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Monday, June 23, 2014

15000 pescatori nigeriani contro la Shell a Londra. Una prima vittoria.




"The people in Bodo are living corpses. 
You see them alive but they are dead inside.
 Look at this water."

"The aquatic life of our people is dying off.
There used be shrimp. 
There are no longer any shrimp."

"The oil was just shooting up in the air,
and it goes up in the sky"

Voci da Bodo Creek, Nigeria dove 15000 pescatori 
hanno fatto causa alla Shell per inquinamento



"It looks like a World War I scene,
where the oil has totally destroyed
much of the local environment"

“In the minds of the Shell executives
there is one law for Africa 
and another law for the rest of the world.”

Martyn Day, l'avvocato inglese che segue la causa



Attorno alla comunita' di Bodo, nell'Ogoniland, nel silenzio generale, si e' consumato uno dei piu' gravi disastri ambientali della Nigeria.  Fino a pochi anni fa questa era una zona pristina di circa novanta chilometri quadrati, abitata da circa 50,000 persone, non contaminata dal petrolio, ricca di fauna e di vita e dove l'attivita' principale dei residenti era la pesca. Era anche una comunita' relativamente prospera.

Nel 2008 iniziano delle perdite di petrolio da uno degli oleodotti di proprieta' della Shell che attraversano le mangrovie di Bodo Creek.

Secondo la Shell tutto e' iniziato il giorno 5 Ottobre 2008 per un totale di circa 1600 barili di petrolio riversati I residenti, i resoconti governativi e varie associazioni locali parlano invece di perdite che sono iniziate il 28 Agosto 2008. Ben sei settimane prima di quanto non sostenga la Shell, e per un totale di di ben 4300 barili di petrolio -- al giorno e non in totale.  E anche dando per buona la data del 5 Ottobre, la Shell ha impiegato un mese per rattoppare l'oleodotto, vecchio di almeno 50 anni. Passa un altro mesetto e nel Dicembre del 2008 un altra perdita, che la Shell ha fermato solo dopo due mesi, a Febbraio 2009.

La Shell stessa ha ammesso che una volta scoperte le perdite sono andati avanti per varie settimane a pompare petrolio, incuranti della sorte di mangrovie e di persone, presumibilmente per non perdere profitti.

E' stato devastante. Gli esperti internazionali sostengono che la marea nera della Shell a Bodo abbia causato la piu' grande perdita di mangrovie al mondo, impattando circa sei mila ettari di costa, e un area simile di quella dello scoppio nel golfo del Messico. La vita marina e' decimata, alcune specie ittiche non ci sono piu. La vita e' cambiata e i residenti hanno perso l'unica fonte di sostentamento che conoscevano: la pesca.

I tentativi di ripulire, di chiedere scusa, di limitare i danni sono stati pressoche' inesistenti. Ad oggi il petrolio e' ancora li.  Anzi, ha trovato la sua strada ed e' migrato nei  campi, nel sottosuolo. A suo tempo, la generosita' della Shell di fronte al disastro consistette in: 50 sacchi di riso, 50 sacchi di fagioli, un po di cartoni di zucchero, pomodori e oli di semi. La Shell offri' anche 3,500 sterline alla comunita' che li considero' un "insulto provocatorio e da mendicanti".

Amnesty International ha accusato la Shell di avere manipolato le indagini, e di avere presentato rapporti falsi sui volumi di petrolio finiti nelle mangrovie e sulle misure di ripristino ambientale. 

Bodo e' una delle tante storie di petrolio che distrugge le vite nigeriane: fra il 2006 ed il 2010 l'oleodotto Trans-Niger ha avuto un tasso di incidenti di 130 volte superiore rispetto ad un tipico oleodotto d'occidente. Secondo la BBC in Nigeria ci sono circa 300 perdite l'anno, quasi uno al giorno. La nazione e' soprannominata la capitale mondiale dell'inquinamento da petrolio.

Nel 2011 l'ONU ha confermato il disastro ambientale in Nigeria ad opera delle ditte petrolifere - la Shell in primis - con un report che non lascia spazio ad ambiguita'.  Ci sono voluti anni per redigerlo con esperti dell'ONU a monitorare il complesso sistema di oleodotti della Nigeria e delle zone che attraversano. In alcune localita' le concentrationi di petrolio sono 1000 volte maggiori a quanto lecito, quelle di benzene, un cancerogeno, di 900 volte superiore a quanto dovrebbe essere. La sola Shell e' responsabile di almeno 3000 perdite di petrolio fra il 2007 e il 2012. Secondo l'ONU, se mai si iniziera', ci vorranno almeno 30 anni e un miliardo di dollari, per ripulire i danni di decenni e decenni di riversamenti di petrolio nell'ambiente.

A suo tempo ci si aspettava lo scandalo dell'opinione pubblica mondiale, perche' sono dati ed immagini che non si possono confutare. Ma non e' successo niente.

Una delle principali scuse che la Shell - e le sue amiche signorine petrolifere - amano propagandare e' che queste perdite sono quasi sempre dovuti ad atti di sciacallaggio da parte delle comunita' locali e che quindi non e' responsabilita' dei petrolieri sistemare gli oleodotti manomessi.

Entra in scena l'avvocato Martyn Day della ditta legale londinese Leigh Day che decide che di fronte a tutto questo sfacelo, non si puo' fare altro che portare in tribunale la Shell. E non in un tribunale nigeriano. In un tribunale londinese, chiedendo che gli stessi standard si applichino alla Nigeria come a Londra.  E' la prima volta che succede.

E cosi' Martyn Day si e' ritrovato a rappresentare in una class action contro la Shell 15000 pescatori di Bodo Creek in una corte londinese. Le sue posizioni sono chiare: non importa chi compie e se vengono compiuti atti di sabotaggio. L'operatore deve essere sempre ritenuto responsabile dei propri oleodotti, e deve intervenire tempestivamente. Nel caso specifico di Bodo Creek, l'oleodotto doveva essere sostituito molti anni prima, perche' vecchio e corroso.

Martyn Day sostiene che una causa di questo tipo sara' di deterrente verso altri possibili casi di inquinamento e fara' riflettere i signori del petrolio che la cura dell'ambiente viene prima dei profitti. L'avvocato chiede un rimborso economico vero e non di facciata per tutti e 15000 i pescatori di Bodo Creek che hanno perso tutto quello che avevano. Si parla di 500 mila barili di petrolio finiti nelle mangrovie.

La causa e' iniziata il 22 Marzo di quest'anno: la Shell aveva ammesso la propria colpevolezza gia' nel 2011 ma aveva cercato di sottostimare i danni e aveva cercato di patteggiare sulle compensazioni con Martyn Day.

Ai sacchi di riso infatti, la Shell aveva aggiunto $50 milioni di dollari. Questa puo' sembrar tanto come cifra assoluta, ma non e' niente se si considera che a ciascun pescatore sarebbero toccati $1700 dollari per tutto quello che la Shell ha combinato e che gli ha tolto: il sostentamento per il futuro.

La Shell guadagna 3 milioni di dollari l'ora.

L'avvocato ha definito "risibili" le offerte della Shell e, d'accordo con i suoi pescatori, ha rifiutato l'offerta, decidendo di continuare per le vie legali.

E cosi si arriva al 20 Giugno 2014, data in cui secondo un primo pronunciamento della London High Court la Shell e' responsabilie di tutto quello che accade ai suoi oleodotti, anche delle perdite dovute a sabotaggi e a furti se questi oleodotti non sono protetti e monitorati a sufficenza. Il giudice ha decretato che la Shell ha il dovere di installare tecnologia per monitorare le perdite, riportare eventuali problemi alle autorita', installare video di sorveglianza ed utilizzare le migliori tecnologie per evitare le perdite stesse. In Nigeria la Shell non ha mai fatto nulla di tutto questo, sebbene siano processi standard nei paesi occidentali.

Secondo Martyn Day, questa e' una prima importante sentenza, perche' fa si che la Shell non possa celarsi dietro il dito del "non e' colpa mia" e fare dei distinguo su cosa vuole ripulire e cosa vuole lasciare disperso in ambiente.

La Shell ha rilanciato l'offerta dei 50 milioni di dollari. I pescatori hanno di nuovo detto no. I danni sono molto, molto maggiori.

Io sono sempre affascinata da queste persone di animo grande - come Mr. Martyn Day - che vedono le cose storte da lontano e che decidono che non si puo' restare in silenzio, sebbene le proprie vite, essenzialmente, non ne siano impattate. 

Vediamo cosa accadra' nelle prossime puntate. Il processo pieno si svolgera' nel 2015.

Qui immagini della Nigeria al petrolio - la capitale dell'inquinamento da petrolio.

Qui l'ENI-Agip in Nigeria - gas flaring acceso 40 anni fa e mai piu' spento.







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