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Friday, August 6, 2010

In Val d'Agri petrolio nelle sorgenti



Purtroppo non ho tempo di aggiornare il blog con tanta assiduita' in questi giorni in cui sono in giro per l'Abruzzo a parlare di petrolio. Ecco allora un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno su cui riflettere. Come sempre, non c'e' piu' rispetto, non c'e' piu' sacralita' per niente.

Qui il testo originale


Dal nostro inviato FABIO AMENDOLARA

CALVELLO - La parte di schifezza oleosa è visibile a occhio nudo. E tutti si chiedono dove arriverà. Perché quello che passa da contrada Autiero di Calvello è un piccolo ruscello che scende fino a valle. E a valle, lo tengono ben presente gli investigatori che hanno sequestrato l’area, c’è la diga del Camastra.

Il nastro bianco e rosso tiene a bada i turisti ma non le vacche che qui, quando l’area non è sfruttata per i «picnic», pascolano indisturbate. Il tour dell’acqua sotto inchiesta comincia da Calvello. La prima sorgente che s’incontra salendo verso la montagna è lungo la strada comunale. «Sorgente dell’Acqua Sulfurea». Il cartello indica che l’acqua non è potabile per inquinamento «chimico e batteriologico». «È lì dal 2004, ma nessuno ha pensato di rifare le analisi», dice Alfonso Fragomeni, avvocato calabrese appassionato di mountain bike e di natura che vive a Calvello da anni.

È stato lui a segnalare, qualche anno fa, che vicino al ponticello di località Acqua dell’abete, a oltre mille metri d’altezza, «c’erano liquami oleosi». E sul «Giornale di Calvello», un foglio d’assalto locale che tengono in vita tra mille difficoltà Pinuccio Vitacca e Luigi Casalaro, già da tempo si chiede: «Ma come è che in un’area incontaminata affiorano liquami oleosi?».

Quei liquami sono riaffiorati nei giorni scorsi. Gli investigatori del Corpo forestale dello Stato hanno effettuato un sopralluogo e depositato un’informativa in Procura. I magistrati Sergio Marotta e Salvatore Colella hanno disposto il sequestro.

«Io quest’acqua l’ho bevuta sempre», dice Nunzio, di professione cuoco. È fermo davanti al cartello dell’acqua sulfurea in compagnia di un amico. «Veniamo qui dopo pranzo, per stare un po’ al fresco», dice. «E vorremmo proprio sapere se la sorgente è ancora inquinata».

Poco più su c’è l’area attrezzata di contrada Autiero. I sigilli della Forestale sono in bella vista. L’acqua è sporca, melmosa e di color ruggine. «Qualche anno fa era limpida e pulita», dice Giampiero D’Ecclesis, geologo, che per l’Università della Basilicata fece un monitoraggio.

E la sospetta presenza di idrocarburi? «Quando facemmo i prelievi e le analisi - dice il geologo - in quell’acqua non ne trovammo». Gli altri sigilli della Procura sono all’Acqua dell’abe - te, un’area attrezzata con tavoli, panche e fornaci per l’arrosto. Qui l’amministrazione, in via preventiva, ha chiuso la fontana. Nelle pozzanghere che costeggiano il piccolo ruscello c’è la stessa acqua oleosa che è arrivata più giù. Un cartello avverte: «Area sottoposta a sequestro giudiziario ». A dieci giorni dal ferragosto.

petrolio"NON E' LA PRIMA VOLTA CHE ACCADONO COSE DEL GENERE"
«Ci troviamo di fronte a strani liquidi che minacciano delicatissime e vulnerabili falde acquifere dovute a vicine installazioni petrolifere ed oleodotti. In attesa di conoscere l’origine dell’incidente e nel sollecitare gli organi giudiziari ad assicurare alla giustizia i responsabili di questo ennesimo disastro petrolifero che interessa il parco nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese, la Ola ricorda come questo episodio segue analoghi provvedimenti giudiziari relativi alla sorgente Acqua dell’Abete, sempre in territorio di Calvello, in cui il Corpo forestale dello Stato sequestrò l’area nel mese di novembre 2008 e di analogo inquinamento della sorgente Acqua Sulfurea ».

Lo sostiene la Ola, organizzazione lucana ambientalista, in una nota diffusa ieri pomerig gio. «Nonostante la Ola abbia ripetutamente richiesto la natura delle sostanze rinvenute - viene ribadito nel comunicato - nonché la causa dell’inquinamento determinato dalla presenza di liquidi rossastri ed oleosi probabilmente derivanti dall’attività petrolifere».

Secondo l’Organizzazione lucana ambientalista, «a tutt’oggi non vi è stata alcuna risposta da parte degli enti preposti ai monitoraggi ambientali che palesano il giradisco incantanto del tutto a posto in un momento in cui si tenta di nascondere gli evidenti disastri ambientali con l’espediente delle royalties e lo sconto sulla benzina».

E ancora: «Ci meraviglia invece come la Regione Basilicata non abbia ancora provveduto a nominare il nuovo direttore dell’Arpab, con quello attuale che vede il suo mandato scaduto ormai da tempo». «Un ente che - concludono gli ambientalisti della Ola - non garantisce trasparenza e che perpetua la voluta rinuncia nell’assumere un ruolo di garante in una regione in cui la presenza delle compagnie petrolifere sembra divenuta il prezzo da pagare ai sicari dell’economia che rappresentano gli interessi del governo e delle corporazioni che agiscono in quei Paesi a forte debito pubblico, tra cui l’Italia, anche attraverso l’installazione di insediamenti petroliferi realizzati grazie a governanti complici e compiacenti ».

1 comment:

DAVIDE said...

sulla mancata nomina di un dirigente per l'arpab, non c'è da sorprendersi:in italy è purtroppo una classica poltrona data per opportunità politiche, e data la situazione, quella patata bollente nessuno la vuole.
INOLTRE SENZA UN DIRETTORE NON CI SONO RESPONSABILI, E SOPRATTUTTO è TUTTO BLOCCATO,(controlli, analisi,etc.) E FANNO UN PO' QUEL CHE CAVOLO VOGLIONO!