Il tutto e' successo nella citta' di Norilsk il giorno di venerdi' 29 Maggio dove un impianto energetico dedicato alla produzione di nickel e di palladio e' collassato. Si pensa che il collasso sia dovuto alla subsidenza nei pressi degli impianti di stoccaggio del diesel.
Il permafrost su cui sorge l'impianto infatti si sta scogliendo rapidamente a causa dei cambiamenti climatici. Una specie di circolo infernale dunque dove il consumo di fonti fossili porta ai cambiamenti climatici che portano allo scoglimento delle nevi e del permafrost, che porta al collasso di strutture che porta a perdite di petrolio.
La ditta madre si chiama Norilsk Nickel ed e' stata anche accusata di negligenza criminale visto che ci hanno messo due giorni ad informare Mosca dell'accaduto. Il direttore di questo impianto e' pure finito in carcere.
Per ora siamo a un area di 350 chilometri quadrati inquinati, e intrisi di rosso.
Si calcola che sia il secondo piu' grande incidente in Russia, in termini di volume di petrolio ed anzi, Greenpeace lo ha gia' paragonato al riversamento in mare di petrolio da parte della Exxon Valdez nel 1989 in Alaska.
Costo della pulizia? Chi lo sa.
Ma si parla di almeno 1.5 miliardi di dollari e di circa dieci anni di tempo.
Di questa Norilsk Nickel abbiamo gia' parlato visto che nel 2016 fu responsabile di altre perdite di
sostanze chimiche che fecero tingere di rosso cupo un altro fiume dell'Artico.
Il ministro delle difese naturali di Russia, Dmitry Kobylkin, dice che non sa bene che fare ma di non voler bruciare tutto questo diesel. Forse useranno dei reagenti per diluirlo, forse lo pomperanno altrove. Ci vorranno pero' i miliari per affrontare la situazione nel suo complesso.
Putin e' d'accordo nel pompare il petrolio sulla terraferma adiacente.
Dice: "Tanto la terra li e' gia' piena di petrolio".
Come siamo messi, eh?