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Tuesday, January 30, 2018

Nel 2019 la prima Harley Davidson elettrica




L'annuncio e' arrivato oggi 30 Gennaio 2018: la Harley Davidson fra 18 mesi lancera' sul mercato la loro prima moto al 100% elettrica.

Il CEO Matt Levatich dice che il mercato delle moto elettriche e' ancora all'inizio, ma che si aspetta che l'interesse crescera' anche grazie ai nuovi modelli che verranno presto lanciati sul mercato.

Il primo prototipo della Harley Davidson si chiamava LiveWire ed e' stato costruito e testato nel 2014: la moto dell'epoca poteva andare da 0 a 60 miglia l'ora in quattro secondi. L'autonomia era di 50 miglia, 80 chilometri, tanto o poco dipende da chi la usa e dove ci deve andare.

Fra i primi a testare tale prototipo niente altro che la star di "Easy Rider", Peter Fonda.

In realta' il mondo delle moto non e' roseo: a livello mondiale le vendite di moto sono calate del 9.6% nell'ultimo quadrimestre del 2017. Negli USA del 6.5%.

Alla Harley il calo e' stato piu' grave: 11% in soli tre mesi.  Mentre se si fa la media lungo tutto il 2017 le perdite sono state dell'8.5%. E cosi' la Harley Davidson con sede a Milwaukee, ha anche annunciato tagli di personale e chiusura di fabbriche per mancanza di vendite.

Pero' le previsioni per il mercato di moto elettriche sono ottimistiche: si parla di aumento della vendita del 45% entro il 2020.

La Harley Davidson dice che investiranno fra i 25 e i 50 milioni l'anno per ottimizzare la tecnologia delle moto elettriche e che vogliono essere il leader globale del nuovo mercato.

Monday, January 29, 2018

Il volo Qantas da Los Angeles a Melbourne va con l'olio di semi di mostarda








Oggi Lunedi 29 Gennaio e' partito per la prima volta un volo da Los Angeles e diretto a Melbourne, Australia con un carico di carburante al 10% fatto di biocarburante.

Per la precisione olio di semi di mostarda.

Ora uno dira': il 10% che vuoi che sia. E invece, come per tutte le cose e' un inizio, una prova ed ha avuto successo, aprendo le porte a miscele sempre piu' bio e sempre meno fossil.

La Qantas stima che grazie a questa miscela il volo in questione LAX Melbourne ha emesso il 7% in meno di emissioni rispetto a un volo alimentato solo da carburante tradizionale.

E considerato che si tratta di un volo di 15 ore non e' cosa proprio da niente.

Per di piu' gli aereoplani sono fra i principali emettitori di gas serra: gli aereoplani generano il 12 percento di tutti i gas serra degli USA. A livello mondiale,  US transportation greenhouse gas emissions, and the le emissioni dagli aereoplani generano il 2 percento delle emissioni di CO2 in atmosfera.

La maggior parte delle emissioni accade al decollo e in fase di atterraggio.

Ovviamente l'opzione "batteria in volo" non e' praticabile, per il peso ed altre considerazioni di spazio, pero' l'uso del biocarburante e' promettente.

Ora non e' che l'uso di semi di mostarda e' perfetto: anche qui bruciando questo carburante ci sono emissioni di CO2 lo stesso. Ma i vantaggi sono due: intanto, le emissioni sono minori, e sopratutto non ci sono tutte le attrezzature, l'inquinamento e i rischi collegati all'estrazione e alla raffinazione del carburante tradizionale.

Meglio una distesa di mostarda che un campo di petrolio, no?

In questo caso, la Qantas' ha usato una pianta chiamata Brassica carinata, che non e' un cibo per gli umani, e che stato sviluppato apposta dalla Agrisoma Biosciences, ditta canadese. La pianta non richiede troppa acqua e il suo ciclo e' relativamente veloce. Gli scarti possono essere usati come mangime.

In Australia ci sono gia' vari campi sperimentali.

Un ettaro di Brassica carinata genera 2,000 litri di olio, l'equivante di 400 litri di biocarburante.

Intanto la Alaska Airlines ha gia' sperimentato nel  2016 un volo che e' andato per il 20% ad alcohol derivato da legname.

Sempre nel 2016 la United Airlines ha annunciato un piano triennale per alimentare i suoi voli da Los Angeles a San Francisco per il 30% da biocarburante.

A Novembre 2017 invece un volo Hainan Airlines da Pechino a Chicago ha usato il 15% di carburante da olio da cucina dismesso

Nel 2013 invece la KLM fece decollare un aereoplano da Amsterdam a New York usando 100% biocarburante fatto dall'olio delle patatine fritte!
 
Come sempre, tutto questo per ora e' sperimentale e si cerca ancora di capire, di ottimizzare. Ci vorra' un po di tempo affinche il tutto diventi realta' vera  probabilmente succedera' il giorno in cui i costi da biocarburante saranno inferiori al carburante normale.  Ma come per i pannelli solari, piano piano ci arriveremo.

Occorre solo che noi consumatori lo vogliamo e ci facciamo portavoci dei nostri desideri di un futuro piu' green, dagli aereoplani alle nostre case.











Friday, January 26, 2018

L'ENI si prepara a trivellare attorno alle isole Canarie








Questa notizia mi e' stata segnalata dalla mia amica Assunta - grazie!

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I permessi definitivi non sono ancora stati accordati, ma l'ENI ha in previsione di trivellare il mare al largo del Marocco. L'area si chiama Tarfaya e fatalita' vuole che siamo qui a soli 50 chilometri dalle Isole Canarie.

E cosi negli scorsi giorni c'e' stata una tempesta di articoli delle isole spagnole, gia' teatro di altre petrol-battaglie, perche' e' evidente che qui, sulle isole di Fuerteventura e Lanzarote si vive di turismo e le trivelle non c'entrano niente.

Le stime che circa l'86% dell'economia delle isole e' appunto da turismo. 

Non e' la prima volta che si tenta di trivellare le Canarie. Negli scorsi anni e decenni ci hanno gia' provato la portoghese Galp, la Australian Tangeri Petroleum,  e la spagnola Repsol. Nessuna ci e' riuscita, un po perche' il petrolio faceva schifo o era poco, e un po grazie alle proteste dei residenti.

Questa volta pero' tecnicamente le acque trivellande sono parte del Marocco, ma i timorie la rabbia alle Canarie sono grandi, perche' alle Canarie lo sanno bene che l'acqua e il petrolio non conoscono confini. Le conseguenze di uno scoppio e l'inquinamento giornaliero non si fermano a 50 chilometri.  Il fatto che il Marocco sia un paese extra-UE complica le cose, perche' ovviamente e' una giurisdizione diversa e al di fuori dei vari accordi europei.

Dal canto suo, l'ENI dice che le acque marocchine sono "sotto-esplorate" e promettenti. Le concessioni che hanno sono chiamate blocchi 190, 191 e 195.   L'area e' di 23,900 chilometri quadrati.

L'estensione delle isole Canarie e' di 2,900 chilometri quadrati.

La concessione e' quasi dieci volte tanto!

Gli accordi preliminari sono stati firmati il 20 dicembre 2017 con la petrol-ditta nazionale del Marocco, ONHYM per trivellare Tarfaya. Le citta' marocchine interessate si chiamano Sidi Ifni, Tan Tan e Tarfaya. ENI sara' proprietaria del 75% delle concessioni e ne sara' l'operatore, cioe' trivellera', e il restante 25% restera' alla ONHYM. 

Le prime trivelle arrivarono attorno alle Canarie l'estate del 2014 con un pozzo esplorativo chiamato TAO1 a 3,500 metri di profondita'. Il pozzo era appunto della Galp portoghese e dell'Australian Tangiers Petroleum che pero' abbandonarono l'impresa perche' -- secondo loro -- il pozzo non era economicamente redditizio.

Dopo qualche mese arrivo' la Repsol spagonla a trivellare alla ricerca di gas, arrivando a 3,000 metri. Stesso risultato: il gas fa schifo. Anche la Repsol abbandona il progetto detto Sandia.

Le proteste impazzarono a livello globale. 
 
Non si sa bene come andra' a finire questa volta. L'ENI dice che per ora vuole solo i permessi e che se, ovviamente, il petrolio non si concretizzera',  e non sara' sufficente per garantire ritorni soddisfacenti non andranno avanti.  Dicono anche che il fatto che portoghesi, australiani e spagnoli non ci sono riusciti negli anni scorsi, non significa niente: potrebbe essere che loro avranno maggiore fortuna, o migliore presa dati per trivellare nel modo piu' efficace possibile!

Dicono agli investitori che questo e' quello che gli e' successo in Egitto, dove tutti dicevano che le riserve di greggio erano scadenti e loro invece alla fine sono riusciti a scovare il campo Zohr che in questo momento rappresenta il piu' grande giacimento di gas del Mediterraneo, con riserve stimate di 850 miliardi di metri cubi. 

Ma si sa, non occorre credere mai alle cose che dicono i petrolieri, quale che sia il loro nome!

Ai residenti delle Canarie invece l'ENI ha detto di star tranquilla, che li tratteranno bene: dopo tutto hanno concessioni anche in Puglia. 

Io invece ai residenti delle Canarie dico: e' tutta propaganda, non credeteci. 

L'ENI ha distrutto ogni cosa che ha toccato, da Gela a Viggiano, da Porto Marghera a Ravenna, e si, fino in Puglia.




 



Tuesday, January 23, 2018

Bianca-Luisella, trivelle ENI di "emungimento gas" presto sul litorale romagnolo-marchigiano




Diethylene glycol: Toxic

All'ENI e' autorizzato rilasciarlo in mare, in modo CONTINUO
ogni santo giorno delle sue attivita' in mare.



La subsidenza attorno a Bianca-Luisella 
come stimata dall'ENI: 
fino a 44 centimetri nel punto piu' vicino alle piattaforme.

Fino a 2 centimetri a 16 chilometri da riva.


Panoramica del mare petrolifero attorno a Bianca Luisella



I ministri PD Gianluca Galletti e Dario Franceschini che approvano tale scempio
in data 28 Novembre 2017




Il parere positivo della regione Marche, sotto il presidente PD Luca Ceriscioli

 Inquinamento da NOx come stimato dall'ENI.
E nella realta', sara' come dice l'oste o sara' peggio? 





Vari scenari di spargimento dell'inquinamento.

nel testo dicono che e' tuttapposto

Ma se questo e' quello che dice l'oste....


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SI PREGA GIORNALISTI E POLITICI DI CITARE LE FONTI


E' impossibile star dietro alla fiumana delle concessioni petrolifere che si abbattono per l'Italia.

Sarebbe un lavoro a tempo pieno. Pero' continuo a lavorarci e dunque eccoci qui, otto nuovi  pozzi ed una piattaforma a cavallo fra la riviera romagnola e marchigiana.

E' una concessione assegnata all'ENI.

Si chiama Bianca-Luisella.

Dove avranno mai trovato questo nome e' un mistero: Bianca-Luisella non e' una gentile donzella di qualche poema del Dolce Stil Novo, e' una concessione anche nota con il piu freddo nome AC 12 AG.

La concessione occupa un'area di 144 chilometri quadrati.

Siamo a circa 25 chilometri da riva, fra Rimini, Cattolica, Pesaro e si prevede qui l'installazione di una piattaforma "non-presidiata" e di ben otto nuovi pozzi di gas nonche' l'installazione di 3 condotte sottomarine per il trasporto del gas da Bianca-Luisella a Brenda, altra gentile piattaforma ENI situata a 4 chilometri di distanza da Bianca-Luisella.

I pozzi si chiameranno Bianca 3, 4, 5 e Luisella 2, 3, 4, 5, 6 e verranno trivellati a una profondita' di 50 metri per estrarre metano.

Bianca 1, 2 e Luisella 1, 2 erano stati gia’ trivellati negli anni 1990 e poi chiusi.  

Come in molte altre concessioni le regioni coinvolte non hanno brillato per coraggio, e infatti, la regione Marche ha pure dato il suo parere favorevole.

Eehh??

Si, la regione Marche ha dato parere favorevole!

Non e' chiaro quale fosse il ruolo della regione Emilia Romagna, ma non ci sono tracce del parere di Bologna in merito. 

Come sempre e' una litania di distinguo e di tuttapposti, come dire, va sempre tutto bene, mai niente succedera', e' tutto sottocontrollo. Intanto continuiamo a trivellare nel 21esimo secolo!

I ministri Galletti e Franceschini che hanno firmato l'approvazione per Bianca-Luisella e che finora non hanno mai incontrato una trivella che non gli piaceva dicono che nella zona non ci sono aree protette. Si e’ vero, se si escudono le seguenti:

ZPS IT5310024 - Litorale Pesarese (24km da Bianca-Luisella)

ZPS IT5310022 – Fiume Metuaro da Piano di Zucca fino alla foce (30km da Bianca-Luisella)

ZPS IT5310006 – Colle San Bartolo (24km da Bianca-Luisella)

ZPS IT5310007 – Litorale della Baia del Re (35 km da Bianca Luisella)

Loro dicono che le loro attivita’ non avranno effetti su tali aree protette. Glielo dicono ”le analisi condotte nello Studio di Impatto Ambientale” dell’ENI.

Cioe’ crediamo a quello che l’oste dice sul suo vino!

Uno dira’ va bene, 24 chilometri sono lontani. Certo, ma l’inquinamento non conosce confini, e una volta che dovessero esserci incidenti, gli effetti arriveranno anche a 24 chilometri dai vari pozzi, assicurato.

Interessante che nei loro stessi studi per lo studio dell'impatto sull'ambiente, l'ENI stessa offra delle simulazioni del comportamento delle sostanze tossiche in caso di sversamenti.  In questo caso di una macchia di olio da venti metri cubi. Dicono che dopo 12 ore tale macchia sarrivera' a una distanza di circa venti chilometri da riva, arrivando a sei chilometri dalla costa pesarese.

E dopo? Si ferma tutto magicamente? Loro dicono di si, perche' interverranno poi le autorita'.
Ah, allora!

E quindi in riva no, ma a sei chilometri da riva va bene?

Ma il punto non e’ neanche la distanza della costa o di siti protetti da tali pozzi, e l'andamento delle chiazze, e’ ovviamente l’idea che nel 21esimo stiamo ancora qui a sacrificare terreno e mare alle trivelle, riserve o spiaggia libera che sia.

Quei pozzi avranno bisogno di infrastruttura a terra. 

Dove verranno costruiti? La gente ce li vorra’? 

E davvero vogliamo altra infrastruttura petrolifera invece che aiutare il nostro turismo? Non e’ una contraddizione in termini?  

O vogliamo Ravvennificare tutta la costiera nord-adriatica?

Ad ogni modo, continuiamo a leggere l'autorizzazione.

Emerge che la regione Marche, che ha detto si, allega una piccola preoccupazione da parte della provincia di Pesaro sulla sismicita' indotta.

Non ci sono altre discussioni in merito.

Ancora piu' orripilante e' che e' stato approvato il rilascio in mare di monnezza tossica (glicole dietilenico) in concentrazioni fino a 730ppm in caso di "rilascio continuo" e di 5900ppm in caso di "rilascio intermittente".

Dicono che intermittente significa una volta al mese. Ma cosa vuol dire questo, veramente? Bastera' inziare il primo del mese e fermarsi per un ora il 31 del mese? Dopotutto cosi' definito significa una volta al mese!

Tutto questo questo deve veramente farci arrabbiare.

L'ENI ha l'approvazione da parte del ministero dell'ambiente di rilasciare in mare roba tossica, in modo CONTINUO. Nero su bianco.

E' veramente una cosa scandalosa. E non e' che le persone di buon senso non sappiano che i pozzi di petrolio e di gas rilascino in mare robaccia, e' che qui c'e' un ministero che approva l'emissione di "acque di strato" con sostanze tossiche dentro, e anzi rilascia pure concentrazioni ammissibili!

Cos'e' il glicole dietilenico?

E' una sostanza incolore ed inodore, tossica, usata come solvente per la sintesi di antigelo, resine, colle.

L'Organizzazione Mondiale della Sanita' riporta vari morti per ingestione di glicole dietilenico, ed almeno nove epidemie di morte dal tale sostanza.

Il caso piu' eclatante fu negli USA nel 1937, quando morirono 105 persone. Altre morie riguardano l'India con almeno 33 morti nel 1998, nel 1996 ad Haiti con 106 morti, 47 morti in Nigeria nel 1990, e a Panama nel 2006. I sintomi sono problemi renali, nausea, vomito. diarrea, affaticamento, mal di testa, problemi neurologici, debolezza. 

Ora, nessuno andra' a bersi la robaccia che Bianca e Luisella emetteranno, certo.

Ma la domanda resta: quella roba e' tossica.

E i pesci? E i pesci che *noi mangiamo?*
E gli effetti cumulativi sull'ecosistema?  Sull'uomo?

Dopo tutto sono emissioni CONTINUE di roba tossica per anni!

In dosi sufficentemente elevate, il glicole dietilenico causa epidemie. 

Siamo sicuri che anche se in quantita' ridotte, ma in continuo, ogni santo giorno, le emissioni a mare non causino assolutamente nessun problema, nessun sintomo, a nessuno, mai?

E se non bastasse il glicole dietilenico, l'ENI e' autorizzata pure ad immettere in mare oli minerali nelle "'acque di strato", cioe' petrolio, diesel ed affini in mezzo ai rilasci in ambiente.

Le concentrazioni massime sono di quaranta milligrammi per litro.

Cosa significa questo?

Non ci sono paragoni, non e' chiaro da dove vengano questi numeri.

Quaranta milligrammi per litro di oli minerali e/o 730ppm o 5900ppm di glicole dietilenico sono tanti? Sono pochi? Chi li ha decisi questi numeri? Come sono stati decisi? In modo da parare i conti all'ENI e alle loro miscele perforanti, gia' decise da tempo?

Uno scandalo davvero, che la regione Marche, i ministri Galletti e Franceschini abbiano approvato tale scempio. Uno scandalo, una specie di lento avvelenamento del mare e di noi tutti.

Sono sicura che gli sarebbe piaciuto che tutto restasse in sordina. Ma io spero che veramente il lettore si arrabbi. Secondo me la regione Marche non sapeva neanche cosa stava approvando.

Passiamo dunque alle prescrizioni.

Come sempre, e' questa la parte piu' ridicola di queste autorizzazioni.

L'ENI dovra' presentare un piano di "monitoraggio acustico",  e collaborare all'accertamento della presenza di zifi e capidogli assieme alla guardia costiera e alle "associazioni locali". Insieme dovranno monitorare gli spiaggiamenti e le morti di animali lungo la riva.

Ma... ce li vedete l'ENI che collabora con le associazioni locali sugli spiaggiamenti?

Dovranno portarsi appresso "personale tecnico altamente specializzato" per osservare la vita marina. Tali personaggi devono avere esperienza pluriannuale, dovranno presentare il loro curriculum,  e dovranno dimostrare una "spiccata familiarita'" con i cetacei presenti nei mari locali.

Dovranno pure definire un area di esclusione oltre le quali ci potranno essere disturbi comportamentali e fisiologici ai mammiferi marini.

E quindi, lo sanno pure loro che tali disturbi possono esserci!

E alla fine dovranno produrre un bel rapportino in cui illustrano tutte le loro scoperte.

Dovranno anche lavorare con la Capitaneria di Porto di Pesaro sulle possibili interferenze con le rotte navali.

Dovranno presentare un "manuale operativo" ed un "crono-programma" con tutta la lista delle loro attivita' che deve essere fatta in modo da non arrecare disturbo alla vita marina durante i periodi di riproduzione.  E quindi, anche qui, un altra prova del fatto che lo sanno anche loro che le trivelle portano guai alla vita marina. 

Dovranno monitorare la subidenza indotta.  Se per caso i valori di subsidenza indotta dovessero superare quelli previsti, "l'attivita' di emungimento" dovra' essere fermata.

Si, la chiamano proprio cosi, attivita' di emungimento!

Rido da sola. E che l'Adriatico e' una mucca?

Comunque se la subsidenza dovesse superare i limiti consentiti (quali siano non e' dato sapere!) questa "attivita' di emungimento" dovra' essere fermata nell'attesa che i ministeri autorizzino la "rimodulazione" per tornare ai valori consentiti.

Io spero che ci si renda conto dell'assurdita' di queste cose. Non e' che monitorando mammiferi marini e subsidenza abbiamo risolto qualcosa! Una volta che danni a pesci e fondali e' stata accertata non si torna indietro! Specie nel reparto subsidenza!

Non c'e' niente da rimodulare. E che significa poi rimodulare?  Non e' che uno gira una manopola e poi la subsidenza si ferma o torna indietro! La geologia evolve secondo le sue leggi, e una volta che abbiamo stuzziacato questi processi non e' che magicamente tutto torna come era prima, checche' ne dicano la regione Marche, Franceschini o Galletti!

Dovranno "quantificare gli effetti negativi" sull'habitat marino dovuti ad incidenti e allo stesso tempo individuare un "piano di emergenza". Ma .. come non avevano detto qualche pagina prima che non sarebbe successo niente? E che erano soddisfatti dallo studio di impatto ambientale dell'ENI che era tuttapposto?

Non si sa.

Dovranno usare sulla piattaforma di perforazione "vasche di accumulo del fango dotate di agitatori meccanici o pneumatici per mantenere omogeneo il fango", i quali dovranno essere riutilizzati e usati in modo da ridurne i volumi.

Vengono anche descritti i modi in cui dovranno essere effettuati gli scarichi a mare, le coordinate geografiche, le date e gli orari, vengono prescritti enti di controllo, accordi con l'ARPAM delle Marche per le attivita' congiunte, le sostanze da monitorare due volte l'anno e per tre anni, dai metalli pesanti, ai BTEX, agli idrocarburi policiclici aromatici, la composizione dei metalli anti-corruzione,

E alla fine, ci dovra' essere la bonifica.

Ma... alla fine, alla fine di tutto, tutto questo non cambia la sostanza: l'ENI trivellera' altri otto pozzi lungo la costiera marchigiana/romagnola. La zona e' interessata alla subsidenza, ci saranno danni alla vita marina, e verranno rigettati a mare sostanze tossiche.

Possiamo metterci tutti i distinguo del mondo, tutte le prescrizioni del mondo, tutti gli esperti e chiamrle emungimenti, ma la realta' resta che stiamo regalando un altro pezzo di mare all'ENI senza niente in cambio.

Le trivelle di Bianca e Luisella servono solo per soddisfare l'ingordigia dell'ENI.

Poi quando trivellera' la Croazia non possiamo fare le verginelle.
















Monday, January 22, 2018

Trump e l'esplosione dei pannelli solari made in the USA



E i primi verdetti sono arrivati.

La produzione di pannelli fotovoltaici made in the USA aumenta in modo impressionante.

La ditta Hanwha Q Cells di Korea costruira' un nuovo impianto in Georgia, la JinkoSolar Holding di Cina aprira' una fabbrica in Florida. E ditte americane, invece la SunPower Corporation e la First Solar aumenteranno la produzione in Oregon e in Ohio.

Si calcola che la produzione nostrana di solare aumentera' fino ad oltre 3.4 Gigawatt, mentre nel 2017 eravamo a soli 1.8 Gigawatt di capacita' fotovoltaica made in the USA.

Tutto inizio' nell'Aprile del 2017 quando una ditta di Georgia, la Suniva, fini' in bancarotta per colpa del fotovoltaico "made altrove" e Trump rispose appunto con l'annuncio di tariffe sull'importazione a Gennaio 2018.

Per cui, forse per una volta, ci ha azzeccato?

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22 Gennaio 2018:

Non e' chiaro cosa passi nella testa di quest'uomo. 

E' arrivata oggi la notizia che Trump ha deciso di imporre tariffe sui pannelli solari importati dall'estero negli USA.

Prima di urlare pero', e sono la prima a vergognarmi di questo presidente arancione, occorre un po' capire.

In teoria potrebbe essere una misura per rendere piu' competitiva l'industria fotovoltaica USA, che e' dopotutto il paese dove i pannelli sono stati inventati usando fondi di ricerca pubblici del contribuente americano, per tanti anni.

Le tariffe saranno del 30% nell'immediato e diminuiranno nei prossimi anni fino a stabilizzarsi al 15%.

I primi 2.5 gigawatt saranno esentati dalle tariffe.

Soprattutto, e' stata la U.S. International Trade Commission a raccomandare al governo di imporre tariffe fino al 35% a causa della competizione, spesso non proprio leale, da parte dell'Asia (Cina in primis).

Questo ente e' indipendente, bipartisan e non politicizzato, almeno in teoria, per cui le sue raccomandazioni non dovrebbero essere viste in un'ottica politica.

Per di piu' l'idea delle tariffe e' bene accetta, e anzi e' stata fortemente voluta da varie industrie produttrici di pannelli solari americane, fra cui la Suniva, ditta di capitale cinese che pero' fabbrica pannelli negli USA.

Anche il ramo americano della SolarWorld, ditta tedesca, ha aderito alla richiesta della Suniva di imporre tariffe sulle importazioni straniere.

Altre tariffe sono state imposte su pezzi di elettronica e sulle lavatrici, fino al 50%.

Ma la Suniva di Cina nel frattempo che aspettava, e' fallita, grazie all'arrivo di pannelli direttamente della Cina.

Ironico, no? 

Altre ditte di pannelli made in the USA hanno invece visto le loro azioni decollare dopo l'annuncio, come la First Solar con sede a Tempe, Arizona che e' schizzata a Wall Street del 9% fino a $75.20 per azione.

La Whirlpool invece dice che le tariffe porteranno all'aumento della sua produzione di lavatrici in stati come Ohio, Kentucky, South Carolina e Tennessee e che quindi vede il gesto positivamente.

In pratica pero' quali che siano gli intenti di Trump, la maggior parte dei pannelli e' importata per cui, nel breve termine almeno, tutto questo si risolvera' in aumento dei costi, minor pannelli installati, e rallentamento della transizione rinnovabile negli USA.

Il costo e' stimato essere enorme perche' anche i pannelli "made in the USA" hanno fino all'80% di pezzi che arrivano dall'estero. L'industria del sole negli USA e' un business di circa $28 miliardi di dollari e impiega circa 260mila persone. 

Questa mossa di Trump e' controversa perche' i produttori sono in generale favorevoli, ma gli installatori no.

E si puo' capire perche', perche' diverso e' il loro business target.  La Solar Energy Industries Association, associazione che rappresenta chi lavora nell'industria solare, ha anticipato la perdita di circa 23mila posti di lavoro.

Si parla di interi progetti che diventeranno immediatamente anti-economici e che saranno abbandonati.

Ma poi, perche' iniziare proprio con i pannelli solari? 

Io credo due cose. 

Una e' che a Trump non gliene importi  niente delle rinnovabili e del pianeta e dei cambiamenti climatici.  

Queste tariffe sui pannelli solari erano una mossa facile, proprio per la dualita' fra produttori-installatori; e poi c'era la raccomdandazione dell U.S. International Trade Commission che aveva gia' parlato del problema del "dumping" dei pannelli dalla Cina negli USA ai tempi di Obama. Infine c'erano specifiche richieste di produttori di pannelli sul suolo USA.

Tutte queste cose hanno aiutato Trump a razionalizzare la sua decisione. 

L'altra cosa che penso e' che sicuramente ci sara' un freno al solare nel super immediato. Se i prezzi aumentano del 30% da un giorno all'altro e' evidente che qualcosa cambiera'. 

Ma il sole e le rinnovabili sul lungo termine vinceranno, Trump o non Trump. 

L'industria si riorganizzera' e si troveranno modi per continuare la solarizzazione degli USA, del mondo. 

E' evidente dove il mondo sta andando e non si torna indietro.  Le fossili sono un relitto del passato.