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Sunday, April 10, 2016

Le comunita' indigene del Canada dicono no all'oleodotto e a un miliardo e mezzo di dollari





Siamo in un mondo e in un tempo in cui al prezzo giusto, tutto o quasi tutto, si puo' comprare.  

A volte pero' ci sono persone che sanno dire di no. Mi viene in mente come splendido esempio, il signor Armando Orsini di Ortona. Aveva piu di settanta anni e suo tempo disse no ai 200mila euro che l'ENI voleva dargli per il suo pezzettino di terra coltivato ad ulivi,  dove il mostro a sei zampe avrebbe installato il suo bel Centro Oli d'Abruzzo.

Questa di oggi non e' una storia non diversa, solo che coivolge una comunita' molto piu' grande e tanti piu soldi.

Siamo nel nord-ovest del Canada, provincia del British Columbia. Una ditta della Malesia (!!), la Petronas, vuole costruire un centro di stoccaggio e un oledotto per il trasporto di gas liquefatto naturale (GPL). Il gas cosi verra' esportato dalle coste canadesi della British Columbia all'Asia.

Si tratta di una mega operazione, da vari miliardi di dollari, fra oleodotto e deposito.

Entrano in scena i salmoni.

Si, perche' il deposito di GPL dovrebbe essere costruito vicino alla foce del fiume Skeena, il secondo piu grande del Canada per la riproduaizone dei salmoni, e in territorio di residenza della tribu' indigena Lax Kw’alaams.

Il salmone e' una delle fonti principali di sostentamento e di economia per gli indigeni.
I Lax Kw'alaams non sono particolarmente ricchi, anzi. 

Ben sapendolo, la Petronas, offre alla tribu canadese ben 1.5 miliardi di dollari.

Gli indigeni vanno ad un voto interno.

Tutti dicono no. No all'oleodotto, no allo stoccaggio, no al gas della Malesia.

Tutti.

E questo da una comunita' non certo ricca, e con molte difficolta' a sopravvivere.   Quello che pero' li rende ricchi e' la bellezza e l'amore per le loro tradizioni. Quando il salmone inizia a risalire il fiume c'e' festa collettiva,  come scandito da ritmi millenari.
  
Il capo della comunita' si chiama Yahaan e dice che tutti quei soldi non vengono tutti i giorni e lui e' fiero che la sua gente non si sia fatta comprare dal denaro della Malesia.

“Opportunities like that don’t come to your door every day. But I give my people credit for taking that bold step. They showed their love and their passion for the land and water. No amount of money can compare to the richness of the river and what it gives us.”

Bene.

Storia finita?

Non proprio. Perche' il governo del British Columbia, nonostante tutto,  ha dato lo stesso il suo si alla Petronas, ingorando il parere opposto degli indigeni. E cosi nel 2015 Yahaan e la sua tribu hanno aperto un campo di protesta sull'isola di Lelu, proprio accanto al proposto sito di stoccaggio.  E questo per proteggere il salmone, e i loro diritti.

Non e' stato e non e'  facile. Il governo in questi anni, sia del British Columbia che del governo centrale canadese ha cercato in tutti i modi di fare passare questi indigeni come degli esaltati, il partito del no, "ma cosa vogliono" questi, sono i soliti nimby eccetera eccetera.

Lo sappiamo tutti come funziona, perche' sono le tecniche che usano anche in Italia, e in realta' in ogni parte del pianeta. Fare apparire chi dice no come un eretico e un esalatato. Dal canto suo la Petronas veniva qui ogni tanto con le sue barche a studiare la situazione, a mettere pressione, a mettere paura.

Le proteste degli indigeni hanno avuto successo finora, nel senso che il terminal e l'oleodotto non sono ancora stati costruiti, ma il finale e' ancora tutto da scriversi.

La storia e' sempre la stessa: governi e autorita' che vogliono spremere, estrarre, trivellare il sottosuolo come folli, e comunita' di residenti che cercano di opporsi, allo sfruttamento e alle promesse-bugie.

In questo caso oltre al milione e mezzo di dollari si petro-promettevano decine e centinaia di pozzi di gas, 100mila posti di lavoro, e le solite balle che si dicono sempre, e che tutti sanno alla fine si risolvono in petrol-soldi per pochi, e petrol-danni per molti, come insegna il caso Basilicata.

Ma siccome anche i signori dell'oil and gas lo sanno che nessuno crede piu' alle loro fantasie, iniziano ad offrire soldi, sempre di piu. Appunto, 1 miliardo e mezzo di dollari.

Non sono bastati, come visto. 

Come andra' a finire?

Beh, il gran figo che pero' sotto sotto ha un cuore fossile pure lui, Justin Trudeau, il primo ministro del Canada dovra' prima o poi decidere, visto che adesso la decisone spetta a lui.

Ha sempre detto che sarebbero state le comunita' locali a decidere, ma diciamo che non sempre il suo governo ha messo in atto cio' che lui prometteva. In altre parti del Canada e per altri progetti, Trudeau ha promesso sconti alle tasse per i petrolieri di gas liquefatto; ha gia' approvato terminal di GPL piu' piccoli in British Columbia.

E qui?

Grazie all'azione degli indigeni-attivisti, il governo e' stato sommerso da lettere, osservazioni, commenti in merito a questo terminal GPL, e per ora Trudeau vacilla. Si attenda una sua decisione da tre mesi.

In una parola: non sa che pesci pigliare, tanto piu' che nel 2015 e' stato pubblicato un articolo su  Science in cui si arriva alla conclusione che il deposito GPL potrebbe portare al collasso delle popolazioni di salmone allo stato naturale in British Columbia.

Anzi, addirittura, lo stesso governo del British Columbia dice che qualsiasi tipo di industria pesante in questa sone porterebbe alla distruzione totale del complesso ecosistema della zona.

Si vede che il governo ha dimenticato le cose che diceva 40 anni fa!

O forse pensano che l'ecosistema e' diventato piu' forte in quaranta anni o che il GPL "che vuoi che sia".

Per ora abbiamo una gran lezione di civilta': una comunita' di indigeni, fra le piu povere del Canada che dice no a 1.5 milardi di dollari in cambio di salmone, fiumi, le loro tradizioni e la loro dignita. 










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