Il primo ministro Jacinda Ardern il giorno del suo insediamento
I blocchi petroliferi della Nuova Zelanda
L'annuncio arriva dal primo ministro Jacinda Ardern. La Nuova Zelanda vieta tutte le nuove trivelle a mare per petrolio e gas.
Il primo ministro Ardern, che ha iniziato la sua attivita' ad Ottobre 2017, dice che questo e' un passo obbligatorio, avendo il paese firmato gli accordi di Parigi, e avendo come obiettivo quello di arrivare alla "carbon neutrality", il pareggio fra emissione e riassorbimento di anidride carbonica in Nuova Zelanda.
Il piccolo nodo e' che il divieto si applichera' solo a concessioni future e non quelle gia' esistenti.
Ce ne sono 22 in azione in questo momento, molte delle quali per ricerca di petrolio e che occupano un area di 100,000 chilometri quadrati di mare, che potrebbero vivere fino al 2030, tempo massimo della loro scadenza.
Anche le trivelle onshore potranno andare avanti.
Cio' nonostante e' un piccolo-grande progresso, da celebrare.
Ovviamente l'industria del petrolio e del gas e' in allarme. La ditta New Zealand Oil and Gas dice che non ne sapeva niente e che questo cambio inaspettato di politica e' in conflitto con le promesse precedenti fatte dal governo di Ms. Ardern prima delle elezioni.
Dicono che verranno messi a rischio quasi 2 miliardi di dollari di introito dall'industria del petrolio e che tutto questo non fara' altro che aumentare la produzione di petrolio da altre parti del mondo.
Invece il partito di destra chiamato National Party parla di vandalismo economico e dicono che il divieto non portera' a nessun progresso ambientale.
Bla bla di una industria morente. Le abbiamo gia' sentite tutte in Italia!
Jacinda Ardern ha 37 anni e durante la campagna elettorale aveva fatto molte promesse ambientali: 100% energia elettrica rinnovabile entro il 2035, carbon neutrality entro il 2050. Questo divieto alle nuove trivelle offshore rientra nella sua missione di una Nuova Zelanda ancora piu' green.
Dice che il fatto che il divieto e' per concessioni future dara' un po di spazio e di tempo per chi gia' lavora nell'oil and gas nel paese e che per l'immediato non cambiera' niente. E' solo che da un segnale per il futuro, e che la direzione nuova in cui si vuole andare non prevede le trivelle a mare.
Dal mio punto di vista, come detto sopra, e' un ottimo passo in avanti, ma occorre fare di piu', piu' in fretta, con piu' paesi, in terra, in mare. Occorre liberarsi dalle trivelle il piu' in fretta possibile, e questo perche' siamo ingoiati dall'inquinamento fossile, dai cambiamenti climatici, dalla plastica che soffoca tutti noi.
La storia della Nuova Zelanda mi fa tornare in mente il divieto delle trivelle a 12 miglia nel nostro paese e quanto sudore e quante lacrime ci siano state dietro. Siamo stati bravi. A differenza che in Nuova Zelanda, dove e' stato il primo ministro a volere questo divieto alle trivelle offshore, in Italia siamo stati noi, persone normali, a spingere per questo obiettivo, partito se uno ci pensa bene, nel 2008 per evitare Ombrina Mare in Abruzzo. Matteo Renzi a suo tempo non ha potuto non piegarsi alla volonta' popolare e nel 2016, voila', il divieto.
E' un vero peccato che in Italia non abbiamo politici degni di questo nome. Quante cose in piu' avremmo potuto fare con una classe politica preparata, intelligente, colta, lungimirante in tema ambiente?
Quante cose in piu' avremmo potuto fare se Renzi (o Gentiloni o Galletti o Franceschini o chi per loro) veramente ci avessero creduto alla difesa dell'ambiente?
Perche' si, il divieto delle 12 miglia e' un bellissimo traguardo, come la morte di Ombrina e delle altre 26 concessioni che sono morte con lei quel giorno, ma c'e' molto da fare.
Chiudere tutto l'Adratico alle trivelle, accordarsi con Croazia e tutti gli altri paesi che li si affacciano per evitare qualsiasi altra nuova struttura, qualsiasi altro airgun.
Non e' stato cosi.
Ma quanto ne avremmo guadagnato in termini di salute, ambiente, rispetto internazionale?
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