.

.

Thursday, March 19, 2020

Il coronavirus -- uno



Ore 4:00pm

Ho molto dibattituto se mettermi qui a scrivere per dare una forma ai miei pensieri, per comunicare con le poche o tante persone che hanno letto questo blog per tanto tempo, per far qualcosa di utile.

Non sapevo, non so, se ho qualcosa di costruttivo da dire o da dare. Ma alla fine, eccomi qui.

Voglio scrivere in punta di piedi, senza far rumore, solo con affetto, che alla fine e' stato il motore di questo blog per tutti gli anni in cui e' esistito.

Non daro' numeri, non diro' niente che nessuno non abbia gia' detto in termini di prevenzione, di stare a casa, di obbedire. Non c'e' niente da aggiungere alla catilena quotidiana di numeri di morte e di tristezza, e al cuore spezzato prima, e rassegnato ora, di tutti noi vicini, e lontani. 

Penso che in questi giorni di chiusura forzata delle nostre vite normali sia utile raccontare, parlare, comunicare, sentirci vicini. E quindi anche solo per offirire un modo di passare il tempo a chi e' a casa, voglio mandare spaccati di quello che succede qui, fuori e dentro di me.

Per tanti giorni e' stato un qualche cosa di lontano. In Cina, in una citta' che nessuno aveva mai sentito nominare, Wuhan, e poi lentamente in Europa, in Italia. Piano piano gli articoli di stampa e la TV iniziavano a parlare di casi sempre piu' in vicini, di cosa fare qui, se siamo preparati o no. Trump da galletto diventa un canarino triste.

La paura o forse la coscienza che non eravamo immuni e' arrivata qualche giorno fa. Piano piano anche le nostre citta' americane si sono svuotate. Il coprifuoco perenne non c'e' ancora, ma siccome la natura umana non cambia molto da Pechino a Pavia, ci sono anche qui tutte le cose che abbiamo visto in Italia, chi pensa di essere Superman, chi compra cibo per sei settimane. Ci sono anche storie di chi compra pistole, di chi si e' fatto costruire un respiratore per casa sua, di chi non capisce.

Ore 6:00pm

E ora proprio, il sindaco di Los Angeles Eric Garcetti, ha parlato alla citta' con l'ordine di "stay at home" che e' una specie di quello che c'e' in Italia.  Non sono mai stata una grande fan di Garcetti, ma devo dire che in questa occasione e' stato rassicurante, statista. E adesso che parla il governatore della California, Gavin Newsom, sento lo stesso sentimento:  qualcuno che magari non sa esattamente quello che accadra' ma che spiega, che razionalizza, che da sicurezza. Ho avvertito lo stesso quando Giuseppe Conte ha parlato alla nazione.

Staremo a casa per un mese. 

Impareremo tante cose, come in Italia.

Qualche volta daremo il peggio di noi, ma spero che l'umanita' e la solidarieta' prevalgano, e che sara' il meglio di noi che prevarra'. 

Non ho mai vissuto in tempi come questi.

Ricordo da bimba una vaga paura della guerra fredda, della cattiva URSS, di Bresnev e di Khomeini che apparivano dal televisore, appena sbarcata in Italia nel 1979. Rai Uno li mostrava ogni sera al telegiornale.  Io non avevo neanche sette anni ed ero terrificata. Ricordo la paura dell'AIDS negli anni ottanta. Ricordo la confusione dell'11 Settembre o lo spossamento del terremoto dell'Abruzzo dell'Aprile del 2009. 

Ma nessuno di questi momenti e' come questo, in cui il nemico, la cosa che temi, e' invisibile, e' insidiosa, e' onnipresente, non se ne va, e non te ne accorgerai dove e come e quando verra'. Non e' su un aereo, o in una grande citta'. E' qui nell'aria, sotto le nostre scarpe, nelle nostre piazze, nei nostri paeselli.

Quando ero piccola, Bresnev e Khomeini erano lontani, e la guerra fredda possibile, ma non tangibile nel quotidiano.  Sting ci ricordava nella canzone "Russians" che i russi non sarebbero mai stati cosi stupidi da distruggere le vite dei loro cari: una bomba nucleare avrebbe ammazzato tutti, noi e loro.  Ancora mi commuovo a ricordare quelle parole "what might save us, me and you, is if the Russians love their children too".

E si, alla fine tutti abbiamo amato i nostri bambini piu' delle guerre.

Quanto tempo. 

Per l'AIDS, ero troppo lontana dal mondo di persone gay, dalle cose di sesso, troppo naive per sentirla come una cosa possibile nel mio piccolo mondo di studentessa delle medie o del liceo. L'11 settembre, e anche il terremoto, sono stati e sono eventi inaspettati per cui non ci si poteva preparare, e in un certo senso c'e' la beata ignoranza fino al momento in cui l'evento succede. E poi, dopo, c'e' il momento del ricostruire, del rimboccarsi le maniche, del fare.

E che dire del petrolio: avevo tempo, e per quanto fragili, strumenti per combattere ENI e politici ottusi, prima del disastro.

Ma adesso? Adesso, siamo davanti ad un nemico prolungato, sempre in agguato, per il quale non c'e' molto da fare se non star a casa ed aspettare che passi.

Come tutti ho paura anche io. O forse e' solo lo scoprimi piccola e impotente. Non ho paura per me, la mia vita e' stata bella e ricca, ma quanto per la fragilita' di tutte le nostre certezze.

Ho tanti pensieri --  di gratitudine per cio' che ho, che sono, per le persone che amo. Di riconoscenza per tutti quelli che fanno quello che fanno per noi tutti, medici, infermieri, cassiere, operatori delle pulizie che a volte si sono ammalati per noi. Di affetto per l'Italia, la sua bellezza, la bellezza della sua gente. Di umilta' - abbiamo mandato l'uomo sulla luna, abbiamo creato missili precisissimi e planetari, microscopi atomici, conosciamo i segreti del DNA e di Marte.  E ora ci fermiamo tutti per un virus invisibile.

Che possiamo fare?

Obbediamo, leggiamo, perdoniamoci, diventiamo persone migliori.

Ecco. Un caro abbraccio viruale a tutti.


No comments: