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Thursday, September 22, 2016

La Nigeria in recessione denuncia ENI ed altri per 12.7 miliardi di dollari di petrolio esportato illegalmente








Il governo della Nigeria denuncia ENI, Chevron, Shell, Total e Petrobras per 12.7 miliardi di dollari in petrolio esportato illegalmente dalla nazione africana verso gli Stati Uniti.

Si tratta, secondo le accuse, di 57 milioni di barili di petrolio non dichiarati -- in alcuni casi i volumi in partenza dalla Nigeria non erano gli stessi che arrivavano negli USA. In altri casi intere navi petroliere partivano senza essere mai state dichiarate.

Possiamo chiamarlo furto? 

Non e' chiaro come questi 12.7 miliardi vadano suddivisi fra le varie ditte. L'ENI stessa ammette che a Marzo 2016 le vennero chiesti 160 milioni di euro di mancati pagamenti. Dicono che le richieste sono infondate e che "resisteranno" in tribunale. Secondo la stampa nigeriana, il governo di Lagos ha denunciato l'ENI e la Total per almeno 635 milioni di dollari.

Intanto, nonostante tutte quelle trivelle, inquinamento, morte... la Nigeria e' tecnicamente in recessione.

Il PIL e' caduto di 2 punti percentuali rispetto ad un anno fa - non succedeva dal 1991. 

Il vice presidente dice che e' la peggior crisi di tutti i tempi. 

Ma come, un paese ricco di petrolio?  In recessione?

Si. Come per tutte le petroleconomie, crolla il petrolio, crolla tutto il resto.  E non solo i prezzi del petrolio sono crollati, non si era investito (o non si era potuto o saputo investire!) in niente altro, c'e' la corruzione.  E se ci mettiamo pure il supposto furto di greggio ....

Cosa altro ci si poteva aspettare?

Con il petrolio e' crollato anche quel poco di manifatturariero che c'era. Spesso manca la corrente, rendendo difficili tutte le altre attivita'. Per fare un esempio: la Nigeria ha 180 milioni di persone, il Sud Africa 60 milioni. La Nigeria produce il 10% dell'elettricita' del Sud Africa.

Nonostante il petrolio!

Il governo ha deciso di vietare le importazioni di prodotti che si possono produrre localmente - e anche questo non e' stato ottimale, perche' cosi facendo sono state limitate anche le materie prime che a volte servono proprio per produrre localmente. Stanno anche pensando di vendere proprieta' statali al miglior offerente.  

E poi c'e' Boko Haram  nel nord del paese che ha fatto razzie di vittime e ha lasciato molti bimbi orfani e bisognosi di cibo e cure.  A sud i ribelli del Delta Niger Avengers ed altri a creare disordini e paure.

Per decenni la Nigeria e' stata la principale esportatrice di petrolio dell'Africa, ma proprio a causa di attacchi da parte dei gruppi ribelli il primo produttore di greggio e' ora l'Angola. 

Il paese e' letteralmente alla paralisi. 

In tutti i 36 stati che compongono la Nigeria c'e' difficolta' a pagare pensioni, insegnanti ed altri lavoratori statoli. In uno di questi stati - Imo - hanno annunciato la settimana lavorativa di ... 3 giorni.
Alla gente e' stato detto che gli altri due giorni potevano andare a zappare.
 
Le fabbriche, alcune delle quali mai messe in produzione, sono ora occupate dalle mucche. La disoccupazione e' elevatissima.
Nel 2011 la Nigeria, assieme a Messico, Indonesia e Turchia dovevano essere i paesi piu' in crescita nel mondo: con tassi del 7% annuo. Addirittura si prospettava una economia nigeriana superiore a quella olandese nel 2030 - grazie al petrolio.

E poi... poi il prezzo del petrolio e' crollato. 

Gli investitori si sono dimenticati delle promesse e se ne sono andati. Non e' solo colpa del petrolio, ma come detto, anche di una pessima gestione del paese che ha portato l'inflazione a salire del 18% e la moneta locale, la naira, a crollare del 40% in pochi mesi.

La Nigeria e' ora junk.

Come dire, il petrolio, alla lunga e alla breve, non porta niente di buono.

Mentre che tutto questo va avanti, le trivelle hanno distrutto pesca ed agricoltura in molti angoli del paese.

Che ci hanno guadagnato?

La situazione economica e' cosi grave che la Christian Association of Nigeria ha annunciato tre giorni di digiuno e di preghiere per risolvere i problemi economici del paese.

Non ci resta che pregare. 





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