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Tuesday, May 28, 2019

La Malesia inondata dalla plastica d'occidente la rimanda indietro

 












La citta' simbolo della crisi della monnezza in Malesia si chiama Jenjarom. Vivono qui circa 30,000 residenti tutti avvolti dalla puzza della plastica che brucia.

Il motivo della puzza? Diciannove mila tonnellate di plastica.

Tutto e' iniziato l'estate del 2018. Ogni notte puntualmente arrivavano camion di ogni genere a depositare plastica, e dopo un po l'aria diventava pungente, con una strana puzza di bruciato. Erano impianti illegali di "reciclo" immondizia che operavano di notte. Nessuno ne sapeva niente.

La storia parte dal 2017, quando la Cina decide di non importare piu' plastica dall'occidente - USA,
Giappone, Francia, Canada, UK e Australia in primis. Ben 24 tipi di plastica "reciclabile" sono finiti sulla lista nera. E cosi la Malesia decide di prendersela lei la monnezza. Ma assieme alla monnezza arrivano le fabbriche illegali di smaltimento rifiuti, l'avrebbero bruciata di notte, come a Jenjarom, o seppellita.

Un po' a mo' di terra dei fuochi.

Occhio non vede, cuore non duole, ma naso sente!

Qualche giorno fa la Malesia ha annunciato che rimandera' circa 3mila tonnellate di plastica indietro, perche' sono letteralmente sommersi da ogni tipo di oggettistica usa e getta, ma intanto la monnezza arrivata in questi ultimi anni ha gia' radicalmente cambiato alcune citta' come appunto Jenjarom.

Le immagini parlano chiaro.

Pezzi di computer, bottigliette, cerchioni delle macchina, un mare di plastica colorata e puzzolente dappertutto. La plastica che si spezzetta creando una brodaglia tossica nei fiumi, la plastica che violenta il verde delle piantagioni di palma, la plastica che crea parallelepidi ingombranti accatastati alla meno peggio.

Fino al 2017 l'invidiable record di reciclatore di plastica mondiale era la Cina: sono arrivate qui oltre un milione di tonnellate di plastica ogni anno dal 1992 al 2016 e ogni anno sempre di piu'. Nel 2017 erano arrivati a 7 milioni di tonnellate. Faceva il 45% della quantita' totale di plastica in tutto il globo.

Poi la pacchia e' finita: il rapporto costo benefici e' diminuito, ne arrivava troppa e in condizioni difficili da separare, sporca, con vari tipi di plastica mescolata tutta assieme. I cinesi hanno detto basta. Oltre alla Malesia, la Thailandia e il Vietnam sono subentrati come paesi importatori.

Pero' non avevano ne l'infrastruttura ne lo spazio per gestire tutta questa plastica, nello stesso modo e con la stessa efficenza che aveva la Cina. Per esempio non tutta la plastica puo' essere reciclata e ci vogliono centri apposta per trattare quella piu' difficile, occorre dunque separare i vari tipi e passare allo smistamento. Ma spesso e' piu' facile fare di tutta erba un fascio e bruciarla tutta!


Uno studio del 2018 stima che ci saranno 110 milioni di tonnellate di plastica in piu' che il mondo dovra' smaltire fuori dalla Cina. La Malesia ne ha importato circa 830mila tonnellate nella prima meta' del 2018. 

Ma a parte gli impianti ufficiali, alcuni residenti locali accecati dal miraggio di soldi facili, si sono attrezzati per mettere su impianti illegali di smaltimento monnezza.  A volte gli speculatori sono cinesi senza scrupolo che comprano o affittano lotti abbandondati per stocccarci i rifiuti.

Ovviamente tutto questo senza troppi accorgimenti, ne per l'ambiente, ne per la salute di persone che vivono in questi posti.  Per esempio gli impianti illegali sorgono anche in zone residenziali, non hanno insegne, e vengono su alla meno peggio, a casaccio vicino ai fiumi, alle case, alle piantagioni di palma, nei campi, dove capita.

La gente lo scopre solo per caso, per la puzza o per aver visto montagne di plastica accatastata.

E come ci insegna bene la mafia d'Italia, per risparmiare invece di reciclare la plastica per bene, la bruciano, immittendo ogni sorta di roba tossica, diossine in primis, in ambiente.

Jenjarom e' a circa 20 chilometri dal principale porto della Malesia che si chiama Port Klang. E' proprio la sua vicinanza al porto che ne ha fatto la sede ideale di smistamento plastica straniera.
Nel circondario ci sono circa 33 impianti illegali di smaltimento. 

Oltre alle diossine ci sono qui nubi costanti di mercurio, bifenili policlorinati (PCB) che portano ad aumenti di malattie, fra cui  danni al sistema circolatorio, nervoso e respiratorio oltre che eczemi, mal di testa, nauesa, asma. Se uno e' esposto per troppo tempo alla plastica che brucia possono anche insorgere maggiori rischi tumorali. Anche questo lo sappiamo bene in Italia.

E infatti la gente ha iniziato a lamentarsi di strani malori proprio in concomitanza con l'arrivo di queste enormi ecoballe di plastica da reciclare: pruriti alla pelle, sfoghi di vario genere, tosse. 
E le autorita'?

A Luglio 2018 una indagine governativa mostro' che in tutto il paese ci sono 114 impianti di reciclo monnezza ufficiali, di cui pero' solo 8 a norma. Cioe' ci sono piu' di 100 impianti ufficiali che sono illegali; possiamo solo immaginare quante ce ne siano di illegali!

In realta' il governo della Malesia e' ambivalente sulla monnezza, visto che la vedono un po come una fonte, per adesso, di reddito: per loro e' senza dubbio un business ora che la Cina non c'e' piu'.
Vogliono pero' accertarsi che quello che arriva e' "monnezza di qualita'", per esempio a Port Klang sono arrivati ben 60 containers di plastica illegale: e quella tornera' al mittente.

La soluzione e' sempre la stessa: consumare di meno, riusare.

E come sempre si cristallizza sempre piu' in me la certezza che siamo troppi su questo pianeta.

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