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Wednesday, February 27, 2019

Gli Australiani della Po Valley: abbiamo ottenuto autorizzazioni per trivellare in Emilia Romagna



15 Gennaio 2019

I petrolieri annunciano di avere avuto approvazioni 
per nuove trivelle vicino a Bologna. 











Last month, the Italian Government granted the Selva field a preliminary award for the Production Concession and Selva remains on course to begin first production in 2020.

Po Valley
Scritto il giorno 8 Febbraio 2019

Cioe' hanno ricevuto permessi preliminari a Gennaio 2019


The preliminary award of the Selva production 
licence is a key and major regulatory milestone 
in advancing our Selva project towards production. 

Selva will be generating significant cash flow for Po Valley

CEO Michael Masterman
Po Valley


Ora non e' che uno vuole infierire sul M5S o sulle loro promesse che continuano a sciogliersi sotto il sole di primavera.

Ma sono varie settimane che cerco di capire cosa succede alla concessione Podere Gallina, e al campo minerario Selva Mazzeni, in Emilia Romagna, di proprieta' della Po Valley d'Australia.

Ne avevo scritto subito dopo l'insediamento del Ministro Sergio Costa: gli Australiani avevano fatto domanda di trivelle nel Giugno 2018.  Il post e' qui. 

Ho seguito un po la vicenda nel corso dei mesi, ma nonostante mi ci sia davvero impegnata, dai siti ministeriali M5S/Lega e' impossibile capire qualsiasi cosa, perche' le pagine interattive, con la storia delle concessioni, i loro iter, e le mappe sono scomparse.

E sono scomparse da mesi.

Fosse stato il PD avremmo tutti gridato alla censura!

Cosi tutto quello che posso fare e' di leggere i comunicati agli investitori fatti ormai piu' di un mese fa dalla Po Valley Energy d'Australia e che sono alquanto inquietanti.  Si, la Po Valley, quelli che dicevano, per bocca del loro rappresentante Pierluigi Vecchia, che volevano trivellare in Emilia Romagna per motivi affettivi!

Adesso tutto questo affetto viene riversato sulla concessione Podere Gallina e sul campo Selva Malvezzi non lontano da Bologna. Il giorno 15 Gennaio 2019 quelli della Po Valley dicono di avere ricevuto una prima autorizzazione a trivellare il loro primo pozzo produttivo.

Ehhh??

Ma come... non avevamo una moratoria?

Chi ha firmato questa autorizzazione? 

Non aveva detto il Ministro Costa che non avebbe firmato trivella alcuna?
Lo sa il Ministro Costa che questa Po Valley ha avuto questa non meglio precisata autorizzazione?

Perche' nessuno ne ha parlato?

Perche' l'ho dovuto scovare io dall'altro lato del pianeta?

Come detto, dai siti ministeriali non si capisce niente perche' non c'e' niente, e io non so se siano stati censurati, oscurati, o nascosti.

Ma la stampa internazionale non offre nascondigli ed e' chiara. Il governo ha approvato. 

E si, gli ho pure scritto a quelli del ministero ma danno risposte che non sono risposte, ma del tipo: occorre aspettare. Ma aspettare cosa? E quanti mesi? E perche' non potevano tenere su le pagine vecchie che era l'unica cosa buona che funzionava sotto Galletti e Franceschini? 

Come detto, in mancanza di altre informazioni, ci atteniamo a quelle dei petrolieri.

Selva e' per il 63% della Po Valley,  il restante 20% e' della United Oil and Gas britannica e per il 17% della Prospex Oil and Gas, britannica anche lei.

La Po Valley dice che ha sottomesso i documenti al governo italiano a meta' anno 2018 (sotto il governo Lega/M5S? non e chiaro) e che dopo questa prima approvazione del Gennaio 2019 (da chi? per cosa?) le approvazioni finali arriveranno all'inizio del 2020.

Si aspettano di completare pozzo ed oleodotto entro la fine del 2020. Il CEO Micheal Masterman dice che l'approvazione di Gennaio 2019 e' una "pietra miliare" nell'avanzamento del loro progetto trivellante.

Ma cosa vogliono fare qui? Prima ispezioni sismiche in 3D, poi trivellare alla ricerca di gas.  La stima e' di circa 330 milioni di metri cubi in giacimento e ci si aspetta di estrarre 150 mila metri cubi al giorno. E siccome Selva e' vicino all'altro campo petrolifero Podere Maiar gia' trivellato nel 2017 e pure questo dentro la concessione Podere Gallina l'idea ulteriore e' di costruire un impianto per il trattamento di gas a Podere Maiar e una connessione sotterranea di un chilometro per collegare i pozzi delle due concessioni alla rete nazionale.

E non finisce qua. Dicono che si vogliono allargare con altre ispezioni sismiche perche' pensano che ci siano altri idrocarburi a Selva Est, Fondo Perino, Selva Sud,  Riccardina, Cembalina tutti dentro o vicino a Podere Gallina. Cosi, visto che ci siamo.. facciamo ispezioni sismiche dove capita capita.

Gia' prevedono che da Selva Est a 7 km da Selva Mazzeni ci sara' circa 1 miliardo di metri cubi di gas.

La concessione Podere Gallina  si estende per 330 kmq. 

Perche' fanno questo? Che domande. Ecco qui la voce della verita':


e cioe' si aspettano un "flusso significativo di denaro" da Selva e dall'Italia specie perche' in Italia i prezzi del gas, secondo loro, sono cresciuti del 50% nel 2018. 

... E come potevamo non sospettarlo, e' sempre il vile denaro!

Gli affari sono particolarmente appetibili perche' l'Italia continua ad importare il 90% del suo gas e ovviamente questi furbacchioni della Po Valley invece di dire spingiamo di piu' con le rinnovabili ci tirano ancora la panzana che dobbiamo continuare a trivellare, trivellare, trivellare per arrivare al "gas di transizione" verso l'energia pulita.

Ma quanto dura questa transizione? Ma non lo sanno questi che nel resto del pianeta in molte parti si parla e si programma per il 100% rinnovabili? Che il gas-transizione era solo una maschera per continuare con gli idrocarburi, in un modo o nell'altro?

Ma che gli importa. Andiamo avanti con i buchi, come i tossici.

La Po Valley ha rilevato diverse vecchie concessioni nel Nord Italia, quasi tutte un tempo dell'ENI e dicono che questo e' il sesto successo che ottengono, nel riportare in vita campi gia' dati per esausti.
Per esempio, Selva e' stata operata dall'ENI per 35 anni, e da qui sono stati gia' estratti circa 2 miliardi di metri cubi di gas da 15 pozzi. 

Nell'area ci sono 5000 pozzi, fra attivi e dismessi.

Sergio Costa, lei ha qualcosa da dire?

Perche' le pagine ministeriali sono scomparse?

Perche' non ci e' dato vedere cosa e' stato firmato e da chi? 

Perche' lei non ha mai sentito il bisogno di parlare alla gente di questa concessione che va in giro da giugno 2018 e di cui io stessa ho scritto otto mesi fa?

Chi lo dira' alla gente di Bologna?

Cosa puo' spiegarci lei?

Le sembra normale che debba essere un volontario dall'altro lato del pianeta a suonare l'allarme, o a seguire le vicende a mo' di giornalista investigativo per amor di patria?

E no, guardi, l'ignoranza, cioe' dire "non lo sapevo", non e' giustificabile. Se lo so io cittadino normale, lo *deve* sapere lei, ministro dell'ambiente.
 
E' bello e facile fare i proclami, ma poi occorre mantenere le promesse, spiegare alla gente e soprattutto non censurare le pagine dei siti ministeriali.  A tuttora, e ho letto tutti i comunicati possibili delle ditte in questione, non e' ancora chiaro chi ha firmato questa autorizzazione e perche'.

Potrei sbagliarmi ma il fatto resta che i siti MISE non contengono piu' informazione alcuna e che uno non sa dove deve andare a leggere - trasparenza zero.

Spero di sentire da lei e dai nostri politici che ne sara' di Podere Gallina e dei nuovi bucatori australiani.

PS: Anche le pagine del Ministero dell'Ambiente sono state oscurate. Ecco qui cosa compare
















Sunday, February 24, 2019

Claudio Descalzi: 400 tonnellate di petrolio ENI nelle falde della Val D'Agri. Vuole dire qualcosa di sensato?


Claudo Descalzi







 Claudio Descalzi a promettere aria fresca a Pertamina, ditta Indonesiana

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Viggiano, dove l'aria fresca e' merce rara



 
 L'operato dell'ENI in Basilicata, dove le tabelle sono color vergogna:
tutti i valori in rosso sono fuori da ogni limite. 

Qui in Val D'Agri alle loro promesse non ci crede piu' nessuno!

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Ogni tanto vado a leggere le iniziative "green" dell'ENI.

Un po per ridere, un po per vedere cosa si inventano i nostri petrol-amici per giustificare gli schifi che vanno facendo all'ambiente e alle democrazie nel mondo.

Iniziamo dalla raccolta di oli usati da cottura per farci biocarburanti.

Pare che l'ENI abbia creato una partnership con la RenOils per il riutilizzo di oli vegetali in Italia, e che questi saranno processati a Porto Marghera, alla raffineria un tempo black, ora "green" davanti a Venezia. Nel 2018 hanno raccolto 75mila tonnellate di oli, che sono solo il 25% degli scarti annuali del nostro paese.

RenOils con i suoi 254 centri associati vuole incrementare questa percentuale, e sta lavorando con l'Universita' Tor Vergata per creare biocarburanti nuovi.

E' certo una bella cosa, se non che Porto Marghera e' stata essenzialmente sacrificata ai profitti ENI decenni fa, e green o black, e' sempre un area ambientalmente infelice.

Bella cosa e' all'apparenza anche il Clean Beach project che la nostra beneamata ha promosso in Ghana. E' un progetto per ripulire le spiagge di Sanzule, Bakanta, Krisan e Eikwe, nella parte occidentale del Ghana, dalla monnezza.

Hanno pure promosso un “Clean Beach” day il 31 Gennaio 2019 alla presenza di politici, e altri petrolieri. Hanno raccolto 500 chilogrammi di plastica e in generale 11mila chilogrammi di immondizia di vario genere che e' stata trattata secondo i parametri dell'ENI e del Ghana.

Hanno poi, bonta' loro, regalato materiale di pulizia, ramazze e sapone, alla comunita per aiutare a creare una cultura del rispetto del mare.

Che generosi, eh?

Notare che Sanzule, Bakanta, Krisan e Eikwe sono tutte nei pressi della OCTP’s Onshore Receiving Facility, da dove arriva il gas del cosiddetto Sankofa field e che l'ENI opera qui dal 2009.

Certo, organizzare un giorno di pulizia al mare non e' niente per l'ENI, considerata la montagna di profitti che portera' via da qui qui, e di altro tipo di monnezza in aria e in mare che lascera' dietro di se in Ghana. 
 
Vedi Nigeria.

Di recente la nostra amica ha anche firmato accordi con una ditta Indonesiana, la Pertamina, la petroditta nazionale dell'Indonesia per creare non meglio specificate opportunita' di "economia circolare" e "biocarburanti a basso impatto ambientale" con le sue due sussidiarie Syndial (ambiente) e Versalis (chimica). Hanno anche paralto di reciclaggio, riutilizzo e eco-design. Ovviamente non poteva mancare la costruzione di una ... bioraffineria in Indonesia!!

Mmmh.

Mi domando dove sia tutto questo eco-desgin, economia circolare, e amore di pianeta a Viggiano, Val D'Agri, Basilicata, Italia.

Chissa' perche' allora queste cose non mi convincono per niente, e chissa perche' mi paiono solo futili tentativi di ricrearsi una immagine ambientale in paesi e localita' che hanno gia' rovinato, Porto Marghera, o che stanno rovinando, il Ghana, o che rovineranno, l'Indonesia.

Soprattuto non mi convince perche' intanto, qui in Italia, ogni giorno ne vengono fuori delle belle sul modo malsano in cui l'ENI ha trattato ambiente e persone in Basilicata e che mostra che ENI ed ambiente sono incompatibili, nonostante tutte le balle e tutta la petrol-propaganda.

E infatti viene fuori che l'ENI ha inquinato i terreni attorno alla Val D'Agri in modo spettacolare fra l'Agosto ed il Novembre del 2016.

Quattrocento tonnellate di petrolio finiti in ambiente per la precisione dal serbatoio D del Centro Oli di Viggiano su 6mila metri quadrati, con contaminazione di falda e "contaminazione anche esterna al perimetro".

A suo tempo l'ENI disse che un piu' della meta' del petrolio era stato recuperato e che .... tuttapposto. 
 
E' sempre tuttapposto. 
 
L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e l'Agenzia Regionale per il Territorio e l'Ambiente (ARTA) della regione Basilicata andarono invece a fare controlli di quelle stesse acque sotterranee nel 2017.

Come si puo' vedere dalle tabelle sopra .. e' tutto rosso!

Cioe' i valori misurati da ARPA e da ISPRA di inquinanti nelle faglie attorno al serbatoio D del Centro Oli sono tutti oltre le soglie legali.

Nelle falde lucane attorno al Centro Oli c'e' dunque un po di tutto - ferro, manganese, idrocarburi policiclici aromatici: benzo(a)antracene, benzo(a)pirene, benzo(b + k)fluoranten, benzo(g,h,i)perilene, crisene, dibenzo (a,h)antracene, indeno (1,2,3-c,d)pirene, pirene, idrocarburi, composti organici aromatici.

Tutta salute, eh!

L'ENI dice che tutto questo ferro e manganese e' un “fondo naturale” ma a Gennaio del 2019 l'ISPRA presenta una sua relazione completa e parla di analisi incomplete nei monitoraggi dell'ENI
 
Per di piu' l'ISPRA nota come alcuni piezometri dell'ENI sono stati messi male, ovviamente in modo da avvantaggiare l'ENI stessa e cioe' da non intercettare le falde!

I piezometri servono per misurare le pressioni dei liquidi, per prendere campioni d'acqua da cui si risale poi alla concentrazione di inquinanti. 

Uno direbbe: ma questi campioni dell'ambiente e delle best available techonologies che trivellano in mezzo mondo, sapranno pure posizionare un tubicino nel posto giusto, no?  E invece no, i piezometri non sono la loro specialita'!

La conclusione di tutto cio' e' che la regione Basilicata, finalmente sveglia dopo un lungo petrol-torpore, denuncia l'ENI per l'inquinamento subito e per i mancati versamenti delle royalties durante tutti i mesi in cui il Centro Oli di Viggiano e' stato chiuso per rimediare il danno.

Mi chiedo quanto piu' importante il secondo fattore sia stato rispetto al primo!

La seconda conclusione sono le parole assurde di Claudio Descalzi che dice:

Sulle trivelle ed in generale io penso che la crescita debba essere fatta minimizzando rischi ed emissioni. Bisogna avere regole, essere rigorosi e trasparenti, facendo partecipare istituzioni e comunità. È giusto che ci sia un dibattito, si aprano le porte come abbiamo fatto in Val D’Agri e a Ravenna. Poi le soluzioni si trovano.
Che significa tutto cio' in Italiano normale?

400 tonnellate sono rischi minimizzati?

Di quali soluzioni si parla?

Quando le vedremo queste soluzioni?

Dove sta questa trasparenza?

Dove sta la partecipazione della comunita' a cui per mesi non e' stato detto niente?
 
Quante altre volte e in quanti altri luoghi gli alti valori di ferro e manganese e tutta quella robaccia impronunciabile e' stata fatta passare per valori di fondo naturale?

Chiedere scusa?

Compensare?

Contemplare che il dibattito possa portare a smettere di trivellare perche' nessuno vi ci vuole?

Come e' ben chiaro allora da tutta questa storia, pulire le spiagge per mezza giornata e regalare le scope e' un atto di pura propadanda, facile da fare in Ghana, e cosi pure raccattare gli oli esausti con ditte ad-hoc o fare promesse roboanti sull'ecologia in Indonesia.
 
Piu' difficile fare le cose giuste, chiedere scusa ai lucani per il pessimo modo in cui ambiente e democrazia sono state trattate qui da 20 anni a questa parte, ed ammettere che e' il proprio modello di business che e' incompatibile con la vita e l'ambiente sano.

Quale che sia la propaganda.
 
Come sempre: occorre non farcela venire dall'inizio questa gente a cui importa solo denaro e speculazione. 
 
Mi viene schifo solo a scriverne. 





Saturday, February 23, 2019

Australia: si alle ispezioni sismiche nel Great Australian Bight, la casa delle balene








La psiche politica di questa nazione non mi e' ben chiara.

E' tutto un susseguirsi di decisioni senza capo ne coda, un giorno in favore dell'ambiente, un altro in favore dei petrolieri. E quindi posso solo concludere che non sanno quel che fanno e che i petrol-quattrini sono troppo piu' luccicanti dell'onesta' morale ed intellettuale.

L'altro ieri annunciano un miliardo di alberi, oggi annunciano che fra Settembre e Dicembre 2019 ci saranno nuove operazioni di airgun in un area di 30mila chilometri quadrati alla ricerca di giacimenti di petrolio e di gas nel Great Australian Bight. A eseguire il tutto la compagnia petrolifera PGS.

I pescatori di tonni sono sorpresi,  arrabbiati ed agguerriti.

Siamo nei pressi della Kangaroo Island e della citta' di Port Lincoln dove c'e' una consistente pesca, specie di tonni.  Il National Offshore Petroleum Safety and Environmental Management Authority (NOPSEMA) dell'Australia, ha dato il permesso all'airgun proprio in questa zona.

La PGS, che sta per Petroleum Geo-Services, ha ricevuto l'ordine di non interferire con balene e tonni che hanno qui la propria casa. Come se fosse possibile, o come se uno potesse dire a balene e tonni: attenti! Non andate per di qua che dobbiamo sparare!

La Southern Bluefin Tuna Industry Association, che rappresenta i pescatori, dice per bocca del proprio portavoce Brian Jeffriess, che se veramente le prescrizioni indicate saranno seguite, sara' veramente difficile per la PGS andare avanti. Dal canto suo, la Wilderness Society, associazione ambientale non ha avuto mezze parole.

L'airgun e' dannosa alla vita marina, e porta a lesioni, danni all'udito e perdita del senso dell'orientamento delle balene. I rumori vanno avanti senza sosta per settimane e mesi e di certo interferiranno con le attivita' di comunicazione della vita marina.

E poi ci sono domande sul turismo della zona, sulla bellezza, sulla possibilita' di scoppi, e la domanda fondamentale che e' sempre la stessa: se davvero vogliamo liberarci dalle fonti fossili, rispettare gli accordi di Parigi, come possiamo giustificare la nuova ricerca di petrolio?

E no, non bastano un miliardo di alberi. 

Ovviamente i petrolieri rispondono con le loro solite panzane.

La Australian Petroleum Production and Exploration Association cos'altro puo' dire? Che hanno una lunga tradizione di trivelle ed airgun in piena sicurezza, e che anche se si continua a trivellare, sono in pieno supporto delle energie alternative, ma che il petrolio ci serve.

I Ponzi Pilati dell'ambiente!


Friday, February 22, 2019

L'Australia a piantare 1 miliardo di alberi









Trees are our most powerful weapon in the fight against climate change.



Il primo ministro d'Australia, Scott Morrison ha appena annunciato che il suo paese piantera' un miliardo di alberi da qui al 2030 in nove foreste secondo il National Forest Industries Plan.

La prima fase delle operazioni di riforestazione durera' per 11 anni e terminera' nel 2030. Copriranno 400 mila ettari e nel corso di undici anni, verranno spesi l'equivalente di circa 9 miliardi di dollari americani. E alla fine, verrranno rimossi 18 milioni di gas serra in piu' ogni anno, grazie agli alberi.

L'idea dietro questa iniziativa e' di adiempiere agli obiettivi di Parigi, firmati nel 2015 e piantare alberi certo aiutera'.  Ma non ci sono solo i minor quantitativi di CO2 che finiranno in atmosfera, verranno creati circa 10mila nuovi posti di lavoro per creare e mantenere le foreste, ci sara' bisogno di infrastruttura e di personale di mantenimento. In piu' il legno, le fibre e potenziali frutti derivati dalle foreste verranno usati nell'edilizia, nell'industria alimentare, per creare materiale biodegradabile per applicazioni medica.

Gia' nel 2016, l'Australia aveva annunciato che avrebbe piantato 20 milioni di alberi entro il 2020. 

In questo momento circa 52,000 australiani lavorano per il corpo forestale, e si stima che fra turismo e produttivita' , le foreste d'Australia contribuiscano gia' adesso a circa 20 miliardi di dollari all'economia del paese.

Gli alberi saranno pinatati in New South Wales, Tasmania, Western Australia, nel South Australia e in Victoria border.  Altre cinque aree verranno aperte nel 2020.
Ci piacerebbe pensare che tutto questo e' fatto per amore. In realta' l'Australia non e' proprio cosi' virtuosa quando si tratta di ambiente - trivelle, miniere, deforestazione in altre aree sono in atto anche qui. La decisione di riforestare viene invece presa perche' l'Organization for Economic Co-operation and Development (OECD) rivela che il paese si trova indietro sugli obiettivi di Parigi e che vuole, come promesso arrivare al calo delle sue emissioni di CO2 fra il 26-28% entro 2030 rispetto ai valori del 1990 occorre agire un po piu in fretta.
Ogni anno l'Australia immette in atmosfera circa 500 milioni di tonnellate di CO2. Se non fanno niente, le emissioni continueranno a crescere, ed addio Parigi!

Ed ecco qui l'iniziativa degli alberi, e l'obiettivo finale del 2030. 

Vedremo allora come finisce, e se la vergogna di non mantenere poi quanto promesso allor, sara' cosi forte da fargli fare ancora di piu' la cosa giusta.

Per ora il pianeta ha l'impegno, e si spera, la concretezza di un miliardo di alberi in piu'. 


Thursday, February 21, 2019

USA: risoluzioni, cause in tribunale, ingiunzioni bipartian per vietare l'airgun in Atlantico





Il rappresentante repubblicano della Camera  John Rutherford che ha presentato una risoluzione 

Non passa giorno qui negli USA che un gruppo dopo l'altro, una citta' dopo l'altra, uno stato dopo l'altro non parlino di opporsi ai petrol-sogni arancioni del presidente arancione di questa nazione.

Siamo ormai ad 84 citta' lungo la costa pacifica che hanno mandato risoluzioni contro trivelle ed esplorazioni in oceano. Dall'altro lato dell'Atlantico, siamo a 330 citta', 2,100 politici. In totale abbiamo gli stati di Washington, Oregon, California, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, Delaware, Maryland, Virginia, North Carolina, New Hampshire, New York, New Jersey, South Carolina, Georgia e Florida, 46,000 attivita' commerciali, 500,000 famiglie che vivono di pesca che hanno espresso la propria contrarieta' all'airgun.

C'e' dunque dentro un po di tutto, giovani, vecchi, amanti del mare e surfisti, ma anche amanti dei soldi che porta il turismo. Sopratutto c'e' dentro gente di destra e gente di sinistra. Democratici e repubblicani.

Ed ecco qui dove tutto culmina: una proposta di legge bipartisan per vietare l'airgun in tutte le sue forme per almeno 10 anni. 

Arriva da dove meno te l'aspetti, ma forse un po si. E cioe' dal repubblicano John Rutherford, della Florida, che assieme al suo collega del New Jersey, Jeff Van Drew ha introdotto il cosidetto Atlantic Coastal Economies Protection Act,in risposta alla proposta di Trump di aprire le coste dell'Atlantico alle trivelle. 

I due sono rappresentanti della Camera, e la loro proposta e' pensata per fermare le cinque "Incidental Harassment Authorizations (IHAs)" rilasciate nel 2018 a cinque compagnie di petrolio che hanno cosi' il diritto di poter provare fastidio alla vita animale con l'airgun.

In poche parole: l'airgun causa danni (lo sanno tutti!) alla vita marina, con rumori assordanti che portano al disorientamento e a lesioni a delfini, balene, pesci e questo e' in teoria vietato, specie per le specie a rischio. Questa autorizzazione all'harrassment (disturbo) significa che le ditte in questione ne hanno il diritto, e cioe' sono esenti da qualsiasi tipo di punzione se qualcosa dovesse andar storto durante l'airgun.

Le Incidental Harassment Authorizations sono state rilasciate dal NOAA Fisheries ( e cioe' il reparto pesca del National Oceanic and Atmoshperic Administration), un ente che in realta' dovrebbe essere a favore della natura e del mare ma che e' stato totalmente snaturato sotto il presidente arancione.

A suo tempo Rutherford il senatore repubblicano, scrisse una lettera al segretario dell'interno Ryan Zinke cheidendogli di fermare l'airgun in Adriatico. La lettera venne firmata da 93 membri del congresso ma nessuno fece niente.

Ed ecco allora la mossa successiva:  questa proposta di legge, che vuole fermare l'airgun dal Maine alla Florida per almeno dieci anni. A sostenerala amientalisti, ma anche proprietari di business, associazioni di pesca e di turismo, albergatori.

Vediamo come procedera'.


Un altro consorzio di gruppi ambientali del South Carolina invece ha cheisto una ingiunzione per bloccare l'airgun in Atlantico, almeno finche' non ci sia un processo.  Siamo a Charleston, anche qui in zona repubblicana-conservatrice.  L'accusa e' che dando l'autorizzazione all'airgun, Trump ha violato il  Marine Mammal Protection Act, l'Endangered Species Act, and il National Environmental Policy Act. Tutte leggi per proteggere mammiferi marini, e specie a rischio di estinzione.  

Separatamente, 16 citta' del South Carolina hanno invece presentato una causa contro l'airgun in Atlantico.  Un altra causa ancora chiede la stessa cosa, ed e' portata da ben dieci attorney generals di altrettanti stati, e' cioe' la persona giuridica piu' alta di ciascuno stato. 

Le argomentazioni sono sempre le stesse, ma vale la pena qui ricordarle:  

Tutte le specie acquatiche, dal zooplankton ai delfini, dai tonni alle balene mal sopportano l'intensita' degli spari di airgun che veranno lanciati ogni 10-15 secondi per settimane o per mesi, senza sosta da molteplici sorgenti. I rumori da airgun sono fra i piu' forti nel mare. 

Vale la pena di ricordare che in Atlantico ci sono circa 411 balene rimaste della specie North Atlantic right whales; cioe' fare airgun significa mettere ancora piu' a rischio estinzione questa specie, il tutto in nome della sete di petrolio.


Tutti i governatori e il 90% dei comuni della costa atlantica ha dichiarato la propria contrarieta' all'airgun nei loro mari.

La causa ha il numero 18-3326 presso lo United States District Court, distretto del South Carolina. Il giudice che dovra' decidere si chiama Richard Gergel.

Contro l'airgun:  The South Carolina Coastal Conservation League, The Center for Biological Diversity, The Defenders of Wildlife, The Natural Resources Defense Council, The North Carolina Coastal Federation, Oceana, One Hundred Miles, The Sierra Club, the Surfrider Foundation, The Southern Environmental Law Center, the South Carolina Coastal Conservation League, Earthjustice.

E come detto, 10 attorney generals in rappresentanza degli stati di Maryland, Virginia, North Carolina, South Carolina, Massachusetts, Delaware, Connecticut, New Jersey, Georgia e New York, tutti i rispettivi governatori e il 90% dei comuni interessati.

Solo i petrolieri e il presidente arancione vogliono l'airgun.


Wednesday, February 20, 2019

Le isole Maldive finalmente salve dalle trivelle






No, non e' fantascienza. Per sei anni le Maldive sotto lo scellerato
presidente Abdulla Yameen Abdul Gayoom
hanno esguito airgun e cercato di bucare il mare.

Oggi, Abdulla Yameen Abdul Gayoom, e' stato arrestato 
per reciclaggio di denaro sporco.

I protagonisti della storia:

L'ex ministro della pesca delle Maldive, pro-trivelle Mohamed Shainee.
2013-2018

Zaha Waheed, il ministro della pesca attuale che esclude 
qualsiasi opera petrolifera nell'arcipelago
2018-presente


Il presidente uscente, Abdulla Yameen Abdul Gayoom
pro-trivelle nelle isole Maldive sotto cui venne eseguito airgun per cercare petrolio
2013-2018

Il neo presidente eletto nel Novembre 2018
 Ibrahim Mohamed Solih, contro le trivelle

2018-presente

Ecco.

Quando pensi che non ci possano essere angoli del pianeta in cui possa arrivare la follia umana, ti sorprendono sempre.

Le Maldive e i coralli che le circondano hanno fatto del turismo il loro punto di forza: ogni anno circa 1.2 milioni di persone visitano questo paradiso terrestre e il petrolio e' l'ultima cosa a cui uno associa a questo atollo meraviglioso.

Il 90% dell'economia locale e' dovuto al turismo.

E invece.

Invece c'e' chi ha complottato, e' proprio il caso di dirlo!, per trivellare pure qui.

E' stato infatti il precedente ministro della pesca (ma pensa!)  Mohamed Shainee a portare avanti questa idea sotto gli auspici del presidente uscente Abdulla Yameen. Quindi, mica i cattivi della Shell o dell'ENI! No, proprio uno del governo delle Maldive.

Trovare petrolio e' stato infatti uno degli obiettivi principali delle Maldive sotto Yameen che ha cessato per fortuna di essere presidente il giorno 17 Novembre 2018.

Sotto di lui, il mare era gia' stato lottizzato, erano stati invitati gruppi internazionali, dalla Cina alla Germania, dal Regno Unito all'India ad aiutarli ad "esplorare".

Si erano presentati in... 200 imprese a sentire da Shainee cosa si poteva trivellare nelle Maldive!

E cosi, le prime operazioni di ispezioni sismiche erano iniziate nel 2014.  Non hanno avuto remore i nostri amici delle Maldive, e anzi non si erano nemmeno nascosti dietro l'alibi della "conoscenza scientifica".

Shainee, l'allora ministro della pesca, aveva detto: "Se troviamo petrolio a sufficenza, inziamo subito". Aveva pure detto che le operazioni di airgun nel 2014 avevano portato alla scoperta di coralli nelle acque fredde delle isole Laamu e Thaa che questi coralli sono un buon indicatore della presenza di petrolio e gas!

A disegnare e rilasciare concessioni petrolifere, a coordinare airgun prima, e le trivelle poi, sarebbe stata la Maldives National Oil Company (MNOC)  su mandato del presidente stesso, Abdulla Yameen.

I coralli delle Maldive sono i settimi piu' grandi del mondo, con 250 specie diverse. Sono gia' minacciati dai cambiamenti climatici, e ovviamente residenti ed attivisti si erano preoccupati peri danni incalcolabili che una perdita, per quanto piccola, di petrolio avrebbe portato all'habitat locale - delfini, tartarughe, pesci, natura e turismo  - e al modo di vivere sull'isola.


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Ma come si e' arrivati fin qui?

Nel 1965 questo arcipelago di mille isole diventa indipendente: dalla corona del Regno Unito passano a diventare un Sultanato Islamico.
Una delegazione delle Nazioni Unite visita l'arcipelago e decreta che queste terre non sono adeguate per il turismo: manca acqua, elettricita' infrastruttura. Ma per la bellezza del posto, per il passaparola dei visitatori, e per la caparbieta' dei residenti, inizia piano piano il flusso dei turisti che incrementera' di ano in anno. Oggi ci sono un milioni di visite l'anno con oltre 100 resort di lusso, e con un terzo dell'economia dipendente dal turismo. Seconda in classifica la pesca.

Le isole vengono pure esplorate alla ricerca di petrolio e gas fra il 1968 ed il 1978 dalla Elf Aquitaine di Francia che non trovo' niente di appetibile e se ne' ando'. Idem nel 1991 con la Royal Dutch Shell.

Nel 1978 arriva il presidente Maumoon Abdul Gayoom che governera' con un pugno di ferro per 30 anni.

Nel 2008 arriva sulla scena il giovane ed energico Mohamed Nasheed, che aveva studiato nel Regno Unito, con idee moderne e innamorato dell'ambiente, con un passato di giornalista, pro-democrazia e addirittura torturato in gioventu' per il suo attivismo.

Vince le elezioni presidenziali e porta avanti una forte campagna ambientale.

Anzi, nel 2012 fa della lotta e della sensibilizzazione ai cambiamenti climatici la sua missione, presentando idee e progetti per tagliare le emissioni presso l'ONU, riconoscendo che se non si faceva niente, le sue isole sarebbero scomparse. Addirittura fa tenere una riunione parlamentare sottacqua per portare attenzione mondiale al problema.

Viene dipinto come anti-islamico e anti-patriottico.

Arriva quello che lui definisce un colpo di stato, ci sono nuove elezioni, e la presidenza torna alla famiglia di Maumoon Abdul Gayoom per la precisione a suo fratello Abdulla Yameen.

Sono  elezioni contestate e Nasheed perde per poco.

Ed e' appunto questo Abdulla Yameen che ha ben deciso di andare avanti con le trivelle e l'airgun nel suo paese, fragile e dal futuro incerto.

I livelli del mare sono qui cresciuti di 20cm dal 1880, e cioe' da quando hanno iniziato a tenere il conto.
 
Nasheed il progressista aveva cercato di tenere il tema in piena attenzione, mondiale e locale. E ci era riuscito. Ma Yameen non ne vuole sentire, accusa il suo ambientalista-rivale di essere anti-islamico e di ambiente non si parla. Basti solo pensare che l'odio era cosi forte che Yameen fece tagliare gli alberi piantati da Nasheed. Nasheed parlava di trasformare le Maldive in un'arcipelago a bilancio CO2 zero; Yameen invita le trivelle fra i coralli.  
Le isole continuano ad andare incontro all'erosione e soffrono per la mancanza di acqua, i campi sono aridi; il 90% del cibo e' importato.  Nasheed dice di temere l'Islam radicale che non crede alla scienza.

Ma perche' trivellare se gli studi della Elf Aquitaine non avevano trovato niente? Beh, perche' secondo Yameen e il suo ministro della pesca Shainee, gli studi sono vecchi e a quel tempo la tecnologia non era ancora troppo sofisticata. Anzi, siccome India e Sri Lanka avevano trovato "importanti" giacimenti, poteva essere che anche nelle Maldive ci siano riserve considerevoli.

Il petrolio avrebbe portato a "diversificare l'economia". Certo, un po di trivelle, un po di turismo, come se le due cose fossero compatibili!

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Ma di tutta questa follia, per fortuna non se ne fa niente.

Alla fine del 2018 ci sono nuove elezioni e a sorpresa vince lo sfidante, Ibrahim Mohamed Solih.

Alla pesca arriva un nuovo ministro, Zaha Waheed che proprio in questi giorni dice che non e' possibile estrarre petrolio e gas dalle Maldive, in barba a Abdulla Yameen e al suo ministro della pesca, Mohamed Shainee.

Cosa dice Zaha Waheed? 

Dice quello che dice il buon senso: che trivellera' portera' a effetti negativi sull'ambiente, sul turismo, sul mare, sulla natura e sulla pesca, e che il governo attuale non fara' alcuna azione per promuovere la ricerca o l'estrazione di petrolio. 

Cosi' finirono i petrol-sogni delle Maldive.

Proprio oggi, 20 Febbraio 2019 Abdulla Yameen Abdul Gayoom, questo il suo nome per intero, il petrol-presidente delle Maldive e' stato arrestato per reciclaggio di denaro sporco.

Il Karma, eh?