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Saturday, August 29, 2009

L'ENI in Toscana - parte prima


Le "colline metallifere" sono una zona della Toscana, a cavallo fra le provincie di Livorno, Pisa, Siena e soprattutto Grosseto, ricche di metalli ferrosi e di rame. Fino al 1980 queste colline erano le maggiori produttrici di pirite d'Europa.

La pirite e' il cosiddetto oro degli sciocchi, di formula chimica FeS2, da cui inizialmente si ricavava ferro. Il processo di lavorazione pero' e' molto complesso a causa delle numerose impurita' ed e' difficile ottenere una buona qualita' del prodotto finale. Cosi, in tempi piu' vicini a noi, la pirite venne usata soprattutto per ricavarci acido solforico (H2SO4). La piu' grandi ditta produttrice di questo acido, in Toscana e in Italia, era la "Nuova Solmine" del gruppo ENI.

L'H2SO4 e' usato in vari processi industriali, fra cui la creazione del vetriolo, di fertilizzanti e per metterlo dentro le batterie delle macchine. Gli scarti ferrosi che provengono dalla lavorazione di questo acido - dette ceneri di pirite - sono spesso contaminate da metalli pesanti e tossici, fra cui arsenico, mercurio, piombo e rame. Gli stessi che impediscono di ottenere ferro di buona qualita'.

La logica vorrebbe che queste ceneri tossiche fossero smaltite per bene.

Una delle miniere piu' grandi era la Miniera di Campiano, nel comune di Boccheggiano, in provincia di Grosseto, gestita dalla Campiano Mineraria, al 100% anche lei controllata dall'ENI.

Uno dei problemi piu' grandi per l'ENI, era lo smaltimento di queste ceneri di pirite. Avevano gia' chiesto alla regione Toscana di depositarle nella vicina Scarlino, accanto ad una falda acquifera di circa tre chilometri quadrati. Li vicino c'erano campi di cereali, orti e allevamenti di animali.

La regione disse si.

Ma lo spazio di Scarlino non basta, ce n'e' troppa di cenere. E allora cosa fare?

L'ENI decide di definire questi scarti tossici materiali "sterili e riutilizzabili" e nel 1986 convincono la regione ad usarli per inertizzare le discariche, per asfalti nelle strade e per riempirci cave e miniere.

A partire dai primi anni '90 ci riempiono pure la miniera semi-abbandonata di Campiano, 800 metri sottoterra, 35 chilometri di lunghezza, immersa fra boschi, lontana dalle persone, un segreto fra i sentieri. E chi mai andra' a controllare?

La USL lancia un timido allarme che queste ceneri fanno male, ma l'ENI continua imperterrita a fare cio' che vuole. La regione e' latitante. Per anni l'ENI stocca rifiuti con tutti i veleni incorporati nelle viscere della Maremma.

Ben 67,000 metri cubi di monnezza tossica. Tutto smaltito illegalmente, in silenzio, avendo cura di dare del matto o del catastrofista ai pochi che vedevano, capivano, denunciavano.

Gli scarichi continuano per anni. I rifiuti sono talmente corrosivi che i camionisti sono costretti tutte le sere a lavare le cisterne dei camion a causa della possibile corrosione delle lamiere.

Ora, in quella miniera c'erano delle pompe che servivano a drenare l'acqua che naturalmente andava a confluirci dentro. E' bene drenare quell'acqua perche' altrimenti finisce per allagare la miniera e tutti quegli scarti tossici, e con le reazioni chimiche chissa' che mostro poteva essere partorito.

E infatti per vari anni il drenaggio venne compiuto. Nel 1996 pero' l'ENI decide di chiudere la Miniera di Campiano definitivamente. Non viene fatta nessuna bonifica.
Chiudono e basta. Tutta la monnezza che c'era, resta li, in balia degli eventi.

Cessano pure le operazioni di pompaggio dell'acqua del sottosuolo. Gli ex-minatori che di quella miniera sanno tutto, scongiurano di non farlo, ma l'ENI non vuole sentire ragioni.

L'acqua inizia a salire, la miniera si allaga. Il contatto dell'acqua con i rifiuti inquina le falde idriche sotterranee. Italia Nostra fa fare delle analisi private, alcuni professori universitari sollevano domande e persino una perizia alla pretura di Grosseto.

Tutto viene liquidato con superficialita'. Va tutto bene. Non ci sono problemi. La vita e' bella.

E sarebbe tutto rimasto cosi' se non fosse che nel 2001, improvvisamente il fiume Merse che scorreva li vicino, a 600 metri d'altezza, diventa rosso fuoco, si riscalda a 37-38 gradi. Uno scenario apocalittico, mai visto prima.

La miniera iniziava a sputare veleni fangosi al ritmo vertiginoso di 18 litri al secondo di robaccia direttamente nel fiume. Tutto esplode, sui giornali, fra l'indignazione della gente e degli amministratori. Molte persone andavano li a farsi il bagno e a pescare regolarmente.

Ecco qui come appariva l'acqua del Merse



Rosso e veloce come il sangue, in mezzo al verde dei boschi

Infili la mano e quasi ti scotti. Una melma colore ruggine, densa. Il fondo del fiume, in parecchi punti, non si vede piu'. In altri, piano piano, si sta sedimentando l'orrenda fanghiglia. Uno scenario da racconto di fantascienza, da pianeta rosso, da Marte e da avventure in altri mondi.

Sara' difficile, sempre piu' difficile, pescare trote, cavedani o barbi da queste parti. Difficile perche' chissa' che fine faranno questi pesci.

Subito, un odore fortissimo di ferro ti arriva alle narici. E l'acqua... Acqua? Ma quale acqua. C'e' solo una fanghiglia colore ruggine, che chissa' quali veleni contiene. E poi avanzi di macchianri adoperati in miniera. Imergiamo una mano nella fanghiglia. E' caldissima.


Nel 2001 la Regione Toscana (e dunque i cittadini) stanzia 200 milioni di lire al mese per installare un depuratore d'emergenza.

Nel 2002 una tesi di laurea denuncia la presenza abnorme di arsenico e mercurio nei pesci. Analisi sucessive confermano che a Scarlino trovano quantita' arsenico nei molluschi al di fuori da ogni limite.

Si calcola che l'ENI ne abbia riversato circa 5,300 tonnellate nel corso degli anni.

L'arsenico e' cancerogeno.

Con molto ritardo, l'Agenzia regionale per l'ambiente e il territorio della Toscana, Arpat, afferma che le falde idriche sono sono inquinate.

Alcuni pozzi di acqua potabile sono stati chiusi per la forte presenza di mercurio.

La gente continua a pescare, a farsi il bagno, ignara di tutto.

Il responsabile di tutto questo e' l'ENI.

Nel corso degli anni hanno cercato di scaricare tutte le loro responsabilita', ed il pagamento di eventuali bonifiche, alla collettivita'.

Nessuno dell'ENI e' mai andato a processo per questo (ed altri) schifi in Maremma. Infatti, i misfatti non finiscono qui. Ne parliamo nelle prossime puntate.

Di tutta questa storia, il professor Roberto Barocci ha fatto un ottimo libro "Maremma Avvelenata."

La regione Toscana e' colpevole di leggerezza, di superficialita', di poca cultura preventiva, di poca curiosita', di poca attenzione a cio' che i pochi ma coraggiosi cittadini denunciavano.

Intanto in Abruzzo abbiamo dei veri campioni per l'ambiente. L'assessore regionale, Daniela Stati, impiegata, e' muta sul petrolio ed ha scarsissima preparazione sul tema. Quello provinciale, Eugenio Caporrella, geometra, e' preoccupato di non far perdere affari all'ENI. Il presidente di regione, Gianni Chiodi, ci ignora, quello regionale di Chieti, Enrico di Giuseppantonio prende esempio da Ponzio Pilato e non si pronuncia.

Andiamo avanti cosi. Pensiamo che in Abruzzo sara' diverso che in Maremma e l'ENI sara' una santa?

Fonti: Roberto Barocci.it, Corriere della Sera, Roberto Barocci.it 2, Indymedia Toscana

10 comments:

Lorenzo said...

Cara Maria Rita,
siamo partiti da Ortona e ora, pian piano, ci rendiamo conto che, dopo averci ubriacati, ci stanno facendo di tutto, ovunque.
Ci stanno facendo e ci hanno fatto di tutto: parlavo con una coppia di Cremona congratulandomi per la loro capacità di reagire.
La risposta è stata: "quel che stanno facendo in Abruzzo oggi, da noi lo hanno fatto 20 anni fa e solo ora ci siamo accorti di essere stati del tutto fregati. Per questo motivo oggi qualcuno si ribella, ma è troppo tardi".
ciao da lorenzo

FR:D said...

Chiodi & co. possono essere rassicuranti quanto vogliono ma queste cose una volta che le sai ti fanno venir voglia di sacrificare tutto contro questi criminali.
E' una strage! e in Abruzzo non saranno santi,faranno ancora più schifo perchè qui siamo più pecore (di solito) dei toscani

supertramp said...

Inquinamento del Lago Maggiore. Condannata l'E.N.I. Spa per disastro ambientale.

Il Tribunale di Torino infligge una pesantissima condanna alla controllata dell'ENI, Syndial Spa - Attività Diversificate (già Enichem Spa) . Maxi risarcimento danni di 1.833.475.405,49 Euro per gravissimo inquinamento ambientale del Lago Maggiore

fonte:
http://piemonte.indymedia.org/article/5590

giosuè said...

Crude: un film che non vi vogliono far vedere

l’uscita nelle sale di New York e di Los Angeles, il 9 ed il 18 settembre prossimi, di un film documentario che racconterà la verità sulle sue responsabilità in una delle tragedie ambientali più gravi nella storia del pianeta. Che, in sintesi, denuncerà al mondo l’atroce e stolto sgarbo da parte della compagnia petrolifera al polmone verde della terra, l’Amazzonia.

fonte:
http://www.giornalettismo.com/archives/34635/crude-un-film-che-non-vi-vogliono-far-vedere/

su YouTbe - CRUDE - Official trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=duFXuRnd2CU&eurl=http%3A%2F%2Fwww.giornalettismo.com%2Farchives%2F34635%2Fcrude-un-film-che-non-vi-vogliono-far-vedere%2F&feature=player_embedded#t=85

wanadobee said...

per questo e altri fatti simili il governo attuale ha tolto la retroattivita' alla legge sulla class action. Immaginate se l'Eni dovesse rispondere di tutti i danni che ha fatto fino ad ora..

Nota che la legge sulla class action e' stata inserita proprio nel pacchetto sullo sviluppo economico, lo stesso che toglie ogni potere a regioni e comuni in materia di permessi di estrazione.



Mi viene in mente un vecchio articolo dell'Espresso sulle lobby in Italia e sul fatto che a quanto pare, in parlamento girino fax su carta intestata Eni..

supertramp said...

questa notizia mi è proprio sfuggita!

P. Torres: per una crescita alternativa, fuori l’Eni dalla Sardegna!

Le ricadute positive in termini di buste paga e di economia di scala nel territorio non pareggiano gli squilibri ed i danni provocati dalle Industrie in conto ENI in termini di disastri ambientali e diffusione di malattie da tumore in tutti i territori dove opera.La posizione della CSS è chiara.
Noi vogliamo l’unità del popolo sardo nella Vertenza al centro di questa giornata di riflessione e discussione a condizione che si pongano come obiettivi:
1. la cacciata dalla nostra Isola dell’ENI con sdegno e fermezza. Noi sardi dobbiamo insorgere e cacciare l’ENI che tanti danni ha prodotto in Sardegna, Diciamo con chiarezza,citando il poeta latino Virgilio “ Timeo Danaos et dona ferentes ”. Non illudiamoci, l’ENI potrebbe cedere alle richieste politiche ed alla mobilitazione sindacale e popolare magari lasciando in Sardegna alcune linee di lavorazione, tra le più inquinanti e pericolose che non vuole più nessuno in Europa. Ed anche questo sarebbe un dono avvelenato perché costerebbe alle casse regionali e statali molte risorse, mentre veramente pochi sarebbero i posi di lavoro “salvati” e forse ancora per un breve periodo di tempo come è avvenuto purtroppo già negli anni passati.
2. l’ENI e con esso il Governo della Repubblica, che tramite il Ministero del Tesoro ne è uno dei maggiori azionisti, prima di smobilitare, deve risarcire la Sardegna per i danni provocati;
3. gli esperti della Giunta Regionale calcolino la cifra da chiedere come risarcimento allo Stato e questi soldi veri siano subito investiti in opere di bonifica, riqualificazione e rinaturalizzazione dei territori.
Lanciamo un vero e proprio Bando perché i nostri giovani laureati in ingegneria, in scienze ambientali, in geologia e biologia ed i nostri operai trovino immediata occupazione nelle Aziende a cui sarà affidata la bonifica. Abbiamo stimato che c’è lavoro per almeno 20 anni.
La Regione investa sulle fonti pulite di energia alternativa: sole e vento prima di tutto nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio. Impediamo e respingiamo con forza ogni possibile tentativo di introdurre in Sardegna lo stoccaggio delle scorie nucleari che cambierebbero totalmente la vocazione turistica della nostra isola.
Ricopriamo di pannelli fotovoltaici le zone industriali dismesse definitivamente compromesse, ahimè, dal disastro ambientale. Promuoviamo una vera e propria Riforma Agropastorale, modernizzando la nostra agricoltura, allevamento e pastorizia collegandoli all’industria di trasformazione e conservazione dei nostri prodotti agroalimentari e pastorali.
Investiamo nella piccola pesca, nel turismo congressuale e culturale di tutto l’anno e nell’artigianato rilanciando i concorsi tematici. Irrobustiamo il comparto tessile, partendo dalla Legler che va rilanciata come polo del Tappeto sardo.
Rilanciamo l’economia della conoscenza e delle nuove tecnologie avanzate,valorizzando le migliaia di intelligenze dei nostri giovani. 1
Non è detto poi che, realizzandosi queste condizioni, ad una decrescita del PIL corrisponda un abbassamento del tenore di vita del popolo sardo, tutt’altro sfatiamo questo mito salvifico della crescita del P.I.L.!!
La festa è veramente finita per l’ENI in Sardegna da dove ha tratto utili miliardari, lasciando dietro di sé distruzione ambientale e morte.
Inizia invece da oggi la nostra VERA FESTA. Noi Sardi dobbiamo utilizzare questa crisi internazionale ed epocale per svoltare pagina e per intraprendere un nuovo sviluppo.
Festa del popolo sardo perché abbiamo ritrovato l’unità.
Festa perché stiamo imboccando la strada maestra del nostro vero sviluppo.
Liberi di governare lo sviluppo della nostra Terra, rispettando la natura e le comunità e le persone.
Sicuri di aprire una prospettiva di benessere e felicità a questo nostro popolo e alla Nazione Sarda.
Cagliari,15/7/2009
Per la delegazione Sindacale della CSS
Il Segretario Generale della CSS
Dott. Giacomo Meloni

fonte:
http://www.democraziaoggi.it/?p=854

Anonymous said...

La Giunta Sarda mi pare che al momento abbia scongiurato per qualche mese la chiusura degli impianti e la perdita dei posti di lavoro a prezzo di umiliazioni subite all'incontro di Roma ma sperare che possano fare la voce grossa e' pura utopia.
Certo la gente e' stufa i sindacati si lamentano il sindaco di Porto Torres pure ma la Giunta non e' diversa dalla vostra Chiodi e Cappellacci devono aver avuto la stessa balia

giosuè said...

Un altro pozzo petrolifero L’allarme della D’Orsogna

La D’Orsogna, nella lettera inviata a Di Giuseppantonio, ricorda anche che il neopresidente aveva promesso che si sarebbe impegnato a proteggere la costa teatina dagli attacchi del petrolio.

fonte:
http://www.piazzarossetti.it/e_view.asp?E=44879

supertramp said...

Petrolio Abruzzo?

Gentile sig. Berlusconi,

Le faccio i complimenti per l’attenzione rivolta a L’Aquila ed i suoi abitanti, veramente eccezionale. Per questo Le sarò grato a vita.

Io Le scrivo per la petrolizzazione dell’abruzzo, Lei deve impedire questo scempio, vogliono realizzare oltre 360 pozzi di estrazione, un centro oli ad ortona (CH).

L’Abruzzo vive di contadini che ogni si spaccano le mani, per dare a tutto il mondo vini pregiati, sono circa 18000 le persone impiegate in questo settore.

Inoltre abbiamo immensi terreni di ulivi, si producono formaggi di alta qualità.

La nostra deve essere una regione agricola come lo è sempre stato. Noi siamo una regione dove mari e monti si trovano ad un’ora di auto. Quindi si vive anche e sopratutto di Turismo sia di montagna che di mare.

Le tecnologie che stanno adottando sono retrogade, non rispettano per niente i trattati di Kioto.

Se accadrà questo, io dovrò andare via dalla mia regione, non ho nessuna intenzione di subire tale situazione. Lascerò il mio attuale che dà lavoro a tre famiglie e tanti miei compaesani faranno uguale.

Mi permetta una domanda, Lei comprerebbe cibo o vino provenienti da zone petrolifere?

In attesa di una risposta, saluto cordialmente!

la lettera l'ho travata qui:
http://www.lettereaberlusconi.com/2009/08/02/petrolio-abruzzo/

Anonymous said...

L’Italia diffida l’Eni a pagare subito 2 miliardi di euro
Per le tangenti in Nigeria, oltre a pagare 240 milioni di $ al Departments of Justice USA, l’E.N.I. S.p.A. ha pagato cash altri 130 milioni di $ alla SEC (US Securities and Exchange Commission).
Quando l’han saputo le autorità italiane più di qualcuno ha avuto un tracollo di bile. Cacchio, com’è possibile che l’ENI in Italia uccida sistematicamente l’ambiente, ammazzi l’ecosistema, viene condannato in tribunale per disastro ambientale e non scucia un baiocco? Invece negli Stati Uniti che è successo? Appena le autorità di controllo han inquisito l’ENI per le tangenti pagate in Nigeria a membri del Governo africano, Scaroni (Amministratore Delegato dell’Eni) ha pagato subito - senza fiatare - oltre 370 milioni di dollari!
E’ un paradosso! Più che un paradosso una vera presa per il culo.
Così l’unico funzionario governativo illuminato ch’è rimasto sulla faccia di questa sfigatissima penisola s’è preso la briga di prendere carta e penna ed inviare a Syndial Spa (controllata dell’ENI) una cazzutissima diffida a pagare.
Ecco. Se l’Eni cha tutte quelle centinaia di milioni di dollari per pagare d’amblè le sanzioni alle autorità statunitensi allora che metta subito mano al portafogli e paghi immediatamente per i gravi danni ambientali che ha prodotto in casa sua (in primis il disastro ambientale di Pieve Vergonte). Gli azionisti ed i loro dividenti posso aspettare (la prossima volta cos imparano ad investire i loro quattrini in una società a più alto tasso di eticità).
Sennò è capace che qualche ufficiale giudiziario possa capitare dalle parti di San Donato Milanese a sequestrare dal mobilio ai computers sino alle mazze dal golf del Presidente Paolo Scaroni (tanto con l’handicap che si ritrova ne sentirà poco la mancanza).
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http://piemonte.indymedia.org/article/9593