Monday, November 2, 2009
Sessanta giorni dal 31 dicembre
Gianni Chiodi continua a non sentire e a non vedere. Beato lui che riesce a stare tranquillo quando mancano meno di due mesi alla scadenza della moratoria anti petrolio. Fra un po' saremo al gran completo: petrolio, inceneritori, discariche di amianto. Bussi non e' stata mai bonificata, gli Aquilani sono al freddo, mentre la mafia si sta mangiando lentamente ma inesorabilmente il nostro tessuto sociale. Che governatore speciale che ha questa regione!
Dal primo gennaio 2010 chiunque puo' venire a fare il comodo petrolifero suo sul nostro territorio, complice una classe politica tiepidina.
Ma Gianni Choidi, Daniela Stati, Mauro Febbo, non ce li hanno i figli? Cosa vogliano per il loro futuro?
Ecco qui una nuova lettera che un ragazzo di San Vito, Vittorio Veri' ha scritto al nostro governatore Gianni Chiodi. Sono sicura che Chiodi non rispondera' nemmeno adesso. Ma intanto noi continuiamo. L'ignoranza di chi governa questa regione e' strabiliante.
Posso solo dire che quando sara' troppo tardi tornare indietro, sappiamo di chi sara' la colpa. La colpa sara' di Gianni Chiodi. Il capo ha l'onore ed i dovere di proteggere i suoi cittadini. Se non lo fa, la colpa non e' del sistema, o della malasorte, o del "io-non-ci-potevo-far-niente". No, la colpa e' di chi poteva agire, di chi poteva darsi da fare, ed ha preferito restare inerte, sordo, muto e cieco e per codardia.
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Illustrissimo Presidente Chiodi,
Sono un cittadino abruzzese residente a San Vito Chietino. Il motivo che mi spinge a scriverle nasce da due sentimenti che mi attanagliano: l' amore e la paura, amore per la mia, e la sua, terra, e paura di vederne compromesse le sua caratteristiche naturali attraverso un irreversibile processo di degrado ambientale.
Questa paura fino a poco tempo fa era chiara e definita in un nome ed uno spazio: Centro Oli, Ortona.
Dalla professoressa Maria Rita D'Orsogna ad Antonello Tiracchia, alle numerose associazioni (per citarne una, Nuovo Senso Civico), molti si sono spesi per tentare di far nascere nei cittadini e nelle istituzioni una coscienza collettiva capace di contrastare la deriva petrolifera e puntare su uno sviluppo sostenibile. Già, sostenibilità: questa parola così tanto usata e capace di entrare nei discorsi relativi a qualsiasi argomento. A me sembra che ci sia una evidente dicotomia che si apre nel passare dalle parole ai fatti, nel sentirsi ripetere sostenibilità, ambiente, innovazione, turismo e poi vedere nei fatti un insieme di interventi sul territorio che non si conciliano con affatto con tali idee.
E' una questione che si è ulteriormente complicata nel momento in cui la paura ha perso il suo spazio definito, cioè la sola Ortona, e si è allargata all'intero territorio regionale, al nostro mare e alle nostre montagne. Oltre alla realizzazione del Centro Oli, si parla ora delle concessioni per la ricerca e l'estrazione dl petrolio in molti punti dell' Abruzzo. Voglio tralasciare il discorso legato agli effetti delle sostanze chimiche che verranno usate, dal rischio per la salute derivante dall' emissione nella aria dei residui derivanti dalla ricerca prima , dall' estrazione e dalla lavorazione del petrolio poi. Chiunque in questi mesi si sia informato e abbia avuto modo di documentarsi sulle conseguenze derivanti dall' incondizionato sfruttamento delle risorse minerarie , per altro esigue, della nostra Regione, ha motivo di credere che essi siano rischi da evitare e che le istituzioni preposte debbano dire in maniera decisa e autorevole: No, Grazie.
La mia paura è che si faccia dell' Abruzzo un distretto petrolifero, che si renda legale la distruzione di un patrimonio ambientale in maniera irreversibile e incontrollata, e aggravata come se non bastasse, da un pericolo ancora maggiore, il più grave: quello di mettere a repentaglio la salute degli abitanti.
Da libero e comune cittadino, non legato ad oggi ad alcuna associazione e non inserito in alcun partito, sento il bisogno di esprimervi la mia preoccupazione perché si parla di qualcosa che sento coinvolgermi pesantemente. E qui forse arriviamo all'amore. L'amore per questa terra per cui sento il dovere di cercare di difenderla, perché credo a ragion veduta che essa possa esprimesi veramente e al meglio attraverso i concetti di sostenibilità, di turismo, di responsabilità e innovazione.
Sono concetti che laddove esistono non hanno bisogno di essere invocati ad ogni discorso perché divengono fenomeni quasi tangibili. Concetti che per un abruzzese vengono a trovarsi in alcune espressioni e termini per noi comuni e che ci identificano includendo nel loro significato l'idea stessa di sostenibilità.
Per cui quando sento parlare di Regione Verde d'Europa penso che non sia la coccarda da cucirsi addosso, ma è la strada, l'obiettivo da perseguire e a cui condurre gli sforzi e le decisioni che si prendono ai veri livelli della politica. La tutela del paesaggio, la ricerca di fonti rinnovabili per l'approvvigionamento di energia, una politica efficace per lo smaltimento dei rifiuti devono essere priorità assolute. Priorità che devono essere comunicate e condivise, passate dalle istituzioni ai cittadini per educarli e renderli coscienti e responsabili del vivere in un determinato contesto. Quando i cittadini ne saranno consapevoli, si sentiranno essi stessi abitanti della Regione Verde d'Europa e l'Abruzzo verrà percepito come tale dal di fuori , senza bisogno di scriverlo sugli autobus.
Penso al Montepulciano D'Abruzzo: è il vino per eccellenza della nostra regione che ogni giorno viene bevuto ovunque nel mondo e grazie al quale veniamo anche riconosciuti. Addirittura nelle sue caratteristiche si ritrovano elementi comuni ai cittadini abruzzesi, quando si parla di forte carattere, ruvidezza e genuinità. Non accadrebbe con prodotti d'altra "natura"?. La nostra riconoscibilità come una regione affascinante, ed anche fortunata, avviene quando sulle tavole di qualsiasi parte del mondo compare un buon bicchiere di vino, uno squisito formaggio, un determinato zafferano, una pasta di grano duro lavorata in un certo modo. Sono sensazioni che si legano non solo al gusto verso determinate cose, ma anche all' immaginario che quei prodotti sono in grado di evocare, immaginari fatto della sagoma dolce della Maiella e di quella più aspra del Gran Sasso, di colline verdeggianti , di vigne e olivi, delle terre coltivate e della montagna a due passi dal mare.
Il mare appunto, con tutte le sue caratteristiche di mutevolezza, di potenza e maestosità, con le sue storie e la gente, anzi la nostra gente e i nostri trabocchi. Davvero strane macchine i trabocchi! L' uomo ha imparato a costruirsele sfruttando le caratteristiche dei propri fondali e proprio per questo risultano differenti da quelli di altri lidi. Essi davvero sono il simbolo di una regione, racchiudendo in loro quella vicinanza tra terra e mare, quell'essere contemporaneamente l'una e l'altro. In piena costa dei trabocchi, proprio lì, troverebbe spazio il Centro Oli, un progetto che al territorio su cui va a insediarsi non chiede nulla perché non ha bisogno di determinate caratteristiche, non ha bisogno della cultura del posto, di certe caratteristiche che il luogo può offrire. Ha bisogno di un sito, qualsiasi, su cui impiantare una centrale che ne causerebbe gravi conseguenze. Quel tempo in cui certi problemi non ce li ponevamo è finito, ora siamo in un'epoca diversa dove non chiedersi come con le nostre azioni arrivino a influire sulla qualità della vita e sul futuro, non è ammissibile.
Veniamo poi all'Abruzzo, cosa rappresenta questa terra per me è difficile dirlo. Significa molte cose, e tante non riesco nemmeno a spiegarle. E' difficile darne una definizione eppure nel pronunciarla c'è qualcosa che mi salta subito alla mente: le Radici. E' la terra dei miei avi e che, comunque e dovunque vada, sarà per sempre, la mia. E ho capito che se ti toccano le radici toccano te, la tua identità e quello che sei realmente. Lì nelle radici c'è una parte di te che ti porterai ovunque dietro e che non cambierai mai perché è la tua essenza. Lo sa bene questo la Dottoressa D'Orsogna, altrimenti che cosa l'avrebbe spinta dalla California a prendere parte così attivamente in questa avventura? Probabilmente lei, che non vive in Abruzzo, sente quotidianamente quanto di lei è rimasto prepotentemente abruzzese. Dovrebbe essere d'esempio a tutti coloro che credono, stando in Abruzzo, che questa terra sia solo il contorno territoriale di
un Io. Di questi tempi in realtà il Noi che l'Abruzzo potrebbe essere in grado di esprimere farebbe invidia al mondo.
Non credo in virtù dell'amore per la mia terra di essere più Abruzzese di altri e di Lei, che occupandosi della cosa pubblica ha scelto come missione quella di interessarsi della vita dei cittadini; come tali chiediamo a voi, che con le vostre scelte influenzate le nostre vite, di parlare apertamente e di chiarire la maniera in cui vi inciderete. Le migliorerete? Assicurerete un futuro più sicuro qualitativamente soddisfacente a chi oggi sta nascendo?
Resto ora in fiduciosa attesa di una risposta. Non potevo esimermi dallo scriverle. Mi ha spinto una strana sensazione fatta di paura e di amore, mi ha convinto il trovarvi conferma nella ragione.
Distinti Saluti,
Vittorio Verì.
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