impianti marini, oleodotti e stazioni di pompaggio. Danni agli altri, alla flora alla fauna? Nessun problema, Houston.

E mentre Croasdale diceva tutte queste nelle stanze segrete della Exxon, al pubblico i gran capi dicevano il contrario: fra il 1980 e la meta' degli anni 2000, centinaia e centinaia di documenti interni dicevano che occorreva seminare dubbi e dispellere le paure dei cambiamenti climatici fra la popolazione.

E' stata la Columbia University e il suo Energy and Environmental Reporting Project assieme con il Los Angeles Times a leggersi tutte queste carte, conservate presso l'Imperial Oil collection nel Calgary Glenbow Museum e presso la Exxon Mobil Historical Collection della Briscoe Center for American History di Austin, che fa parte della University of Texas. La Imperial Oil e' al 70% di proprieta' della Exxon.

La Imperial Oil in realta' aveva gia' iniziato a trivellare in Artico, prima ancora della Shell, gia' negli anni '70. Dopo avere bucato circa venticinque pozzi avevano abbandonato tutto perche' i costi erano proibitivi: venti forti, temperature frigide, difficolta' logistiche, ghiacci impenetrabili.

Il ragionamento della Exxon era semplice. Se ci sono i cambiamenti climatici, forse le cose diventano piu' facili in Artico, no? Forse i costi e le difficolta' diventano minori? E forse ne varra' la pena. E se non lo facciamo noi, lo fara' un altro.

E fu cosi' che fra la fine degli anni 1970 e la meta' degli anni 1980 la Exxon e' stata all'epicentro dello studio dei cambiamenti climatici, con studi interni e consulenze con la Columbia University e l' MIT, con speciale enfasi sull'Artico.

Fra i vari progetti quelli di uno studente estivo, Steve Knisely, che nel 1979 predisse che l'uso indiscriminato di fonti fossili avrebbe portato all'aumento di concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera da 280 ppm, prima della rivoluzione industriale, a 400ppm nel 2010. Disse che se si voleva evitare il raddoppio di CO2 in atmosfera, si sarebbe dovuto lasciare l'80% delle fonti fossili nel sottosuolo.  "Il problema e' grande ed urgente". Era solo uno studente, ma aveva capito.

Arrivano allora modelli, simulazioni, dati presi dagli studi scientifici NASA e dal centro climatico canadese.  Erano quegli stessi dati e quegli stessi modelli che per venti anni la Exxon avrebbe poi pubblicamente detto di essere non affidabili e basati su scienza fasulla. Ma all'inizio, non c'erano contoroversie o dubbi. I cambiamenti climatici erano considerati veri da tutti gli scienziati che lavoravano per la Exxon.  I documenti interni parlano di unanimita'.  Anzi, si disse addirittura che alla Exxon avrebbe dovuto essere riconosciuto il ruolo di pioniere nello studio dei cambiamenti climatici.

Nel 1984 si giunge alla conclusione che si, i cambiamenti climatici potevano essere maggiormente sentiti nei pressi dei due poli terrestri. Gli effetti sarebbero stati irreversibili a partire dal 2030.

Nel 1991, ad un convegno di ingegneri petroliferi Croasdale disse che i gas ad effetto serra aumentano a causa della combustione di fonti fossili. Nessuno mette questo fatto in dubbio, ne che i livelli di CO2 sarebbero raddoppiati entro il 2050. Nel 1992 predisse che tutto questo avrebbe portato alla diminuzione dei costi per trivellare del 30-50%. Il suo gruppo arrivo' alla conclusione che i ghiacci del Beaufort Sea dell'Alaska nel giro di pochi anni si sarebbero sciolti per tre o anche cinque mesi l'anno, invece che i due prima di allora, rendendo piu' lunga la finestra di tempo utile per le trivellazioni in Artico.

Ci hanno azzeccato. 

In Alaska la stagione dei ghiacci disciolti dal 1979 ad oggi si e' allungata di 79 giorni, due mesi e mezzo.

Successivamente, la Exxon Mobil e la Imperial Oil assunsero Stephen Lonergan, geografo canadese. Da lui volevano sapere esattamente cosa fare, da un punto di vista pratico, per ottimizzare percorsi e progettazione di oleodotti in Artico.

Ma Lonergan non pote' essere specifico. Nessuno avrebbe potuto. Disse che l'aumento delle temperature in Artico dovute alla combustione di fonti fossili "non si possono ignorare". Che oltre agli aspetti postivi si sarebbero dovuti tenere in considerazione i costi per manutenzione, stabilita' di oleodotti ed edifici costruiti su quelli che si pensavano essere ghiacciai perenni ma che invece avrebbero potuto sciogliersi da un giorno all'altro. Che non si possono ignorare possibili inondazioni, tempeste potenti. Che le fluttuazioni climatiche avrebbero potuto portare a effetti non prevedibili non solo per l'Artico ma per il resto del pianeta. Che le temperature e le precipitazioni estreme dovrebbero essere considerate di grande preoccupazione per la progettazione di infrastuttura petrolifera e per gli impatti si quelli esistenti.

In sostanza disse che era tutto troppo grande per una azione specifica. 

J.F. “Derick” Nixon,  ingegnere geotecnico predisse che le temperature dell'Artico avrebbero potuto aumentare di 0.2 gradi ogni anno ce che questo avrebbe potuto danneggiare le strutture costruite sul permafrost.

PBS ha creato un bellissimo documentario sul ruolo della Exxon nel discreditare i cambiamenti climatici chiamato "Hot Politics". 

Da allora sono passati 25 anni. Tutte le previsioni della Exxon sono ancora valide. Alcune si sono gia' avverate. L'aumento delle temperature in Artico e' stato di tre-quattro gradi centigradi, mentre nel resto del pianeta e' stato di 0.85 gradi centigradi.  La Exxon Mobil e la Imperial Oil detengono 400 mila ettari di permessi trivellanti in Artico. Croasdale fa ancora il consulente per la Exxon.

Tutto il resto del pianeta, in un modo o nell'altro, ha avuto esperienza dei cambiamenti climatici.

1 comment:

@enio said...

in Abruzzo, davanti ad Ortona, per il nostro premier è più importante trivellare per trovare il petrolio che la natura devastata da simili trivellazioni.L'Italietta andrà a finire male.