Monday, May 4, 2009
Il tubo di Sulmona
La SNAM - societa' nazionale auto-metanodotti che l'ENI controlla al 100% - progetta di costruire un gasdotto da Brindisi a Minerbio, in provincia di Bologna, che attraversera' l'Abruzzo. Le citta' principalmente coinvolte sono Sulmona e L'Aquila a sismicita' "elevata e catastrofica", passando per altre citta' sismiche ed artistiche di Umbria, Lazio, Marche, Puglie, Molise ed Emilia Romagna.
Il punto di partenza e' il costruendo rigassificatore di Brindisi che assieme al metano che passera' nei tubi e' di proprieta' della British gas. La SNAM gli costruisce solo l'infrastruttura nel suolo italiano. Il gas arriva liquefatto dall'Algeria, viene poi riportato allo stato gassoso nel rigassificatore, e spedito nel Nord Europa.
Un piccolo dettaglio degno di nota e' che i lavori per il rigassificatore sono fermi a causa di 5 arresti, 27 avvisi di garanzia 52 perquisizioni in tutta Italia e il sequestro del cantiere per "corruzione continuata e aggravata". Un affare da 330 milioni di euro, intrallazzi e ruberie esclusi.
Minerbio invece e' il punto d'arrivo dove esistono gia' altre tubature per il gas che arrivano dalla Russia e dalla Tunisia, e che gia' attraversano l'Italia, soddisfacendo al nostro fabbisogno nazionale.
Il gasdotto, di circa 637 chilometri, prevede la presenza di un tubo di circa un metro di diametro, interrato a tre metri di profondita'. Necessita di circa 40 metri di scasso, 20 a destra e 20 a sinistra.
Inutile dire che nei progetti della SNAM non si tiene conto ne' di aree protette, ne' di fiumi, boschi, falde acquifere, centri abitati e sismicita', come denunciano gli umbri che si sono riuniti in varie associazioni no-tubo.
In piu' il gas delle tubature ogni tanto deve essere spinto per farlo andare nella direzione desiderata, ed ecco dunque la comparsa di cosiddette stazioni di compressione. La SNAM ne vorrebbe mettere una a Sulmona. Che sia una citta' di sismicita' a grado uno, "elevata e catastrofica", non importa.
Come riporta Primadanoi, l'unita' di compressione dovrebbe sorgere a due chilometri dalla citta', in 12 ettari di terra coltivati ad uliveti in una area di 'preminente interesse agricolo', vicino ad un sito archeologico, e vicinissimo al parco nazionale della Majella.
Anche qui la storia si ripete: come per la raffieria di Ortona ci sara' la necessita' di una modifica del piano regolatore che trasformi questi terreni da agricoli ad industriali. L'ENI-SNAM non esclude la possbilita' di futuri ampliamenti.
Come da copione, la SNAM-ENI dice che va tutto bene, nonostante i loro stessi studi mostrano come i fumi di turbocompressione e del riscaldamento del gas emetteranno, 12 microgrammi per metrocubo l'ora (=11 ppm) di monossido di carbonio, e 52 microgrammi l'ora (=0.022ppm) di ossidi di azoto. La centrale funzionera' 24 ore su 24. I limiti americani in materia sono si 9ppm per il CO e di 0.053 ppm per i nitrati.
La centrale negli USA sarebbe considerata fuorilegge per le troppe emissione di CO. Ma si sa, gli italiani nascono con i polmoni di ferro.
Infine, proprio come ad Ortona, la centrale di Sulmona portera' a sei o sette posti di lavoro perche' tutto verra' manovrato elettronicamente da San Donato Milanese.
L'unica (e ottima) differenza con il caso Ortona, dove la ditta del sindaco Fratino ha portato a casa in un anno 1 milione di euro in appalti ENI, e' che il consiglio comunale di Sulmona ha espresso all'unanimita' parere negativo a questa centrale, il 23 febbraio 2009.
Vedremo come si svolgera' la situazione. Voglio pero' precisare una cosa. Uno potrebbe dire: beh, il gas ci serve, alla fine dei conti e' solo un tubo sotterrato e il metano lo usiamo tutti. In effetti, potrebbe anche essere cosi', se non fosse per due lievi dettagli:
1) la SNAM in tutti questi progetti non chiede niente a nessuno, traccia linee come se il territorio gli appartenesse, non spiega, non parla, non chiede. Pensano che Sulmona, L'Abruzzo, l'Umbria gli appartengono. Questa mentalita' non va assolutamente bene.
2) Il fatto piu' grave, e' che il gas non e' ne per abruzzesi, umbri o laziali, ne per gli italiani, ma solo per farci correre il gas della British Gas. In Italia abbiamo gia' metanodotti a sufficienza per il fabbisogno nazionale. Lo stesso Scaroni afferma che lo scopo piu' grande e' quello di trasformare l'Italia "nell'hub del gas internazionale", una specie di autostrada dove gli altri mettono tubi, inquinamento e centrali di compressione a loro uso e consumo e noi stiamo zitti, come dei fessi.
Cosa resta agli italiani? Niente, perche' la British gas, e chiunque altro usera' questo gasdotto, paghera' i diritti di passaggio allla SNAM (=ENI), e non certo a noi.
Ecco le parole di Scaroni alla Commissione attivita' produttive della Camera:
"Certamente l’Italia ha più pipelines di qualsiasi altro paese europeo. Nessun altro ne ha così tanti, se poi avessimo anche 7-8-10 rigassificatori potremmo essere un hub. Ma vedo che si fa fatica a farne 1 o 2, mentre in Spagna se ne fanno ben 9. Mi sembra che sia un treno già partito sul quale faremo fatica a saltare”.
Di grazia, ci puo' spiegare perche' dovremmo saltare su questo treno? Cosa ne guadagnano gli italiani? A chi andranno i benefici?
Fonti: Petrolio.Blogosfere, Il Corriere dell'Umbria, Il Corriere del web, La Nazione, Il Corriere della Sera
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5 comments:
chi vuole stamparsi dei volantini li può prendere qui:
http://noabruzzopetrolifero.blogspot.com/2009/05/volantini.html
ciao!
Ciao a tutti, vi consiglio di andare a vedere alcune foto dei territori dove vogliono passare in umbria, mappe ed informazioni all'interno del sito del " Comitato No Tubo":
http://notubo.blogspot.com/
Vi consiglio di leggere questa dichiarazione del ministro Scaiola e di Enrico Letta:
http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/2009/04/25/1017237-dalla_fine_2009_italia_potra_contare_miliardi_metri_cubi_anno.shtml
http://www.confindustriaixi.it/it/news/infrastrutture_energia_240309.html
Questo dimostra la falsità dei nostri amministratori che, quando la Russia minacciava di chiudere i suoi rubinetti, ci mettevano in allarme con il rischio di rimanere al freddo. Il tutto invece per giustificare i loro progetti, fatti per far guadagnare le solite multinazionali. Difatti i dati Snam parlano di consumi di gas fermi in Italia dal 2006. E' assurdo poi parlare nel 2009 di aumentare i consumi degli idrocarburi (ragione adottata per giustificare questo progetto ed altri progetti) quando ci sono tecnologie che ne permettono la riduzione. Tecnologie sperimentate (il solare termico da me personalmente)che consentono non solo di ridurre i consumi ed emissioni inquinanti ma anche i costi delle bollette. E questo a loro ovviamente non conviene. Ed ecco quindi questi nuovi progetti che andranno ad intaccare territori ambientalmente ancora sani (forse gli ultimi), deputati alla conservazione dell'ambiente (SIC, ZPS), senza che nessuna amministrazione si sia minimamente opposta. E i cittadini, inconsapevoli fino a poco tempo fa, dovranno subire i danni ambientali ( per i territori dove passerà non si può parlare di un semplice tubo che va sottoterra, vedere VIA dell'umbria) i danni economici (attività agrituristiche che subiranno un forte danno di immagine, diminuzione del valore degli immobili in quanto terristori privi di infrastrutture, terreni tartuficoli distrutti) e i rischi idrogeologici e sismici. Il tutto in barba alle leggi di tutela ambientale.
Vi fornisco il link di un filmato sull'opera:
http://www.youtube.com/watch?v=IoT4NgHKzUY&feature=PlayList&p=1C487148B91577B9&playnext=1&playnext_from=PL&index=3
Ciao
stefano, mi hai scritto anche qualche tempo fa. ieri cercavo di rintracciare i tuoi recapiti, ma non ci sono riuscita, poi ho capito che non era fra gli email che dovevo cercare ma fra i commenti al blog.
volevo ringraziarti per la segnalazione di questa storia del gasdotto, e per richiederti link vari, che ora ci mandi.
grazie di avere commentato. ho messo su il tuo filmato e i link.
Questa storia del tubo e' di nuovo l'ennesima prova che all'ENI (in questo caso sotto il nome SNAM) non gliene importa proprio nulla, ne di noi, ne dell'Italia.
Ciao, e grazie - MR
GARGANO: UN CIMITERO DI NAVI INQUINANTI AFFONDATE NELL'ADRIATICO
fonte:
http://www.sanmarcoinlamis.eu/content/view/1610/1/
vale la pena di leggerlo tutto, in fondo all'articolo si legge:
Dagli archivi degli ospedali locali emergono patologie inquietanti sulla popolazione del Gargano (220.000 residenti) e di Capitanata (800.000 cittadini): leucemie mieloidi e tumori alla tiroide superiori del 50 per cento alla media nazionale. «In quest’area priva di insediamenti industriali non si discute se vi sia o meno rischio causato dalla contaminazione tossica e nucleare: vi è purtroppo la certezza. Si discute sulla quantità di individui colpiti», denuncia il dottor Fernando D’Angelo, presidente nazionale di Medicina Democratica. «La radioattività riscontrata ha innescato sinergismi imprevedibili: cancro, leucemia, malformazioni in prenatalità, anomalie della crescita». Eppure esiste più di un precedente. Veleni micidiali sono stati sversati nell’Adriatico dalla metà degli anni Settanta e tra i primi responsabili, secondo sentenze ormai passate in giudicato, c’è l’Anic-Enichem, autorizzata dal governo italiano a gettare nell’Oceano Atlantico e nel Golfo della Sirte in Mediterraneo, i propri scarti chimici. In realtà, per anni, per risparmiare sui viaggi, a poche miglia dal litorale garganico, gli uomini alle dipendenze del “gigante buono”, abbandonavano in mare ben «novemila tonnellate di rifi uti pericolosi» ogni venti giorni.
La vicenda, scoperta casualmente il 17 novembre 1980 a causa dei gravi malori del vice comandante Primiano Giagnorio, è racchiusa in un fascicolo processuale dimenticato. Il procedimento penale si è concluso il 20 gennaio 1988 con sentenza di condanna a 8 mesi di reclusione per Alessandro Camurati, armatore della nave Irene e due suoi uffi ciali. Angelo Dell’Utri e Matteo D’Errico (comandante e vice) ammisero in sede dibattimentale che «i rifi uti erano sempre stati scaricati in Adriatico dinanzi al Gargano». Gli eczemi a pelo d’acqua continuano imperturbati a danneggiare l’ecosistema marino. La zona off limits A nord delle isole Diomedee, infatti, si nota ancora oggi un rosso intenso che s’accentua al tramonto. È la zona di affondamento che i pescatori locali evitano come la peste: l’ecoscandaglio segnala 117 metri di profondità.
«Qui sotto ci sono schifezze d’ogni genere», denuncia Michele Matassa, un giovane lupo di mare. «Da quando sono morti diversi miei colleghi noi pescatori non ci veniamo più. L’abbiamo denunciato alla Capitaneria di Manfredonia, ma non ci danno retta». Per un decennio in questa area naturalistica, trasformata in tombino industriale, ma anche al largo di Otranto, un’altra nave dal nome suadente, l’Isola Celeste (di proprietà della Finaval di Palermo, noleggiata anch’essa dall’Enichem) dal 1982 in poi ha sversato sui fondali tremila tonnellate alla settimana di scorie industriali. Dopo un accertamento scientifico sulla moria di fauna marina, che stabilì un nesso di causalità con gli scarichi ordinati dall’Eni, la magistratura dispose il sequestro della nave-cisterna. Gli esami hanno accertato che «nei reflui dell’Eni sono presenti mercurio, cromo, fenoli, solventi ». Gli stessi composti che ancora oggi uccidono per emorragia gastrointestinale i delfini e le tartarughe che vivono in questa discarica marina.
grazie giusue' - lo schifo di ENI e compari sembra non finire mai.
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